in Contropiano Anno 2 n° 1 – 20 gennaio 1994
Il Congresso di Rifondazione Comunista si svolge in un momento cruciale per la vita politica del nostro paese, ovvero il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.
La natura di classe della Seconda Repubblica è evidente a tutti, rotti i vecchi equilibri che hanno segnato la politica italiana e mondiale di questo ultimo cinquantennio, si va verso uno Stato in cui l’egemonia del grande capitale appare limitata solo dalle sue contraddizioni interne.
Sistema elettorale maggioritario, privatizzazioni, riforma delle relazioni sindacali ed industriali, eliminazione dello stato sociale, segnano le caratteristiche di un sistema politico e sociale che nasce nel segno di un forte autoritarismo.
In questa inquietante prospettiva, il PDS ritiene di essersi trovato uno spazio ed un molo e si candida a governare il paese con i “progressisti” e con le prossime elezioni politiche. In altre parole, si prepara a ripercorrere, in condizioni molto peggiori, la strada già tentata dal PCI nel ’77 proponendosi come forza di governo in un momento in cui le uniche politiche realistiche di governo sono quelle che prevedono un feroce attacco alle condizioni di vita dei lavoratori, allo stato sociale, all’occupazione.
In sostanza, si accinge nuovamente a gestire, sotto una copertura democratica, una politica di destra ed antipopolare. Ma il PDS questa volta sottovaluta il rischio che la risposta all’eventuale fallimento della sua ipotesi non sarà certo il CAF, come è avvenuto negli anni ’80 e in condizioni economiche e sociali molto migliori di oggi, ma un governo realmente di destra che godrebbe anche dell’appoggio di una vasta parte dei settori popolari.
Il pericolo che corriamo è che un governo che oggi si definisca “progressista” non possa fare altro che disgregare ulteriormente la base sociale della sinistra italiana, regalando interi pezzi di società e di elettorato ai Berlusconi, ai fascisti, ai leghisti.
In tale contesto, l’unica proposta che si è fatta spazio in questi mesi nella sinistra al di fuori del PDS, è quella della Convenzione per l’Alternativa costituita parallelamente all’uscita di Ingrao dal PDS, un organismo che afferma la necessità di un’unità a sinistra che arrivi fino al PSI di Del Turco e ad Alleanza Democratica e che ridà, infine, l’egemonia al PDS e a Occhetto.
Questa prospettiva riduce tutto ai patteggiamenti interni alle forze politiche in vista delle elezioni e del possibile governo e non coglie affatto la necessità inderogabile, storica, oggettiva, di distinguersi più nettamente possibile dal progetto occhettiano.
Dunque, non è poca la responsabilità che grava sulle spalle dei dirigenti e dei militanti di Rifondazione Comunista nel momento in cui sono chiamati a decidere nel loro congresso se tuffarsi nelle acque limacciose del “polo progressista” (correndo persino il rischio di essere rifiutati al tavolo dagli attuali commensali) oppure se dar vita nel nostro paese ad una sinistra che rifiuti il governismo del PDS, fondata sull’autonomia politica dei comunisti e su un ritrovato rapporto e radicamento di massa.
Sappiamo bene che l’attuale gruppo dirigente di Rifondazione Comunista, nella sua gran parte, ha già espresso il suo punto di vista molto chiaramente battendosi a fondo per partecipare al tavolo del “polo progressista”.
Noi riteniamo invece che la responsabilità da prendersi sia quella di rompere finalmente con una “sinistra” che nella sua corsa governativa ci sta portando verso una nuova sconfitta storica e di dare corpo ad un’altra sinistra, realmente alternativa, di base nel senso della ricostruzione di una reale rappresentanza di classe, di opposizione ai governi che in questa Seconda Repubblica non potranno che essere antipopolari ed autoritari.
Pensiamo dunque che la questione delle “due sinistre” ormai si imponga con la forza dei fatti.
Sottovalutare la drammaticità della situazione economica e sociale – soprattutto nei suoi sviluppi futuri – significa non capire che oggi si sta ponendo con forza il problema della rappresentanza reale dei settori di classe, questione che può trovare risposta o in una sinistra conflittuale non compatibile oppure da una destra demagogica – come hanno dimostrato le elezioni di Milano e di Roma – pronta ad usare il malessere popolare per pericolose avventure. Sottrarsi alla responsabilità di dare vita ad una prospettiva diversa da quella dei cosiddetti “progressisti” significa che nel 1991 Rifondazione ha fatto una scelta che in definitiva oggi darà più forza all’ipotesi costitutiva del PDS.
Riteniamo che oggi vada individuata una prospettiva credibile che contrasti la corsa al centro trainata ed egemonizzata dal PDS, da Alleanza Democratica e da pezzi del vecchio sistema di potere come La Malfa e Del Turco. Non si tratta di riproporre posizioni “estremistiche” incapaci di autonomia vera ma di far crescere un’alternativa politica e strategica. Occorre ricostruire una sinistra radicata ed organizzata nei settori di classe che rimuova una volta per tutte la “centralità della questione elettorale” e affronti strategicamente la questione della rappresentanza politica e seriale dei lavoratori, dei disoccupati, di quella parte della società oppressa e penalizzata dallo sviluppo capitalistico nel nostro paese.
Il compito dei comunisti in Italia sta dentro questa prospettiva: E’ individuando i punti qualificanti e decisivi – dalla questione del lavoro e dell’occupazione al blocco delle privatizzazioni fino a quello dei vincoli dell’Italia all’Unione Europea e delle avventure neo coloniali di entrambe – ricostruendo dai movimenti di lotta ed antagonisti nel sociale, dai movimenti sindacali di base e dalla contestazione sempre più ampia a CGIL, CISL, UIL, è possibile creare una sinistra politica, sociale e di classe che sia, in modo maturo, estranea all’influenza del “polo progressista”.
Se ci deve essere una “convenzione” tra forze diverse, essa non può essere altro che un rapporto che parte dal basso, dai movimenti reali, dalla dimensione cittadina e metropolitana dell’iniziativa innanzitutto.
A questa esigenza, a nostro avviso storica, ed in questo spazio politico che si apre, sono chiamati rispondere tutti i compagni, inclusa Rifondazione Comunista e i suoi militanti.