da Le ragioni dei comunisti oggi. Tra passato e futuro. Un contributo al dibattito
Le vicende storiche hanno portato ad una situazione in cui i comunisti non hanno più la rappresentanza politica dei settori di classe. La storia del movimento operaio, la forza dei partiti comunisti, anche in occidente, ha visto nel secondo dopoguerra la nascita dei partiti di massa. Questi, anche se poi hanno degenerato per una complessità di motivi, hanno rappresentato settori di classe vastissimi ed hanno risposto ad una esigenza reale.
La rappresentatività dei bisogni popolari li ha fatti considerare comunque pericolosi, da tenere fuori dalle leve di comando e dal governo, anche se i loro gruppi dirigenti erano chiaramente riformisti. Questa è la lettura che va data, per esempio, dei governi di unità nazionale varati con l’astensione del PCI dal ‘77 al ‘79.
Quella condizione oggi non esiste più né la nascita di Rifondazione Comunista è una smentita, in quanto la dinamica che segue questo partito è più quella di un aliante che plana verso terra piuttosto che quella di un aereo che cerca di riprendere quota. La scelta di partecipare alla lista dei progressisti nelle elezioni di marzo ‘94 è una conferma della tendenza di fondo che esprimono il gruppo dirigente di questo partito e ampi settori del partito stesso.
Purtroppo ci troviamo in una situazione oggettiva in cui i fronti di lotta principali, quello ideologico, politico e sociale si sono scomposti e vivono senza nessun collegamento tra loro. Trovare una soluzione a questa condizione significa capire come questi fronti ritrovano nella teoria e nella concretezza una loro unitarietà e quale ruolo debbano avere i comunisti in questo processo, non breve, per ritrovare una funzione politica.
Costruire una rappresentanza politica dei settori di classe travolti dalla crisi attuale è un passaggio ineludibile. In questo senso spingono con forza anche la riforma elettorale e le future riforme istituzionali. Infatti l’introduzione del sistema maggioritario taglia completamente ogni possibilità per la sinistra di accedere alle istituzioni o di avere, comunque, anche in caso di una piccola presenza, un qualsiasi ruolo politico significativo e non testimoniale.
Ci avviamo verso trasformazioni istituzionali che faranno divenire il parlamento rappresentante solo di una parte della società italiana e dal quale verranno tenuti fuori settori sempre più vasti. Questa modifica coincide, e ne è l’effetto, con un peggioramento delle condizioni sociali ed economiche legato a dati strutturali che difficilmente cambieranno in tempi brevi e che segnano una inversione di tendenza generale. Questa inversione non solo provocherà una ripresa della conflittualità sociale ma determinerà, prima o poi, per la generalità dei settori coinvolti, la necessità di una nuova immagine di se, di una nuova sintesi politica e di obiettivi generali, di una crescita della propria autonomia politica dai ceti dominanti.
Anche in una parte precedente del documento abbiamo detto che in questo contesto riprende forza l’esigenza di autonomia da parte di settori di classe forse minoritari ma consistenti. Questo crediamo sia l’asse da seguire nell’analisi e nell’intervento pratico per riaprire delle prospettive a sinistra. Infatti questa “autonomia” resa possibile dalla condizione oggettiva può essere la base materiale su cui ridare visibilità politica allo scontro sociale nel paese.
E’ alla contraddizione tra la scomparsa della rappresentanza politica istituzionale e la ritrovata necessità dell’autonmia di classe che dobbiamo fare riferimento per costruire un soggetto politico legato alla realtà.
Va messa a fuoco inoltre una questione importante cioè che questa autonomia è oggi una condizione sulla quale è necessario intervenire politicamente per svilupparla nelle sue potenzialità. Questo intervento è tanto più necessario in quanto la situazione politica del paese sta subendo rapide mutazioni. La più evidente di queste è quella della costituzione di un blocco sociale reazionario composto dalle parti più arretrate della borghesia, piccola e media, dei settori finanziari speculativi ed anche dei centri di potere malavitoso.
