Forum internazionale di approfondimento teorico – Roma, 12/13 aprile 2003
La Rete dei Comunisti (per Contropiano Anno 11 n° 1 – 14 Febbraio 2003)
In poco più di un anno si sono addensate all’orizzonte le nubi di una nuova guerra e che annunciano tempeste pericolose.
L’aggressione all’Afghanistan da parte degli USA non ha ancora portato a dei risultati reali che gia l’accoppiata USA-GB affronta un nuovo conflitto aggredendo l’Iraq di Saddam Hussein.
Il precipitare della situazione politica internazionale dopo l’11 Settembre 2001 e dopo la “guerra infinita” promossa dal governo USA sembra mostrare un passaggio d’epoca, un salto di qualità che segnalano l’apertura di un periodo instabile e pericoloso per tutta l’umanità.
Infatti gli anni 90, dopo il crollo dell’URSS, sono stati caratterizzati da una relativa stabilità e concordia tra le grandi potenze, attorno all’unica superpotenza rimasta ovvero gli Usa.
Il mercato capitalista si è esteso in quel decennio a livello globale dimostrando una capacità propulsiva sul piano economico generale.
Gli USA hanno mantenuto la loro funzione di “locomotiva” mondiale dell’economia garantendosi otto anni di crescita continua attraverso l’accelerazione dei processi di finanziarizzazione, un forte indebitamento esterno ed interno ed il monopolio dell’innovazione tecnologica.
L’Europa, con il sacrificio dei suoi popoli, si è costituita come nuova grande potenza mondiale che partendo dall’unione economica si è posta anche obiettivi strategici sul piano politico, istituzionale e militare.
Infine stati quali la Russia, rinata dalle ceneri dell’URSS, la Cina e sullo sfondo l’India ed il Brasile hanno ricominciato a immaginarsi come attori in uno scacchiere mondiale dove ognuno è libero di giocare la propria partita sulle regole del mercato capitalista ormai globalizzato ed universalmente riconosciuto senza apparenti contrasti.
A questo “radioso” scenario in pochi anni se ne è sostituito un altro fatto da crisi finanziarie ed economiche generalizzate, da guerre sempre più pericolose e da una prospettiva di instabilità “globale”.
Quello che a noi appare evidente è che la situazione attuale non è affatto in discontinuità con gli anni 90 ma non ne è nient’altro che il prodotto e l’evoluzione diretta e naturale.
Infatti quello che si è affermato dopo la fine dell’esperienza storica dei paesi socialisti non è solo la cosiddetta globalizzazione ma soprattutto la “competizione globale” cioè quell’assetto e quel processo che Lenin descrisse all’inizio del secolo passato in “Imperialismo fase suprema del capitalismo”.
Naturalmente le forme con cui si presenta l’imperialismo oggi sono molto diverse da quelle con cui si manifestava a cavallo tra l’800 ed il 900. Questa diversità, peraltro, non può essere sottovalutata ai fini di un’azione culturale e politica che si ponga i problemi dell’oggi.
Certo è che se di nuovo siamo di fronte ad una fase di manifestazione dell’imperialismo inteso come competizione e conflitto tra paesi capitalisti è evidente che ancora oggi agiscono i meccanismi classici analizzati in passato dal pensiero comunista e rivoluzionario.
In questo senso riteniamo fondamentale andare ad un approfondimento teorico sulla questione dell’imperialismo per dotarci di strumenti più forti nella lettura della situazione ma anche per contrastare quelle diverse posizioni che sembrano, richiamare la teoria del “superimperialismo”.
La teoria dell’IMPERO esposta da Toni Negri, ma anche varie posizioni presenti trasversalmente sul piano internazionale nella sinistra e tra i comunisti, affermano che il capitale ha raggiunto una sua sostanziale integrazione mondiale che lo pone in modo unitario di fronte alla classe antagonista che si trasforma in “moltitudine”.
In questi anni abbiamo analizzato a più riprese ed in vario modo come l’imperialismo si stesse manifestando in modo sempre più evidente e pensiamo che una ripresa del dibattito a livello teorico più alto possibile sia necessario anche per affrontare posizioni che rischiano di produrre effetti negativi.
Naturalmente per noi questo confronto va fatto in modo chiaro e netto senza però demonizzare chi esprime diverse analisi e coscienti che la risoluzione del dibattito teorico alla fine risiede nella realtà degli sviluppi internazionali che nel confronto stesso quest’ultimo infatti può risentire dei limiti ineludibili di tutti i soggetti che si pongono sul campo del confronto teorico.
A nostro avviso sono tre le questioni che vanno oggi affrontate per avere una lettura forte delle dinamiche che sottendono ai fatti empirici che si manifestano nella realtà.
