Il deficit democratico su cui è nata l’Unione Europea si acutizza. Si sgretola il mito di una Europa progressista “in sé e di per sé”. II referendum sull’euro in Svezia dice chiaramente no all’assalto finale contro il welfare state in nome della competizione globale . L’Unione Europea si smarca dagli USA ma si “amerikanizza” a sua volta sul piano sociale e nella politica internazionale.
Stiamo per assistere ad un inquietante paradosso: il varo di una Costituzione senza la convocazione di una Assemblea Costituente. La nascita di una Costituzione Europea, vincolante per gli stati membri dell’Unione, rimane coerente al deficit democratico su cui questa Unione è nata sin dall’inizio: un processo guidato dall’establishment europeo che ha sistematicamente tenuto alla larga ogni forma di partecipazione e discussione democratica nella definizione dei suoi poteri e processi decisionali.
Ciò spiega, insieme alla difesa del proprio modello di welfare state, il no chiaro e tondo della popolazione e della sinistra svedese all’introduzione dell’euro. Nonostante l’intero establishment, i mass media e i principali partiti – sia quello socialdemocratico sia quelli di centro-destra – sostenessero apertamente il si all’euro, la gran parte della popolazione si è recata alle urne ed ha votato NO.
Le rare occasioni in cui si sono tenuti dei referendum sui passaggi del processo di unificazione europea (approvazione del Trattato di Maastricht, introduzione dell’euro, approvazione del Trattato di Nizza), hanno visto i poteri forti europei perdere o vincere di lievissima misura…ragione per cui le verifiche democratiche del più gigantesco processo di centralizzazione statale, economico, monetario e politico della storia (ad eccezion fatta, forse, della costituzione dell’URSS nel Novecento e degli Stati Uniti nell’Ottocento) sono state sistematicamente ignorate, rimosse, liquidate.
Nella Conferenza Intergovernativa di Roma, alcuni vorrebbero arrivare alla stretta finale con l’approvazione della bozza di Costituzione Europea elaborata dalla Convenzione guidata da Giscard D’Estaing, altri preferirebbero che l’approvazione non avvenisse nel semestre di presidenza italiana in cui Berlusconi ha dimostrato piuttosto palesemente di essere niente di più che un maggiordomo dell’amministrazione statunitense.
Le forze e le opzioni in campo sono ancora frastagliate. Ci sono divergenze sulla figura e le funzioni del presidente dell’Unione, divergenze sul voto a maggioranza, c’è sofferenza nella definizione dell’equilibrio tra struttura federale e unione di stati nazionali, ci sono resistenze nell’assumere la Carta dei Diritti fondamentali approvata a Nizza nell’art.5 della Costituzione Europea. Eppure si ha l’impressione che il treno della costituzione politica europea sia ormai in dirittura d’arrivo, occorre solo indicare quale sarà il binario su cui approderà alla stazione della costituzione di un polo imperialista europeo compiuto. “L’aspetto meno chiaro ma più importante” scrive Alain Touraine “è la volontà espressa per la prima volta dall’Europa di giocare un ruolo molto attivo a livello mondiale e di agire secondo una visione globale necessariamente diversa da quella americana” [1] .
In tal senso, il risultato del referendum svedese e le incertezze implicite nell’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Europa dell’Est, vedranno un rafforzamento ed una accelerazione delle “cooperazioni rafforzate” intorno all’asse franco-tedesco, una sorta di direttorio/locomotiva che trascinerà solo chi accetta di salire sul treno della centralizzazione monetaria, politica …e militare. Il recente vertice di Berlino docet. [2]
Una brusca accelerazione
Guardando alla storia recente dell’Europa è impressionante l’accelerazione subìta dal processo di unificazione dopo la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS. L’establishment europeo, aveva navigato per quaranta anni dentro il recinto del mercato comune consentito e agevolato dagli Stati Uniti. L’aspro conflitto di classe, un forte movimento operaio e l’esistenza dell’URSS avevano costretto il capitalismo europeo ad una funzione “progressista” nella redistribuzione del reddito e sul piano internazionale. Sistemi avanzati di welfare state e lo spazio offerto dal bipolarismo mondiale USA/URSS, avevano consegnato all’Europa un ruolo che veniva percepito come progressista sia all’esterno che all’interno.