Questo blocco, che oggi si riconosce in Berlusconi ma che può essere disponibile ad avventure ancora più reazionarie, è pericoloso anche per i ceti operai e proletari in quanto è in grado oggi di produrre egemonia culturale ed ideologica (vedi la Lega Nord ed i naziskin tra i giovani proletari) che va oltre i propri settori sociali di riferimento. Questo significa che o si è in grado di far esprimere l’autonomia di classe che nasce dalla conflittualità e dalle contraddizioni oppure interverranno processi politici e culturali che orienteranno a destra le tensioni.
Bisogna prendere coscienza che oggi abbiamo un pericoloso “concorrente” sul nostro stesso terreno sociale. Su tali questioni siamo impegnati a capire subito, e non in tempi lunghi, come intervenire. Si pone perciò la questione del blocco sociale che va preso a riferimento per costruire una alternativa politica alla destra ma anche ai riformisti che oggi si sono riorganizzati nel polo dei cosiddetti “progressisti”. Abbiamo già descritto quali sono le categorie sociali che vengono “ scrollate” da una situazione statica e di relativo benessere e gettati nella competitività permanente della società capitalista.
Queste non sono di dimensioni ridotte ma hanno un peso numerico, consistente, attraversano tutti i settori di classe e tendenzialmente aumenteranno il loro peso a causa del processo di precarizzazione che coinvolge tutta la società. Qui non si tratta di fare l’elenco dei soggetti interessati ad una modifica della situazione attuale, altrimenti rischieremmo di fare sociologia, ma di capire se c’è un punto dinamico su cui operare per costruire nuova rappresentanza politica.
Questo punto è da ritenere che sia la questione del lavoro, della disoccupazione. del precariato inteso come dato generale che riguarda la società nel suo complesso. La questione del lavoro è stata sempre la base dell’iniziativa dei comunisti e e a sinistra più in generale. Oggi però questo problema si ripresenta in condizioni nuove dal punto di vista storico.
La prima condizione è che questo fenomeno si sviluppa in un contesto in cui I occupazione industriale non è il perno su cui poggia la società e la produzione.
Senza entrare troppo nell’analisi delle caratteristiche economiche dell Italia, questo significa che la questione del lavoro si pone in termini mollo diversi dal passato (anche più recente, vedi ad esempio la disoccupazione degli anni ’70) e si pone in un panorama dove la “socializzazione” del lavoro, ha un grado elevato ed adeguato alla struttura sociale dei paesi imperialisti più avanzati.
Dunque il problema del lavoro si pone dentro una nuova composizione sociale diversa da quella che ha determinato il conflitto di classe in passato in Italia e ritrova nel capitalismo il suo ruolo di contraddizione centrale, che si presenta come limite interno allo sviluppo dell’economia di mercato senza alcun paravento politico ed ideologico borghese.
Detto questo ora dobbiamo capire se ripartendo dalla questione del lavoro è possibile costruire un soggetto politico di classe. In questo senso vanno analizzati alcuni elementi decisivi:
A – Innanzitutto il dato quantitativo che riguarda la disoccupazione ed il lavoro precario, è molto elevato; è inutile ricordare la situazione meridionale e le aree di crisi industriale. I processi di ristrutturazione privata e pubblica aumenteranno, nel prossimo futuro, questa area sociale già oggi consistente.
B – Questa situazione diversamente dagli ultimi decenni, non si rileva come facilmente superabile. Ormai tutti parlano di crisi strutturale dell’occupazione che trae motivo da un ruolo ridimensionato dello stato, dalle privatizzazioni e da uno sviluppo economico che può marciare in senso inverso allo sviluppo dell’occupazione. Ovvero la crescita tecnologica, la delocalizzazione ed il decentramento all’estero delle industrie più arretrate, impediscono lo sviluppo dell’occupazione anche in presenza della cosiddetta ripresa economica. Gli scenari che si presentano su questo problema sono sostanzialmente due : il primo è, per ora, il modello Europa con una forte disoccupazione (la Spagna è arrivata al 20%) e con alcune roccaforti produttive e di servizi dove l’occupazione viene mantenuta ma a costi alti di sfruttamento e di subordinazione per i lavoratori. L’altro è quello americano che vede meno disoccupazione ufficiale ma un forte sviluppo di occupazione precaria, part-time, a tempo determinato e con bassi salari.
