Fidel Vascós Gonzàlez * in Il bambino e l’acqua sporca (febbraio 2004)
Si può considerare che la teoria comunista ha origine dalla descrizione sociale che Platone ha esposto nella “Repubblica”. In quest’opera si delinea concettualmente, per la prima volta nella storia documentata, un’organizzazione sociale senza proprietà privata e con assoluta comunità dei beni. Per il carattere classista della visione del grande pensatore greco i rapporti comunisti erano limitati solo ai magistrati che dirigevano lo stato e ai guerrieri che garantivano la loro sicurezza. I contadini, che facevano parte del terzo stato nella concezione di Platone, erano condannati a vivere esclusi dal regime comunitario di proprietà e a dedicarsi unicamente a produrre il sostentamento materiale della società. Le idee presenti nella “Repubblica” furono riprese nel XVI secolo in “L’Utopia” di Tommaso Moro, e nella “Città del Sole”, di Tommaso Campanella.
Influirono anche su “La Nuova Atlantide”, di Francesco Bacone, e nel saggio comunista dei gesuiti del Paraguay scritto nel 1602. Anche i socialisti utopici del XIX secolo, tra i quali emergono Charles Fourier, Saint-Simon e Robert Owen, scelsero le idee comuniste esposte nella “Repubblica” e le svilupparono abbracciando tutta la società che concepivano senza classi che differenziassero l’essere umano. Gli utopisti di quell’epoca proponevano una società basata sulla bontà dell’uomo, che raggiungesse la sua maggiore espressione attraverso l’educazione e la formazione morale.
La loro insufficienza risiede nel fatto che non compresero le forze motrici della storia, né quindi quale fosse il gruppo sociale chiamato a trasformare il capitalismo sfruttatore nella nuova società, alla quale aspiravano. Nonostante ciò, l’apporto di questi pensatori non risiede solamente nella caratterizzazione dei rapporti solidali tra i membri delle comunità che descrissero, ma anche nel significato che seppero dare alla formazione etica e culturale della popolazione. Questo fattore soggettivo ha raggiunto attualmente una speciale rilevanza come parte integrante ed indispensabile del processo di costruzione della nuova società. Fu compito di Carlo Marx e Federico Engels formulare la teoria del socialismo scientifico basata sulla concezione materialista e dialettica della storia. Scoprirono nei rapporti economici la base di tutta la struttura sociale; nello sviluppo delle forze produttive il motore del progresso delle società; e nella classe operaia, la forza sociale chiamata a dirigere il cambiamento fino a raggiungere la società senza classi e senza sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Fu Marx a spiegare che non si giunge al comunismo immediatamente dopo la scomparsa del capitalismo, ma solo attraverso varie tappe che iniziano a partire da un periodo di transizione che continua con il socialismo, concepito come prima fase della società comunista. Il comunismo sarebbe l’ultima fase di questa società.
La storia del pensiero socialista e comunista dimostra, che queste idee hanno subito dei cambiamenti durante il tempo. Non si sono mantenute statiche dagli inizi della loro origine nella Grecia antica, ma si sono modificate in concomitanza con il contesto evolutivo storico. Le variazioni della concezione comunista non solo si sono svolte fino ai nostri giorni, ma attualmente si stanno trasformando, e si proiettano verso il futuro. In questo divenire, al XIX secolo corrisponde il momento in cui l’uomo inizia a comprendere il percorso per eliminare la sua alienazione dai mezzi di produzione e dai frutti del suo lavoro. È il secolo dell’elaborazione della teoria scientifica del socialismo, formulata da Marx e da Engels e messa, poi, in pratica nel XX secolo. In tal senso, la costruzione e lo sviluppo del socialismo è un fenomeno nuovo che è iniziato con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, in Russia. A partire da quel momento e per tutto il secolo, il socialismo si è esteso in Europa, Asia ed in America Latina, influendo decisivamente sul processo di decolonizzazione del cosiddetto Terzo Mondo e costituendosi in fattore principale di contesa per le pretese egemoniche, aggressive e intervenzioniste dell’imperialismo.
