Intervista a Giulietto Chiesa
in Contropiano Anno 2 n° 2 – 8 marzo 1994
Eltsin “esautorato” dalla gestione della politica internazionale. Dinamismo sulla crisi in Jugoslavia. Tensione nei rapporti con gli Stati Uniti. Dopo anni di subalternità, Mosca sembra riconquistare il ruolo di una grande potenza. Radio Città Aperta ha intervistato telefonicamente Giulietto Chiesa, attuale corrispondente a Mosca della “Stampa”; ne emergono degli elementi interessanti che avevamo già cercato di individuare nei numeri precedenti di “Contropiano”.
D: In un commento pubblicato sulla “Stampa”, hai segnalato un dato molto interessante: Eltsin sarebbe stato quasi esautorato dalla conduzione della politica estera e soprattutto dalle decisioni prese sulla crisi jugoslava. Vorremmo saperne di più. Come stanno effettivamente le cose?
R: Non c’è dubbio che la Russia abbia ottenuto un grande successo politico-diplomatico in questa vicenda. È palese che la decisione di mandare i caschi blu russi in zona operativa – l’iniziativa che ha convinto i serbi – sia stata tutta a vantaggio della Russia. La Russia si è reinserita nel circolo politico-diplomatico con grande autorità, e questa mi pare che sia una delle cose nuove con cui fare i conti nei prossimi mesi. Non prevedo “ritorni all’indietro” rispetto a questa acquisizione di orgoglio della diplomazia russa rispetto a due anni di assenza sulla scena internazionale con iniziative autonome. Il problema che ho cercato di spiegare ai lettori della “Stampa” è che in questa vicenda (la Jugoslavia, NdR) il ruolo di Eltsin è stato un po’ “in ombra” e che l’iniziativa – almeno secondo le informazioni di cui dispongo – è stata presa da un gruppo di diplomatici del Ministero degli Esteri che sono uomini di grande esperienza, i quali hanno supplito alla palese difficoltà fisica che Eltsin ha dimostrato in questa fase.
Vedo nettamente che c’è stata l’iniziativa di due/tre uomini – dal Ministro degli Esteri Kozyrev all’inviato speciale Ciurkin al primo Vice-ministro degli Esteri Adamishin – che hanno costruito la situation room e gestito l’intera vicenda.
È stato più un lavoro di equipe che il frutto dell’azione del presidente Eltsin che era invece impedito ed in difficoltà.
Ciurkin è un uomo giovane, molto dinamico, portavoce del Ministro degli Esteri, che fa parte della scuola diplomatica sovietica a pieno titolo. In questo senso possiamo dire che c’è una scuola ben sperimentata che è rimasta congelata nella fase tra il 1992 e 1993, in cui la Russia si è accodata al carro dell’Occidente – il che è stato anche positivo – ma senza delineare in nessun modo una sua specifica presenza. Praticamente, come diceva qualcuno, aveva un ministro degli esteri – il sig. Kozyrev – che diceva sempre di sì, tanto che veniva definito il “Signor SI” per contrapporlo al “Signor No” con cui era qualificato Gromyko.
In qualche modo questo gruppo di diplomatici si crede di una lunga tradizione della Russia come grande potenza e non c’era posto migliore in cui la Russia poteva dimostrare di avere un’influenza se non nei Balcani. Se vogliamo valutarlo nel quadro generale della situazione internazionale, credo che questo sia senza dubbio positivo. Se l’Occidente vuole che la Russia si inserisca positivamente nei processi di pace e di regolamento di tutte le zone di conflitto, deve sapere che la Russia ci entra ma ci entra con una sua fisionomia ed un suo ruolo, non semplicemente come un paese che deve dire di sì all’iniziativa presa dagli altri.