1. Il primo è quello legato alla teoria del valore espressa da Marx.
Negli anni della ripresa capitalista, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, sono emerse teorie nell’ambito del riformismo comunista che negavano la validità scientifica della teoria del valore di Carlo Marx relegandole ad una dimensione di malessere sociale ed esistenziale. In questo senso andavano le posizioni di Sraffa e di Napoleoni che ancora oggi sono di riferimento per settori del movimento comunista.
La fine di una fase espansiva del capitalismo sta invece mostrando la correttezza dell’ipotesi di Marx in termini di concretezza soprattutto per la manifestazione di quella tendenza alla riduzione del saggio di profitto prodotto dall’aumento spaventoso della composizione organica del capitale che si è manifestata dagli anni 70 in poi.
Teoria del valore-lavoro, caduta tendenziale del saggio di profitto, divisione conseguente del capitale mondiale in varie frazioni in competizione tra di loro sono queste le caratteristiche della fase attuale come lo sono state, manifestandosi storicamente per la prima volta, nella fase analizzata da Lenin. Evidenziare di nuovo la connessione dei termini suddetti, analizzare come concretamente si è manifestata la crisi di accumulazione e ridare forza agli strumenti di analisi del movimento comunista sono solo alcuni obiettivi che ci proponiamo con il confronto che stiamo organizzando.
Se tutto ciò è vero ci troviamo di fronte ad una prospettiva che, in termini storici e probabilmente non ancora politicamente evidenti a tutti, non possiamo sottovalutare ai fini di una riproposizione della necessità del cambiamento del sistema economico e sociale.
2. Sono cambiati i soggetti che rappresentano le diverse frazioni del capitale mondiale.
Infatti i protagonisti dell’epoca precedente erano gli stati nazionali, oggi la situazione è molto diversa e la costituzione dell’Unione Europea, per quanto problematica e contraddittoria, fa emergere la formazione di organizzazioni statuali diverse da quelle puramente nazionali affermatesi precedentemente.
Questa tendenza non si manifesta solo in Europa ma anche nel continente Americano attraverso la proposta del NAFTA prima e dell’ALCA poi ed in quello Asiatico dove i processi di integrazione politica ed economica sono molto più complessi.
Le cause di queste trasformazioni possono essere molteplici e sono legate anche allo sviluppo delle forze produttive che richiedono un ambito ottimale per la loro crescita che vada oltre la sola dimensione del vecchio stato nazione. Appare comunque improbabile un uso funzionale dell’attuale sviluppo delle forze produttive a livello globale in quanto non è dato né e realistico un conseguente governo mondiale.
Conflitto tra le frazioni del capitale, modifica dell’ambito statuale concreto in cui può positivamente agire per il capitale lo sviluppo delle forze produttive, collocazione geostrategica dei vari paesi sono queste alcune tracce da seguire per capire ed interpretare i nuovi soggetti che oggi possono sostenere la competizione tra poli imperialisti.
3. Va considerato però in questo contesto di spinta alla competizione globale una forte controtendenza che non è di carattere economico ma politico-militare.
Questa controtendenza è il potere militare degli USA che pone ai suoi competitori un limite materiale, tanto quanto quelli strutturali, a partire dalla possibile distruzione fisica.
Non possiamo ignorare la forza di una tale controtendenza negli effetti politici immediati ma anche in quelli più strutturali.
Infatti una tale disparità di forza militare può annullare e ricomporre strategicamente le contraddizioni insite nell’attuale fase imperialista oppure può solo rinviare nel tempo il manifestarsi pieno di queste contraddizioni?
E’ evidente che qui l’intreccio tra il livello strutturale e quello politico (la soggettività conta anche per il capitale), dunque non è possibile non affrontare ed interpretare questo nodo che si presenta come ineludibile per l’agire anche politico delle forze comuniste e rivoluzionarie a livello mondiale.
Per la seconda volta nella sua storia il capitalismo mostra un forte limite che nel passato ha prodotto due conflitti mondiali e che oggi non sappiamo ancora quali sviluppi reali potrà avere.
Se anche questa volta il capitale riuscisse a superare i propri limiti in modo positivo, portando a sintesi le contraddizioni interimperialistiche sarebbe difficile allora negare a questo modello sociale quella capacità di razionalità che da sola può dare al livello di sviluppo attuale una prospettiva positiva a tutta l’umanità, al di la dei costi stessi che una tale possibilità potrà avere.
Questa possibilità del capitalismo come ultima frontiera dello sviluppo umano non può sfuggire ai vari fautori del capitalismo unico che vogliono mantenere una posizione di rottura verso l’attuale assetto sociale e affermano di voler operare per un suo superamento.
Da parte nostra non intravediamo questa capacità razionale del capitale di arrivare ad una sintesi interna e dunque riteniamo centrale continuare il lavoro di ricerca e di confronto teorico nell’analisi dell’imperialismo utile a trarre coerenti e convincenti indicazioni di lavoro politico e sociale.
CREDITS
Immagine in evidenza: Anti-War March in Chicago
Autore: David Wilson, 10 agosto 1968
Licenza: Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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