Queste vicende hanno potenziato le forze democratiche e rivoluzionarie nel mondo e hanno coadiuvato l’azione sempre più unitaria del campo socialista mondiale, la classe operaia dei paesi capitalistici sviluppati ed i popoli delle nazioni sottosviluppate del pianeta. I progressi così raggiunti nella lotta di classe hanno imposto all’imperialismo e alle forze reazionarie una sconfitta storica a favore delle cause popolari della democrazia, dell’indipendenza nazionale, della pace, della giustizia sociale, della rivoluzione e del socialismo. Bisogna evidenziare che queste trasformazioni non sono avvenute solo nell’ambito dell’economia e della politica, ma anche in quello culturale ed ideologico delle masse popolari, che ha coadiuvato, a sua volta, la collocazione delle idee rivoluzionarie e socialiste nel mondo.
L’essenza delle idee socialiste proclamate nel XIX secolo, è stata confermata nel XX, anche se lo sviluppo storico e l’esperienza pratica accumulata hanno modificato profondamente la teoria del socialismo elaborata nel secolo precedente. Il XX secolo è stato testimone anche, verso la sua conclusione, della sconfitta di una parte del campo socialista, con la disintegrazione dell’Unione Sovietica e con la scomparsa dei paesi socialisti dell’Europa Centrale e dell’Est; ciò ha costituito un duro colpo per il movimento rivoluzionario e socialista del mondo. La grandezza di questi eventi conferisce loro la categoria di cataclisma economico-sociale, iniziando così un periodo di riflusso delle idee rivoluzionarie e socialiste, con un corrispondente auge delle idee reazionarie e immobilizzanti.
Si è giunti fino a proclamare che la disintegrazione dell’URSS e la scomparsa dei paesi socialisti europei costituisce la prova più veritiera del fallimento del socialismo come teoria e come aspirazione alla costruzione di un regime sociale più umano e più giusto, dimenticandosi, tra gli altri fattori dei risultati che mostra il socialismo in Asia ed in America Latina, nei paesi che insieme raggiungono non meno del 23% della popolazione della terra. Le cause degli infausti rovesci avvenuti nel campo socialista europeo ancora non sono stati totalmente chiariti anche se si può anticipare che i fattori interni hanno pesato più di quelli esterni. In quest’analisi bisogna considerare non solamente gli aspetti economici, scientifico-tecnici, militari e politici ma anche le caratteristiche culturali e storiche del popolo russo che ha sofferto per secoli il giogo dello zarismo.
Agli inizi del XXI secolo, la teoria socialista è stata chiamata ad una nuova trasformazione così come successe cento anni prima. Una trasformazione che, confermando l’essenza del socialismo scientifico originale così come fu plasmato dai suoi fondatori, ne modifichi però gli aspetti che non si adeguano più alle condizioni storiche contemporanee.
I nuovi aspetti della concezione socialista non possono essere elaborati, se non attraverso un processo più o meno lungo in cui si profilino le idee in uno sviluppo consensuale tra i combattenti rivoluzionari, ed in cui tutti abbiano la possibilità di contribuire secondo le loro conoscenze e l’esperienza pratica accumulata. Tra le caratteristiche delle nuove condizioni storiche si evidenzia il processo di globalizzazione dell’economia mondiale, con l’espansione dei rapporti finanziari e di mercato all’intero pianeta; tutto ciò deve essere preso in considerazione al momento dell’elaborazione dei nuovi elementi che si propone il socialismo.
Nel nuovo secolo, bisogna trovare le vie per riprendere la costruzione socialista in un ambito internazionale differente rispetto a quello che esisteva precedentemente, considerando i successi e gli errori dei tentativi di costruire una società più giusta nel XX secolo e di fronte a un capitalismo che, anche se si è adattato alle alterazioni del divenire storico, ha portato al limite lo sviluppo delle sue contraddizioni interne. È necessario un disegno di un nuovo progetto storico, di un nuovo socialismo: il socialismo del XXI secolo, che riesca a risolvere le contraddizioni che affliggono la società contemporanea.
In quest’impegno, si deve riconoscere che nel corso degli arretramenti e dei progressi del socialismo durante il XX secolo, sono stati formulate idee e concetti e sono stati scoperti principi e leggi economiche e sociali di validità universale e particolare, insieme ai quali sono stati commessi errori e sono state registrate carenze che costituiscono lezioni ed esperienze negative da superare.