Un trilateralista storico e convinto come Tierry de Montbrial, ricorda come prima del periodo 1989-1991, l’Europa occidentale costituiva l’ago della bilancia geopolitico. “Oggi non è più così. Lo stesso concetto di ago della bilancia ha perduto il suo significato con il diminuire dei rischi ed è stato indebolito dall’allargamento di due blocchi: la NATO e l’Unione Europea” [3] .
La fine dell’equilibrio di forze tra USA e URSS, da un lato ha impresso un’accelerazione al processo di centralizzazione economica, monetaria e politica dell’Europa (con aperte velleità di indipendenza dall’ipoteca statunitense), dall’altro ha messo in moto un processo di smantellamento (e di brusca disillusione) dell’idea di una Europa come spazio progressista in termini di modelli sociali e politica internazionale.
In solo undici anni, dal 1992, si è passati rapidamente alla definizione del mercato unico, della moneta unica ed ora dell’Unione politica. Una ulteriore accelerazione è stata impressa proprio dopo l’aggressione alla Jugoslavia nel 1999, una guerra che, per molti versi, si è rivelata paradigmatica e decisiva nel processo di costituzione del polo imperialista europeo.
L’inquietante identità europea
Il testo che forse meglio di altri sintetizza questa “idea di Europa”, è quello scritto da Romano Prodi alla vigilia della sua nomina a Presidente della Commissione Europea: “Europa significa una grande potenza che può giocare un ruolo di rilievo sullo scacchiere mondiale…La zona dell’Euro costituisce un buon punto di partenza per tenere testa agli Stati Uniti, il paese rispetto al quale è, e continuerà a rimanere, più viva la concorrenza sui mercati internazionali” [4] .
Ed è emblematico che ambizioni così manifeste vengano esplicitate da un personaggio dell’establishment che più di altri viene percepito come “progressista”. L’idea di Europa manifestata da Prodi permea infatti non solo i settori reazionari del Vecchio Continente ma anche quelli progressisti. Utile e significativa, in tal senso, è la replica di una intellettuale progressista statunitense al documento di due “mostri sacri” della cultura europea come Jurgen Habermass e Jaques Derrida.
I due filosofi, forse casualmente ma evidente consacrazione del rinnovato asse franco-tedesco, nella scorsa primavera avevano cantato sulle pagine della Franfurter Allgemeine Zeitung le odi dell’Europa, della sua identità progressista e della sua funzione progressiva, chiamando gli intellettuali europei alla mobilitazione per sostenere il processo di costituzionalizzazione politica in corso e cercando di delineare l’anello mancante di tale processo: l’identità europea.
I due filosofi marcavano la necessità dell’Europa di definire la propria identità in opposizione agli Stati Uniti “Per noi è difficile immaginare un presidente che inizi la giornata pregando e associ le sue decisioni importanti ad una missione divina” scrivono. Non solo, Habermass e Derrida hanno celebrato le manifestazioni pacifiste del 15 febbraio come “segno della nascita di una sfera pubblica europea”. [5]
Dunque l’idea di una Europa progressista nel suo DNA, capace di definire la propria identità in antagonismo agli USA affida all’unificazione e alla sua costituzionalizzazione il compito di portare a termine una operazione vantaggiosa per tutta l’umanità quasi per natura spirituale.
Iris Marion Young, femminista e intellettuale statunitense, ha replicato qualche tempo dopo a quel manifesto filosofico-politico evidenziandone i “peccati originali”. Questa Europa che si chiude agli “stranieri” sarà capace di rendere quelli che ormai vivono all’interno dei propri confini cittadini come gli altri? Non solo. “L’appello per una politica estera europea” – prosegue la Young – “termina con un riferimento ad una relazione con i paesi europei ed il Sud del mondo che ricorda il passato imperiale europeo”. Inoltre gli organismi su cui, secondo Habermas, l’Europa dovrebbe esercitare la sua influenza contro l’attuale, pericolosa spinta unilaterialista statunitense, tendono tutti a privilegiare il Nord del mondo ed a dominare il Sud: la struttura del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il FMI, la Banca Mondiale. Si chiede all’Europa di pesare di più in questi organismi e non di riformarli o di abolirli [6] .
