in Contropiano Anno 2 n° 2 – 8 marzo 1994
Le elezioni del 27 marzo, sanciscono a livello istituzionale la vittoria della borghesia nel nostro paese e nello scontro di classe di quest’ultimo ventennio. Su questo dato, crediamo che i dubbi siano ormai pochi. Molti ne sorgono invece se vogliamo gettare lo sguardo alla situazione che si è andata determinando in questi ultimi mesi – o addirittura settimane – ed alle prospettive che si vanno delineando. Infatti, accanto alla “sanzione” di questa vittoria, si sta manifestando una situazione segnata dall’instabilità politica e sociale che ipoteca l’effettiva riuscita e durata della Seconda Repubblica.
Dal punto di vista politico, questa situazione non è solo complessa ma è anche pericolosa. Da una parte esiste il “polo progressista” egemonizzato dal PDS che è riuscito a segnare alcuni punti a suo favore. Il primo di questi è sicuramente l’unità elettorale che va da Rifondazione Comunista fino ad Alleanza Democratica e ai socialisti di Del Turco. Ma anche l’apertura di credito di questo polo politico presso la grande borghesia ha fatto dei passi in avanti. La garanzia della pace sociale attraverso i “sindacati di Stato”; il sostegno entusiastico a Ciampi che viene anche preso in considerazione come Presidente del Consiglio per il prossimo governo; il sostegno alla NATO sull’intervento militare in Bosnia e alla NATO come “scudo della libertà”; le conclusioni della vertenza Fini gestite dal “progressista” ministro del lavoro Giugni; il viaggio di Occhetto nella finanza londinese, sono tutte referenze che vengono presentate, per potere accedere finalmente al governo.
Dunque, anche la borghesia italiana lanciata sul mercato europeo e mondiale, non tutta vede di cattivo occhio questo matrimonio con i progressisti. Del resto, i progetti di riorganizzazione produttiva in atto hanno bisogno “del patto sociale”, pena una crescita ingestibile dello scontro di classe.
Certo, essa preferirebbe che su questo fronte trovassero posto anche il Partito Popolare e i Pattisti di Segni come elemento di ulteriore garanzia sulla governabilità del paese. Consapevole di questa esigenza, il PDS al convegno sul “Programma di Governo” ha preso le distanze da ogni ipotesi di “governo della sinistra” e ne ha proposto uno di “ricostruzione nazionale” assai simile a quello, nefasto, del compromesso storico. Questo quadro sarebbe perfetto per una democrazia occidentale e progressista se non fosse guastato da almeno un paio di fattori politici e sociali: il primo riguarda la riorganizzazione ed il rafforzamento della destra; il secondo la situazione sociale segnata dalla crescita della disoccupazione e dal degrado. Questo problema della destra è un nodo che va analizzato molto bene: perché è decisivo per capire gli sviluppi futuri della realtà italiana ed europea. Ma un’analisi seria deve innanzitutto rifiutare gli “al lupo al lupo” lanciati dai “progressisti” per garantirsi l’egemonia politica ed elettorale alla loro sinistra.
La questione della destra e della sua pericolosità si fonda su due fattori: uno che riveste un carattere immediato, l’altro di carattere strategico. Il primo appare strettamente legato alle elezioni del prossimo 27 marzo.
La possibilità che la destra, cioè l’asse Berlusconi-Fini-Bossi-CCD, vinca le prossime elezioni non è affatto remota, soprattutto se il cosiddetto “centro” di Segni e Martinazzoli non riuscirà a contrastare la deriva della propria base elettorale.
Questa, indubbiamente, è una pessima prospettiva ed è possibile che nei tempi brevi la necessità del patto sociale prima indicato ponga seri problemi alla destra radicalmente anticomunista. Allo stesso modo, un non improbabile asse Segni-Berlusconi servirebbe a moderare i radicalismi della destra e dei neofascisti.
Ma se spingiamo la riflessione più a fondo la situazione appare molto più seria. Infatti se dopo il 27 marzo non è scontata la costituzione di un governo di destra o di centro-destra, quello che emerge con sicurezza è che attorno a Berlusconi ed al tipo di interessi “nazionali, parassitari, corporativi” che esso rappresenta, si è formato un blocco sociale. Coloro che dall’epoca di Tangentopoli e da un modello di sviluppo economico internazionale sono usciti con le ossa rotte, ossia i medi e piccoli imprenditori del Nord; i centri finanziari e speculativi alla Berlusconi, la piccola borghesia che si proletarizza nei livelli di reddito fino al vecchio ceto politico e imprenditoriale legato al pentapartito ed ai poteri mafiosi e malavitosi, troveranno nella “nuova destra” uno strumento di rivincita, anche perché questi settori sociali sono quantitativamente liciti grazie al tipo di sviluppo realizzatosi nei decenni scorsi.
Quello che si va configurando è uno scenario nuovo per il nostro paese, uno scenario legato alla crisi di egemonia della DC su settori sociali e blocchi di interessi che si spostano a destra e che vogliono contrastare e sconfiggere i progressisti – con un anticomunismo viscerale e apparentemente fuori tempo – per costringere il grande capitale a trattare con loro i termini della ridistribuzione del reddito e dei poteri.
Se a questo si aggiunge una situazione sociale segnata dalla disoccupazione di massa e strutturale che non trova più una rappresentanza politica in una sinistra spostata ormai irreversibilmente verso il centro, si capisce che è una situazione che potrà essere molto difficile già nei prossimi mesi, e che non migliorerà certamente sui tempi più lunghi.
Il quadro politico e sociale avrebbe potuto essere diverso se si fosse determinato a sinistra un polo politico autonomo e indipendente dai “progressisti” in grado di mantenere e orientare i settori popolari e giovanili – oggi disorientati – dentro una prospettiva di sinistra.
In questo senso è grande la responsabilità di Rifondazione Comunista che non solo non intende svolgere questo ruolo sul piano sociale, ma che con il suo secondo Congresso ha chiuso con ogni ipotesi politica autonoma dal PDS, dai “progressisti” e dall’elettoralismo.
Non rimane che prendere atto del vuoto politico enorme che si è creato a sinistra tra i lavoratori, tra i giovani ed i disoccupati, è un vuoto che va coperto al più presto da chi, comunisti e sinistra di classe, non vuole regalare alla destra e ai fascisti oggi il primato dell’opposizione sociale e domani il potere.