A sua volta, ci sono aspetti non completamente risolti nella teoria e nella pratica, che richiedono un lavoro creativo intenso per la loro definizione più precisa nelle nuove circostanze. Fra le questioni non completamente risolte è inclusa quella del sistema di direzione dell’economia socialista, sia nei suoi elementi concettuali che nella sua applicazione. Uno dei temi più discutibili è quello legato all’esistenza della produzione mercantile nel socialismo, al contenuto delle categorie mercantili, del luogo, del ruolo e delle funzioni degli aspetti monetario mercantili nella costruzione della nuova società e nei rapporti fra la pianificazione centrale ed il mercato come regolatori dell’economia.
Lo sviluppo delle concezioni riguardo la produzione mercantile nel socialismo non è stato facile, né ha seguito una linea retta. I progressi sono stati ottenuti attraverso retrocessioni parziali e deviazioni provvisorie. Nell’analisi di questo processo bisogna considerare che le leggi e le categorie economiche e sociali hanno carattere storico. Ciò significa che le loro essenze non si manifestano nella stessa forma in diverse epoche ed in luoghi differenti. Non esistono in senso assoluto, al di là del tempo e di uno spazio determinati. Per interpretare con certezza gli avvenimenti della società umana nel loro divenire, è necessaria l’applicazione di queste concezioni dialettiche sviluppate dai fondatori del marxismo-leninismo. Per decenni sono state formulate e sono state divulgate le più diverse concezioni sulla produzione mercantile e sulla legge del valore nel socialismo; dall’estremo di rifiutare 1’esistenza della produzione mercantile in questo regime sociale, fino all’altro estremo di assicurare che il socialismo non è altro che nuovo modo di produzione mercantile il cui motore di spinta è la spontaneità e l’automatismo nello sviluppo economico e sociale ed in cui le leggi del mercato e non la pianificazione centralizzata e cosciente, sono le uniche regolatrici dell’economia.
Si discute il luogo delle procedure e dei meccanismi economici nel sistema di direzione ed il loro rapporto con il fattore umano, soggettivo, con il lavoro politico ed ideologico nella formazione morale e del comportamento etico dell’uomo, nella nuova società alla quale si aspira.
Una delle conclusioni più importanti in questo campo, che può essere attinta dall’esperienza vissuta, consiste nel ratificare che il socialismo è il risultato di un atto cosciente della volontà del popolo lavoratore espressa nella direzione centralmente pianificata dell’economia. Nella costruzione e nello sviluppo del socialismo, un ruolo decisivo è giocato dal fattore soggettivo della direzione economica, che deve sostituire l’anarchia ed la spontaneità del mercato, caratteristiche proprie del capitalismo. A sua volta, non è possibile la costruzione del socialismo senza l’uso dei rapporti monetari-mercantili e delle loro categorie inerenti che debbono agire nell’ambito degli obiettivi strategici e sotto il controllo della pianificazione centrale.
Carlo Marx ha penetrato a fondo il contenuto dei rapporti mercantili, ha accolto la concezione, secondo cui la divisione sociale del lavoro è la condizione per 1’esistenza delle merci e la proprietà privata dei mezzi di produzione la causa dell’isolamento dei produttori, la causa della produzione mercantile nel capitalismo. Le origini dei rapporti mercantili risalgono al periodo della comunità gentilizia e raggiungono il più alto sviluppo nel regime capitalistico. Federico Engels sottolineò che la produzione mercantile può esistere senza proprietà privata dei mezzi di produzione, come accade nella comunità primitiva, e senza lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, secondo quanto si apprezza nel regime della piccola produzione mercantile. Tenendo conto di questa conclusione, si anticipa che, teoricamente, è possibile che nel socialismo – nella sua essenza un regime sociale senza proprietà privata dei mezzi di produzione e senza lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo – esistano i rapporti mercantili con un contenuto diverso da quelli del capitalismo.
Marx ed Engels affermavano che, una volta sostituito il capitalismo dalla società comunista, la produzione mercantile sarebbe scomparsa. Per il momento storico in cui vissero, non poterono esaurire le loro analisi riguardo i punti le forme e le fasi intermedie attraverso le quali si svolgerebbe l’estinzione dei rapporti mercantili. Per tale ragione, non erano in condizione di precisare che questi ultimi esisterebbero, con un nuovo contenuto, nel socialismo, nella prima fase o fase precedente della società comunista. Questa circostanza è stata determinante per il sorgere della tendenza che concepisce l’eliminazione del mercato e delle caratteristiche mercantili e monetarie dell’economia come un compito immediato nel socialismo.
