in Contropiano Anno 1 n° 1 – 26 maggio 1993
Con il referendum del 18 aprile, le picconate contro la Prima Repubblica sono entrate in profondità sostenute da un plebiscito inquietante ma indicativo. La posta in gioco non era solo l’avvento della Seconda Repubblica ma la liquidazione di quella “anomalia italiana” che ha caratterizzato quarantotto anni di vita politica, economica, culturale ed internazionale del nostro paese. La lotta tra i tari poli del potere entra in una frase decisiva. Il governo Ciampi e il voto sii Craxi sono dentro questa resa dei conti.
Con la verifica del 18 Aprile, dobbiamo prendere atto che dalle esigenze di un capitalismo italiano sufficiente mente integrato in quello internazionale, è sorto un nuovo blocco di potere (“finalmente trasversale” commenta il “Sole 24 Ore” rinnegando ogni debito verso DC e PSI) che con un uso sapiente dei mass media, degli intellettuali trasformisti e di una demagogia, che è di ventata cultura da regime, intende dare vita ad un nuovo blocco storico capace di imporre la propria egemonia sulla intera società per i decenni a venire.
Le riforme istituzionali. la privatizzazione dell’economia, l’uso delle inchieste giudiziarie, si sono rivelate come le armi da guerra della lotta contro il vecchio blocco di potere e le sue alleanze sociali.
Con la decimazione del vecchio ceto politico sono sorti gli “uomini nuovi’ – Segni e Pannella si candidano a rappresentare la sintesi tra liberalismo e fascismo (in quanto capaci di gestire i primi passi della Seconda Repubblica sulla base della forza e della ambiguità sufficienti) necessaria ad imporre il carattere autoritario e antipopolare della nuova repubblica. La Lega non sta fuori da questo progetto. Il canto delle sirene è già cominciato in tutti gli ambienti economici e finanziari (vedi “Affari e Finanza” o il “Sole 24 Ore” del 23 Aprile) per cooptare quello che si configura come un movimento reazionario di massa adeguato alle esigenze del nuovo blocco di potere. L’astensione della Lega sul governo Ciampi può essere indicativa di questo nuovo ruolo assegnatogli.
La Confindustria è euforica. Il referendum, anche se centrato su questioni squisitamente politiche. è stato un plebiscito a favore di un progetto che pone al centro le esigenze padronali sia all’interno della società che nei rap porti internazionali.
L’Italia degli anni ’90, dunque, non rappresenterà più una anomalia rispetto al modello istituzionale, economico e sociale dell’arca capitalista sviluppata. La vera incognita del referendum del 18 Aprile in fondo era questa. Ma che le conclusioni fossero scontate non era ormai un mistero per nessuno.
Il Trattato di Maastricht, per quanto moribondo, è servito ad imporre condizioni ineludibili per un modello sociale ed istituzionale a cui nessun paese europeo si è potuto sottrarre sulla base delle proprie necessità o contraddizioni interne. Dentro l’accettazione di questo modello sovranazionale ve era la liquidazione, ad ogni costo, della anomalia italiana.
In questo contesto, era difficile immaginare una scelta più “coerente” di quella che a visto il governatore della Banca d’Italia Ciampi vedersi affidare direttamente dal presidente della Repubblica il mandato per formare un esecutivo “forte” .
Con una sola decisione, quello che abbiamo definito il “terzo polo” (vedi “Contropiano” di Aprile) ha realizzato una operazione dai molteplici risultati : ha introdotto, di fatto, il presidenzialismo confinando ad un ruolo secondario il Parlamento; ha creato il precedente per la formazione di esecutivi forti sganciati dai partiti del vecchio sistema politico ed ha varato quel “governissimo” a cui da tempo il PDS era disponibile, esaudendo così quel desiderio di “trasversalità” del potere invocato dalla Confindustria come liquidazione definitiva del suo rapporto storico con la DC; last but not Ieast ha pianificato e centralizzato come non mai una politica economica funzionale alle esigenze del capitale finanziario e degli imprenditori. Da un certo punto di vista, l’operazione Ciampi è “diabolica” e ci dà un’idea esatta della posta in gioco a livello interna ed internazionale.
L’operazione Ciampi ha messo fuori gioco l’avventurismo di Pannella (ma anche quello delle Leghe). La votazione parlamentare su Craxi ha visto probabilmente all’opera i “guastatori” di questo ambiguo consorzio per mettere in difficoltà il nuovo esecutivo ed ipotecare i nuovi equilibri utilizzando il risultato del referendum del 18 Aprile. Con il polo rappresentato dai vecchi boiardi ormai fuori gioco (a meno che non decidano di rientrarvi con la ripresa dell’attività mafiosa n lo stragismo), la resa dei conti appare ormai avviata tra ehi intende procedere come uno schiacciasassi e chi, con il medesimo obiettivo, vede nella cooptazione la garanzia di quella stabilità politica e sociale a cui punta l’introduzione del nuovo sistema istituzionale/elettorale. In questo senso Segni pare intenzionato a coprire lo sp azio “riformista” marginalizzando ancora di più il PDS (e D’Alema, più di Occhetto, se ne è reso perfettamente conto) dando vita così ad un bipolarismo italiano che somiglia moltissimo a quello fittizio e ambiguo dei “blancos e colorados” in Uruguay più che alla alte manza conservatori/riformisti esistente nei vari paesi europei.
Secco o a doppio turno che sarà, il sistema maggioritario e gli esecutivi forti che ne verranno consentiti, era una scelta obbligata dai vincoli internazionali ( economici, militari e politici) imposti all’Italia dalla integrazione europea, dalle alleanze militari e dal conflitto economico internazionale
Nel fronte del SI esiste una conflittualità che non lascia però spazio per troppe illusioni.
Segni e Pannella corrispondono ad una opzione strategica e ad un nuovo blocco storico.In un tale contesto il PDS o accetta un ruolo meramente subalterno e collaborazionista ( e il trasformismo ha reso possibile questa ipotesi) oppure è destinato a confinare per un tempo ancora lungo nella culla delle illusioni l’ipotesi della alternanza ritenuta ormai la ‘ soluzione finale ” per entrare nel governo dalla por ta principale e non da quella di servizio.
Ma il18 Aprile e le sue conseguenze sono una verifica decisiva anche per quelle forze della sinistra che si sono opposte. giustamente sl progetto esistente dietro il referendum.
Se all’interno dei Verdi una resa dei conti appare inevitabile ed auspicabile, per la Rete il colpo è stato assai duro. Infatti il S1 si è manifestato come egemone proprio in quella “società civile” che ne rappresenta l’interlocutore privilegiato.
L’idea del “cambiamento’ ripulita da ogni contenuto di classe è passata nelle mani della nuova destra e la democratizzazione della società basata sulla questione morale appare oggi fortemente appannata dalla demagogia forcaiola e reazionaria che ha contribuito notevolmente alla vittoria dei SI.
Per Rifondazione Comunista, la riflessione è necessario che sia portata ancora più a tondo.
Esiste un problema serio relativo ad una strategia politica dei comunisti fondata soprattutto sull’elettoralismo/parlamentarismo che esce fortemente compromessa sia dal nuovo sistema elettorale sia dalle nuove condizioni oggettive nel paese. La divaricazione tra “politica” e società si c tana più profonda ed anche la sinistra sconta pesantemente le fu glie politiciste che ne hanno dominato l’elaborazione , indebolito l’iniziativa politica e minato il radicamento sociale.
La sinistra, e la sinistra di classe soprattutto, dovrà imparare a misurarsi in concreto e non in astratto con una realtà che ha messo fine dall’anomalia italiana.