Dando un’occhiata all’idea di Europa di Romano Prodi, possiamo verificare come queste osservazioni sia estremamente pertinenti, oltreché inquietanti. Prodi guarda infatti alla costituzione di un’area euromediterranea come area in cui far convivere alte tecnologie e riserve di forza lavoro a basso costo da utilizzare contro il Nafta a guida USA e l’area asiatica in cui cresce il ruolo della Cina [7] .
L’assalto ai residui di welfare state
L’idea progressista dell’Unione Europea sta subendo disillusioni amare su tutti i versanti. Sul piano economico-sociale è ormai evidente come l’establishment – utilizzando governi di centro/destra o di centro/sinistra – abbia deciso di avviare l’offensiva finale ai residui di welfare state. E’ miope pensare che esista una “politica di Blair, una politica di Schroeder etc.”. Il problema è semplice, quasi visibile ad occhio nudo ed attiene a quel “demone” della competitività e della crescita (che campeggia nell’art.3 della bozza di Costituzione Europea) ed a quella competizione globale con gli USA sul quale l’idea d’Europa di Prodi torna sovente. La stagnazione dell’economia mondiale è piuttosto evidente. In questi venti anni di dominio liberista, nel sistema angloamericano hanno bruciato tutte le riserve disponibili nella sfera pubblica: hanno privatizzato tutto il privatizzabile, hanno precarizzato tutto il precarizzabile, hanno fatto indebitare le famiglie oltre il disponibile. I risultati del fallimento del neoliberismo sono ormai davanti agli occhi di tutti, tant’è che sembra essere la guerra l’opzione a cui USA e Gran Bretagna sono ricorsi per cercare di tamponare le falle.
In Europa invece le “riserve” ancora ci sono. Ci sono sistemi previdenziali e sanitari ancora pubblici, ci sono ancora aziende pubbliche da privatizzare, permangono elementi di rigidità nella forza lavoro, i sindacati ancora hanno un certo peso nelle decisioni e nella società.
L’offensiva contro i residui di welfare state lanciata dal “destro” Raffarin in Francia o dal “sinistro” Schroeder in Germania, ci indicano che la fase di assalto alle riserve è cominciata. Anche perchè, le previsioni economiche dell’Unione Europea si sono rivelate del tutto sballate [8] . La crescita è assai più debole del previsto, la competitività segna il passo e la stagnazione morde. La privatizzazione del sistema previdenziale o sanitario punta a “liberare” enormi capitali pubblici e privati da giocare nella competizione globale, per rafforzare l’area dell’Euro rispetto a quella del dollaro ed anche per finanziare progetti strategici cone il sistema satellitare “Galileo” o l’Esercito Europeo. Ma avere le risorse finanziarie da destinare a questo scopo significa sottrarle alla sfera sociale e ai salari. Non solo. Sono ormai in molti ad affermare che la ripresa della stagnante economia europea non può attendersi granchè – come in passato – dalla “ripresa americana” [9] . Al contrario, la ripresa americana, se ci sarà, avverrà a scapito di quella europea ed entrambe dovranno fare i conti con la variabile indipendente mondiale rappresentata dalla Cina.
L’Europa si “amerikanizza” nella competizione con gli USA
Ma l’idea di una Europa “progressista” non esce in frantumi solo nella sfera economico/sociale. Sul piano della politica internazionale, mentre in molti si sono trastullati sulle posizioni franco-tedesche contro la guerra in Iraq, l’Unione Europea ha sterzato sul piano reazionario in molte scelte significative. Su questioni come le sanzioni contro Cuba, la messa fuorilegge di Hamas, la situazione in Euskadi o l’Iran, nelle trattative con i paesi in via di sviluppo in sede di WTO, l’Unione Europea ha dato l’impressione di essersi “americanizzata” in proprio. Pur smarcandosi dalle posizioni americane o israeliane, l’UE ha assunto posizioni aggressive contro altri paesi ed altri popoli . In sostanza l’UE, pur con le sue contraddizioni interne, sembra convergere senza grossi intoppi quando comincia a parlare il linguaggio della “potenza globale”. Secondo Thierry de Montbrial “il rischio di una crisi transatlantica grave come quella irachena è minore nel breve più che nel medio termine…Gli americani rifiutano categoricamente il concetto di mondo multipolare in cui due componenti sono ai loro occhi inaccettabili”.