Fu compito di Lenin, successivamente, gettare le basi per l’arricchimento della teoria marxista del valore e delle caratteristiche della produzione mercantile nel socialismo. Per il loro studio, le idee di Lenin possono essere riprese in varie fasi. La prima corrisponde al periodo precedente alla Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre del 1917. In essa, Lenin sviluppa la teoria marxista del valore e del ruolo del mercato e la applica alle condizioni della Russia di allora. In quanto alla concezione sulla produzione mercantile nel socialismo, in questa fase Lenin concorda esattamente con Marx ed Engels.
Si evidenzia l’approfondimento di Lenin riguardo il legame del mercato con lo sviluppo della divisione sociale del lavoro, così come il processo dialettico della trasformazione della piccola economia mercantile in economia capitalista. Fu dopo la Rivoluzione d’Ottobre che Lenin gettò le basi, con le sue nuove idee, per la teoria dei rapporti monetario-mercantili nel socialismo, sviluppando l’economia politica marxista. Durante i primi mesi di esistenza del potere sovietico Lenin comprese che non era possibile sopprimere immediatamente i sostegni economici che fino ad allora la borghesia aveva ostentato e consigliò di utilizzare i rapporti mercantili e finanziari per debilitare il potere economico borghese e per fortificare il potere politico del proletariato, recentemente conquistato. Il primo programma di costruzione del socialismo in Russia fu interrotto brutalmente dall’intervento straniero e dalla guerra civile, che determinò l’istaurarsi del cosiddetto “comunismo di guerra”, che obbligò ad una grande limitazione nell’uso dei rapporti e a una generalizzazione dei metodi amministrativi di direzione. Conclusasi la guerra, Lenin ammise la necessità di applicare i nuovi metodi economici per stimolare la produzione agricola e per fortificare l’alleanza operaia contadina, che è il fondamento del potere politico della Rivoluzione socialista.
Su questa base, elaborò ed applicò la Nuova Politica Economica (NEP), che introdusse la tassa nella specie, invece che l’ammasso forzato dei prodotti agricoli. Durante questo periodo Lenin affermò che in un paese come la Russia, con una grande massa di piccoli produttori privati nella campagna, la libertà di commercio che promuoveva la NEP avrebbe generato il capitalismo, ma che nelle condizioni di quei momenti ciò non era fatale per il socialismo, dimostrando che, in determinati periodi storici e, fino a quando il potere politico fosse nelle mani del proletariato, era possibile usare lo scambio mercantile e la libertà di commercio per fortificare l’economia e per progredire nella costruzione socialista. Nell’ultimo periodo della sua vita, dal 1921 fino alla sua morte il 21 di gennaio del 1924, Lenin diede i contributi principali che gettarono le basi per lo sviluppo delle concezioni riguardo l’uso dei rapporti monetario-mercantili nel periodo di transizione del capitalismo al socialismo e nella stessa economia socialista.
Prima di questo periodo, anche se Lenin affermò la necessità che lo Stato socialista utilizzasse a suo favore i rapporti monetario-mercantili, continuò a considerare questi rapporti come qualcosa di estraneo al socialismo, come una necessità imposta dalle vestigia del capitalismo. Il cambiamento definitivo di questo criterio si avverte nella definizione di Lenin riguardo al fatto che l’economia socialista si manifesta non soltanto nella proprietà statale ma anche nella proprietà collettiva delle cooperative. Con questa precisione si stabilisce che i rapporti mercantili e l’uso del denaro, che relazionano tra loro lo Stato proletario e le cooperative, avviene sulla base del settore socialista dell’economia, in cui non esiste né la proprietà privata sui mezzi di produzione né lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Il dibattito delle idee per il quale è stata formulata la conclusione che il “comunismo di guerra” doveva essere mutato nella Nuova Politica Economica (NEP), costituisce uno dei processi di maggiore ricchezza teorica e pratica attraverso cui è passato il paese dei Soviet. La sua importanza non ha significato soltanto per la Russia sovietica, ma anche per la concezione generale della costruzione del socialismo. Oltre a Lenin, altri dirigenti del Partito e dello Stato, così come alcuni accademici, hanno partecipato alle discussioni. Le loro concezioni riguardo il tema offrono un importante contesto di riferimento per precisare aspetti essenziali della costruzione economica del socialismo nei nostri giorni.
