da Le ragioni dei comunisti oggi. Tra passato e futuro. Un contributo al dibattito
Lo scopo di questo documento è quello di dare sistematicità e scientificità alle analisi che riteniamo fondamentali sia per quanto riguarda il periodo dello sviluppo e della crisi dell’esperienza socialista, sia sulle tendenze e contraddizioni di fondo dell’imperialismo.
Ovvio che per una tale ricerca e approfondimento è necessario un dibattito allargalo e di “lunga durata” visto che non ci sono in giro, o non sono ancora conosciuti, novelli Marx che hanno capacità di analisi e di sintesi.
Comunque riteniamo utile dare un nostro contributo, che speriamo colga gli elementi essenziali, anche per contrastare la tendenza liquidazionista verso la storia del movimento comunista ed operaio di questo secolo. Tendenza forte nella sinistra italiana, anche di quella che si definisce comunista, che dietro critiche generali ed analisi sociologicheggianti rimuove il nesso tra l’essere comunista ed il ruolo concreto dei comunisti nella società.
Il risultato di questa scissione è il politicismo, l’elettoralismo, la neutralizzazione del movimento di classe e la sua subordinazione alla rappresentanza politica riformista e socialdemocratica. Dunque questo nostro sforzo analitico e propositivo va collocato nella necessità di ridare forza e spessore ad un punto di vista comunista e di classe nel contesto odierno.
I contributi necessari però non possono essere visti unicamente nel senso delle analisi e dei principi. Certo non si tratta solo di “rivisitare” la scuola di pensiero di Marx e Lenin e sulla base di questo aprire un confronto e uno scontro con gli opportunismi di destra. Si tratta invece di verificare nella realtà questi principi, di fornirli di una” veste” adeguata ai tempi per dare di nuovo forza ed autonomia politica al movimento di classe.
Per fare questo passaggio e per ritrovare credibilità è necessario comprendere la fase storica in cui siamo collocati in modo da rendere chiare le possibilità ed i limiti che oggettivamente abbiamo. In altre parole se è vero che in questi ultimi venti anni abbiamo parlato continuamente della crisi del capitale, va detto anche che questi ha dimostrato l’enorme capacità “rivoluzionaria” di adeguarsi alle continue trasformazioni avvenute.
Dunque ci sembra necessario capire a che punto siamo dello sviluppo delle contraddizioni del capitale, ed in quale condizione soggettiva ci troviamo per definire tempi, scelte e modi di riorganizzazione.
Il primo elemento che caratterizza la nostra epoca è indubbiamente la sconfitta bruciante e drammatica del movimento comunista e con esso delle possibilità dei lavoratori e dei popoli sottomessi di credere ad una possibile trasformazione sociale.
Quanto questo fatto sia una seria ipoteca oggi per la ripresa del movimento comunista è evidente a tutti.
Un altro elemento di debolezza è che la sconfitta non ha portato solo alla disgregazione organizzativa ma soprattutto ad uno scompaginamento e dispersione teorica che indeboliscono ed allontanano nel tempo una ricomposizione.
Certo non è impossibile ricostruire un impianto analitico e teorico che comprenda la realtà ma questo avrà bisogno di tempo e di verifiche.
L’altro elemento rilevante è che comunque la situazione non è affatto pacificata. Anzi stanno ritornando contraddizioni in continuità storica con gli eventi che hanno determinato sia la prima che la seconda guerra mondiale.
La disoccupazione strutturale, la crisi finanziaria degli stati, la competizione tra le aree imperialiste, il degrado che coinvolge le periferie del mondo sviluppato, le guerre che cominciano ad essere un elemento permanente e non eccezionale nella situazione, sono le manifestazioni concrete delle contraddizioni profonde e insolubili dello sviluppo capitalista.
Infine va detto che rispetto a questo ultimo elemento i tempi di una crisi effettiva non sono affatto brevi.
Nella parte conclusiva dell’analisi economica della situazione abbiamo dato una sintesi “non catastrofista’’ ed abbiamo elencato una serie di controtendenze che non permettono la crescita immediata dello scontro tra i poli imperialisti.
Con altre parole possiamo dire che le aree imperialiste principali non entrano ancora in rotta di collisione tra loro, nonostante i sempre più evidenti segni di “nervosismo “ sulle varie questioni, perché i margini di riorganizzazione economica dentro le proprie zone di influenza ed i rapporti economici permettono ancora possibilità di crescita, anche se minime, e di pianificazione economica e finanziaria.
Questo equilibrio è anche sostenuto dalla egemonia militare e nucleare statunitense che però, va detto, può essere rimessa in discussione dalle modifiche politiche che stanno avvenendo in Russia divenuta ormai una potenza militare sconfitta che si muove nell’ambito dei rapporti tra stati capitalisti.
In questo senso una politica di alleanze non in sintonia con gli USA potrebbe ridimensionare l’egemonia militare americana che fino ad oggi non è mai stata messa in discussione dalla Germania, Europa e Giappone.
In conclusione possiamo dire che la fase che stiamo vivendo non ha certo le caratteristiche rivoluzionarie nonostante la “crisi” permanente del capitale.
Questa è invece una fase, prevedibilmente non breve, di accumulo di contraddizioni, di degrado della situazione sociale e politica, di scontri militari che rimetteranno in discussione l’immagine progressista e luccicante che hanno l’Occidente e rOriente capitalistico.
Dunque per il movimento di classe e comunista è un periodo di riorganizzazione, di ridefinizione del proprio ruolo e dei propri compiti strategici, cioè il momento in cui bisogna saper scavare come le talpe per riapparire in condizioni diverse.
Ovviamente l’attuazione pratica di una tale necessità sarà molto più difficoltosa dello scriverlo in un documento politico.
Infatti questo processo di riorganizzazione non potrà avvenire nel chiuso di una stanza e tra i libri ma nel vivo dello scontro di classe dove i conflitti sociali, quelli militari, l’avvento di fascismi possibili, come dimostrano la situazione italiana e internazionale, contrasteranno in tutti i modi ogni opera di ricostruzione di un fronte di classe. Ne è possibile escludere a priori il pensiero di Marx espresso sul “Manifesto del Partito Comunista” in cui si afferma che “la lotta di classe è destinata a concludersi o con una trasformazione rivoluzionaria di tutte le società o con la rovina comune delle classi in lotta”.
CREDITS
Immagine in evidenza: Karl-Marx-Monument – Chemnitz
Autore: Maximilian Scheffler; 17 aprile 2020
Licenza: Unsplash License
Immagine originale ridimensionata e ritagliata