Quello dell’Unione Europea è un linguaggio reazionario che prelude ad un orizzonte niente affatto rassicurante, nè all’interno delle proprie società né verso gli altri popoli e paesi. Piccoli ma significativi segnali sono le proposte di non conteggiare l’aumento delle spese militari dei prossimi anni nei criteri del Patto di Stabilità e l’invio di una forza militare europea in Congo per “sperimentare” (per proprio conto e versus gli interessi americani in Africa) interventi nelle aree di crisi .
Domande pesanti…in attesa di risposte
Il patrimonio “progressista” dell’Europa sembra essersi esaurito alla fine degli anni ’80, alimentarne l’illusione potrebbe essere tragico per le forze della sinistra che agiscono nel quadro europeo.
Si pongono una serie di domande: dobbiamo accettare il rafforzamento dell’Unione Europea in nome di un riequilibrio dello strapotere USA? Può la politica dei governi europei agire diversamente? E’ possibile che la vittoria di una opzione riformista/progressista nelle istituzioni europee possa deviare significativamente da questa offensiva antipopolare e militarista che si delinea piuttosto chiaramente? Alla luce di quanto scritto nella Costituzione Europea, ma soprattutto del processo materiale e delle forze sociali che l’hanno determinata, dobbiamo rispondere di no. Non era possibile e difficilmente lo sarà senza una rottura sociale e politica profonda dell’egemonia e del processo che ha portato all’unificazione politica dell’Europa. Questa consapevolezza appare ancora irrisoria in gran parte della sinistra europea e troppo “leggera” nei movimenti antiliberisti che pure hanno rappresentato il massimo di radicalità possibile in questi ultimi anni. Una cosa è certa: il futuro non sarà un pranzo di gala!!
NOTE
[1] ↑ A. Touraine: “Questa Europa vuole contare di più”, Sole 24 Ore, 29 luglio 2003 ma indicativo in tal senso è anche l’articolo della rivista neoconservatrice americana “The Weekly Standard” pubblicato da Liberazione il 20 settembre. Visto da Washington, il processo di costituzione politica europeo appare assai più veloce e minaccioso della percezione che ne viene diffusa in Europa come di un processo ancora farraginoso e incompleto.
[2] ↑ S. Romano: Messaggio a Bruxelles”, Corriere della Sera, 15 settembre 2003. Lo stesso vertice a tre di Berlino, ha visto Francia e Germania imbrigliare le resistenze della Gran Bretagna sulla tabella di marcia europea.
[3] ↑ T.de Montbrial: “Stati Uniti contro la potenza Europa”, Le Monde 5 agosto 2003.
[4] ↑ R. Prodi: “Un’idea dell’Europa”, edizioni Il Mulino, 1999
[5] ↑ J. Habermass, J. Derrida in “Franfurter Allgemeine Zeitung”, 31 maggio 2003 ripubblicato da “La Repubblica” il 1 giugno
[6] ↑ I.M. Young: “Europa provincia del mondo”, Il Manifesto del 7 agosto 2003
[7] ↑ “Un’idea dell’Europa” p.79
[8] ↑ Negli IMPE (Indirizzi di massima per le politiche economiche) del 2002 e nella bozza 2002-2006 si affermava che “l’economia dell’Unione Europea fosse destinata progressivamente a consolidarsi per raggiungere un tasso di crescita prossimo o superiore a quello potenziale della metà del 2002, per poi proseguire nel 2003” (fonte: Alessandro Nocini “Le cause strutturali della crisi economica”, inserto de “La Rinascita” del 6 giugno 2003.
[9] ↑ Economisti come Mario Deaglio o Robert Solow hanno detto piuttosto chiaramente in questi mesi estivi che l’Europa non può fare affidamento su un eventuale ripresa economica statunitense.
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Immagine in evidenza: Las Vegas, NV
Autore: Kvnga, 8 agosto 2020
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