Dall’ottobre 1917 fino alla seconda metà del 1918, durante circa un anno, il governo sovietico contemplò un ampio uso dei sostegni economici delle Banche, del denaro e del credito; ma comprese che questo uso era provvisorio, perché questi rapporti monetario-mercantili utilizzati si identificavano con il capitalismo e si consideravano estranei alla natura del socialismo.
Dall’inizio dell’anno 1919, si istaurò la politica del “comunismo di guerra”, che si mantenne fino alla metà del 1921. In questo periodo si accentuò la negazione della possibilità dell’uso dei rapporti monetario-mercantili nell’economia socialista. Si stabilì come compito pratico l’eliminazione del denaro e del commercio, la loro sostituzione con lo scambio diretto dei prodotti e la costruzione immediata del comunismo, accelerando la transizione della fase socialista.
Durante questa fase, gli economisti sovietici cercarono di sostituire gli indicatori di valore con una nuova forma di registro economico e di contabilità. S. Strumilin ed E. Varga proposero di organizzare il registro diretto delle spese di lavoro in unità di tempo e non di denaro. Altri economisti stabilirono di applicare soltanto il registro in unità fisiche di produzione, senza considerare l’espressione delle spese di lavoro sociale né le unità di tempo. A partire da marzo del 1921, si applicò la Nuova Politica Economica, promossa da Lenin. L’importanza principale di questa fase consiste nel fatto che con essa si cominciano ad applicare più ampiamente i rapporti mercantili per la costruzione del socialismo e si iniziò a comprendere che nella stessa economia socialista esistono cause che determinano l’esistenza della produzione mercantile che non dipende esclusivamente dai rapporti capitalisti di produzione. Questo merito storico va riconosciuto a Lenin, il quale ha così gettato le basi per lo sviluppo successivo della teoria economica del socialismo.
La fase della NEP si estese fino agli inizi del 1930. Fra i dirigenti che durante quell’epoca trattarono l’argomento dell’uso dei rapporti mercantili nel socialismo, emergono Nikolai Bucharin, Leon Trockij ed Evgenij Preobrajensky. L’impegno di chiarire le loro idee, diventa difficile per la scarsità di letteratura a loro dedicata a questo proposito, e per le travisazioni, che da entrambi gli schieramenti politici, hanno subito le loro concezioni. Per tale ragione, in questo caso, non si pretende offrire al lettore le conclusioni rifinite e definitive su questo argomento, ma avvicinarsi ai distinti punti di vista nel dibattito, come uno stimolo per approfondire quest’aspetto così importante per l’istituzione del metodo corretto per la costruzione del socialismo, principalmente in paesi relativamente arretrati come la Russia di allora. In merito alle idee di Trockij sulla NEP, la versione ufficiale della storia del PCUS afferma che Trockij considerava i metodi del “comunismo di guerra” come l’unica possibilità della politica economica dello Stato proletario per la costruzione del socialismo non solo nel periodo della guerra civile, ma anche per il futuro in condizioni di sviluppo relativamente pacifico del paese dei Soviets. Con ciò si riafferma – falsamente – che Trockij era contrario alla NEP, e dunque all’uso del mercato nella costruzione del socialismo e a promuovere la partecipazione della massa contadina, in stretta alleanza con gli operai nella difesa e nello sviluppo della rivoluzione socialista. Tuttavia, lo stesso Trockij, nella sua Autobiografia, conclusa in Turchia nel 1929, dopo essere stato espulso dall’URSS dal regime di Stalin, rifiuta queste affermazioni ed assicura persine che un anno prima del X Congresso del Partito, in cui era stata approvata 1a NEP, egli (Trockij) aveva proposto al Comitato Centrale di cambiare i metodi del “comunismo di guerra” a vantaggio di un sistema che desse più spazio all’interesse materiale ed ai sostegni economici.
Nel febbraio del 1920, sempre secondo la sua Autobiografia, Trockij propone al Comitato Centrale del Partito che i metodi del “comunismo di guerra” si fossero esauriti e che fosse necessario introdurre l’interesse personale per ravvivare l’economia.
Il Comitato Centrale rifiutò la proposta di Trockij al IX Congresso del Partito, celebrato a Marzo-Aprile del 1920, che continuò ad essere un Congresso del “comunismo di guerra” [1].