C – La questione dell’occupazione riguarda i settori più vivi della società dal punto di vista della produzione. Questa fascia destinata alla disoccupazione cronica ed al precariato si allargherà sempre più grazie agli interventi che vengono fatti a sostegno della ristrutturazione industriale e nel terziario, che permettono i prepensionamenti e l’uso di altri ammortizzatori sociali ma che impediscono l’ingresso stabile nel mondo del lavoro dei lavoratori giovani ed ormai anche meno giovani.
D – La questione dell’occupazione per le sue caratteristiche “trasversali” nella società può essere la base di un “blocco sociale” ovviamente, oggi, solo teorico. Sul piano politico parlare di disoccupazione significa parlare del ruolo dello stato e della sua funzione sociale, questo è uno degli elementi centrali nel dibattito odierno sul pubblico o privato. Significa anche parlare della questione della democrazia e dei pericoli di fascismo perché una società con un alto indice di disoccupazione e di disperazione non può permettersi il “lusso” della democrazia. Dal punto di vista più strettamente sociale la questione della disoccupazione riguarda:
- Le condizioni di lavoro e di salario dei lavoratori occupati. Le vicende FIAT, le privatizzazioni, l’accordo del Luglio ‘93 nella parte sulle relazioni industriali mostrano lo stretto rapporto che c’è tra la disoccupazione e le condizioni della forza- lavoro in generale.
- La questione giovanile e delle donne intesa come disoccupazione/precariato e, in senso più vasto, come disagio sociale e culturale.
- Il degrado delle metropoli dal punto di vista dei rapporti sociali, dei servizi e dell’ambiente.
- La questione della casa; bisognerebbe infatti capire quanto la questione della disoccupazione, della precarietà, e dunque di un salario inadeguato, si identifica con gli sfratti e con le coabitazioni e dunque con l’impossibilità di pagare un affitto nelle grandi città.
E – Proprio per il tipo di contraddizione e per la “rappresentatività” di un tale nodo la questione oggi si presenta in modo direttamente politico e non “sindacale”. Cioè affrontare il problema dell’occupazione con la lotta dei disoccupati sarebbe completamente inutile se non definissimo un collegamento con un progetto politico più generale di nuova rappresentanza.
Non portiamo oltre la nostra speculazione sulle implicazioni che avrebbe costruire un soggetto che abbia sulla questione del lavoro la propria base politica e sociale. Questo fa anche parte di un dibattito lungo e di una analisi da approfondire. Né pensiamo di aver scoperto “l’uovo di Colombo” in quanto la questione occupazionale è al centro delle attenzioni di tutto il mondo, dai vertici del G7 fino al PDS di Occhetto.
Si tratta invece di capire come questo nodo strutturale possa permettere alla sinistra di classe di far crescere un progetto politico coprendo gli spazi e le esigenze, a nostro avviso grandi, che non trovano risposta nelle forze politiche, incluse quelle riformiste.
Su queste scelte crediamo che valga la pena fare le verifiche ed aprire un ampio dibattito nella sinistra politica e sociale del nostro paese che ha varie collocazioni organizzative, ma che non intende regalare ai “progressisti” l’egemonia.
Per fare questo è però necessario capire che bisogna superare la logica dell’auto- rappresentazione e di collegarsi in modo stabile e credibile ai settori di classe che hanno un peso “oggettivo” in questa società. Solo così, crediamo, sia possibile ricostruire una rappresentanza di classe e di sinistra che recuperi un ruolo politico assente ormai da troppo tempo.
CREDITS
Immagine in evidenza: Poster for Women’s Day, March 8, 1914, demanding voting rights for women
Autore: Karl Maria Stadler, 1914
Licenza: public domain
Immagine originale ridimensionata e ritagliata