Quando un anno dopo, il X Congresso del Partito abbandonò i metodi del “comunismo di guerra” ed approvò la Nuova Politica Economica, proposta da Lenin, ricevette il sostegno immediato di Trockij. Resta vero, tuttavia, che nelle sue concezioni economiche Trockij contrapponeva la programmazione al mercato; ciò è riflesso nel seguente frammento del testo della biografia di Trockij, scritta da Isaac Deutscher, riguardo ciò che fu discusso al XII Congresso del Partito: “con il tempo estenderemo la pianificazione a tutta la sfera del mercato, assorbendo ed abolendo quindi il mercato” [2]
Nel caso di Bucharin la storia delle sue idee riguardo la NEP è differente da quella di Trockij. Prima che Lenin affermasse la necessità di passare alla Nuova Politica Economica, Bucharin era completamente sostenitore del “comunismo di guerra” come metodo generale per la costruzione del socialismo. Dopo il X Congresso del Partito, Bucharin si dedicò completamente allo studio sulle cause del sorgere della NEP e del suo ruolo nella costruzione del socialismo nella Russia sovietica. Secondo AG.Lowy nel suo libro “Il comunismo di Bucharin”: “la scoperta principale di Bucharin – e la più discussa “si esprime nell’aspettativa che il socialismo totale si sviluppasse a partire dalla NEP, dalle sue leggi economiche” [3].
Gli studiosi dell’opera di Lowy non sono così categorici in questo criterio e stabiliscono che l’osservazione dell’autore del “Il comunismo di Bucharin”, non è dimostrata pienamente nel suo libro. Tuttavia, Lowy riproduce i frammenti dell’intervento di Bucharin al IV Congresso dell’Internazionale Comunista, nel 1922, nei quali avverte i pericoli del centralismo economico: “se il proletariato si impegna a prendere nelle sue mani troppe cose, ha bisogno di un apparato amministrativo gigantesco. Il tentativo di sostituire tutti i piccoli produttori con gli impiegati statali genera un apparato burocratico così gigantesco che i suoi costi sociali sono più seri di quelli causati dalla situazione anarchica propria degli stati dei piccoli produttori” [4].
Nel progetto di programma dell’Internazionale proposto da Bucharin al IV Congresso, è incluso il seguente testo “il proletariato vittorioso deve trovare la proporzione corretta fra le sfere della produzione che possono essere sottomesse a una direzione centralizzata e progettata; le altre sfere, messe nelle loro mani, significherebbero soltanto un’ostacolo. Queste ultime devono essere lasciate nelle mani dell’iniziativa privata” [5].
Il testo di Bucharin non fu incluso nel documento che si stava discutendo perché, realmente, il IV Congresso dell’Internazionale Comunista propose l’approvazione del programma. Nella storia del PCUS, alla fine degli anni 1920, è incluso l’apprezzamento dell’attività di Bucharin riguardo alla NEP: “le difficoltà della ristrutturazione socialista e l’inevitabile inasprimento della lotta di classe nel paese, come conseguenza dell’offensiva del socialismo, hanno causato esitazioni negli strati piccolo borghesi della popolazione. Ciò inoltre ha avuto le sue ripercussione nel partito: si è formato il gruppo dei patteggiatori della destra con Bucharin, Rykov e Tomski a capo. Bucharin aveva trasmesso già nel 1925 lo slogan “arricchitevi”. Questo slogan ha significato, in effetti, una politica di supporto alle proprietà dei kulaki nella campagna: “(…) appena il partito è passato all’offensiva decisa contro i kulaki, i leader di destra sono intervenuti apertamente contro la politica dell’industrializzazione socialista del paese e di collettivizzazione dell’agricoltura” [6]. Lo slogan “arricchitevi” Bucharin lo pronunciò il 17 aprile del 1925 nel teatro Bolshoi di Mosca in una riunione del partito, all’interno del seguente testo: “(…) La nostra politica nel campo deve tendere ad affievolire ed eliminare parzialmente le molte limitazioni che impediscono lo sviluppo delle proprietà dei contadini ricchi e kulaki. Dobbiamo dire ai contadini, a tutti i contadini: arricchitevi, sviluppate i vostri poderi, non temete che prenderemo misure coercitive contro di voi” [7]
Bucharin, successivamente, rettificò lo slogan spiegando che non si trattava di fortificare i kulaki ma di cogliere le molte limitazioni che impedivano lo sviluppo di tutti i contadini. Affermò che, realmente, non più del tre o quattro per cento dei contadini fossero kulaki e contadini ricchi, e che non ci sarebbe stato maggior pericolo che nello sviluppare le proprietà tipo fattorie nordamericane, conservando le adeguate proporzioni fra le diverse classi di contadini. Evgenij Preobrajensky espose le sue concezioni nel libro “La Nuova Economia”, pubblicato in Russia nel 1926. Questo lavoro costituì nella sua epoca, il tentativo più completo ed integrale di spiegare le trasformazioni nella teoria economica di Marx e le sue categorie sulla base delle esperienze pratiche, accumulate dal potere operaio e contadino durante i nove anni trascorsi in Russia dopo la Rivoluzione d’Ottobre.
Le idee principali della sua tesi girano intorno al nuovo concetto della legge dell’accumulazione socialista originaria e della sua lotta contro la legge del valore. Preobrajensky dà risalto al fatto che nel capitalismo governa in forma determinante la legge del valore; e che nell’economia di transizione al socialismo in Russia primeggia la legge dell’accumulazione socialista originaria.
In Russia, all’interno della cerchia ostile dei paesi capitalisti con 3 milioni di lavoratori dell’industria e 22 milioni di contadini privati nella loro economia interna, l’unica possibilità per ottenere la sopravvivenza del socialismo consisteva, secondo Preobrajensky, nel garantire l’accumulazione estesa accelerata dell’industria statale. Preobrajensky contrappone il programma statale socialista al mercato nell’economia nel periodo di transizione. Al riguardo afferma: “Noi opponiamo la produzione mercantile all’economia socialista pianificata, il mercato alla contabilità della società socialista, il valore ed il prezzo alle spese di lavoro della produzione, la merce al prodotto” [8]. Il trionfo di socialismo è visto da Preobrajensky come il trionfo dell’economia statale sull’economia privata in un processo il più accelerato possibile ed in un crescente conflitto fino alla sua conclusione: “(…) la forma socialista dell’economia non può esistere nell’ambito della produzione mercantile privata sulla base della coesistenza pacifica” [9].
Questo criterio induceva a concepire il superamento della NEP per mezzo di un processo rapido di crescente inasprimento della lotta di classe interna in Russia.
Una volta approvata e messa in marcia la NEP, il tema discusso fu se quest’ultima dovesse sparire per mezzo “di un’offensiva socialista” che in un tempo relativamente breve desse spazio ad una esclusiva economia statale e a metodi simili a quelli “del Comunismo di guerra”, o se la costruzione del socialismo dovesse realizzarsi attraverso un lungo processo di economia mista, sia statale che privata, in cui la legge del valore avesse un ruolo importante come regolatore dell’attività economica.
Trockij e Preobrajensky erano sostenitori della prima opzione, mentre Bucharin difese la seconda alternativa, anche se forse quest’ultimo non si rese conto con sufficiente chiarezza del pericolo che significava per la rivoluzione socialista 1’esistenza di una classe di potenti proprietari ricchi nella campagna. La conclusione di queste tre personalità delle scienze economiche e sociali fu tragica. Bucharin e Preobrajensky furono fucilati durante le repressioni staliniste degli anni 1930. Trockij fu assassinato nel 1940, a Città del Messico, presumibilmente per ordine di Stalin. D’altra parte, Lenin – e non solo lui – era convinto che “il Comunismo di guerra” costituisse una misura provvisoria imposta dalle condizioni particolari della guerra civile ed non il metodo necessario ed inevitabile per tutti i paesi che costruiscono il socialismo. Il metodo permanente e che si ripeterebbe come una necessità in tutti i paesi era quello che rifletteva la Nuova Politica Economica, che costituiva la continuazione, nelle nuove condizioni, dell’azzeccato programma di costruzione socialista approvato dal governo sovietico in aprile del 1918 e che contemplava l’uso dei sostegni economici del mercato, delle banche e del denaro per la lotta contro la borghesia. “Il Comunismo di guerra” fu una parentesi possibile, per le condizioni della Russia, nel percorso inevitabile dell’uso del mercato e degli apporti monetario-mercantili nella costruzione del socialismo. Lenin comprese che, con la fine della guerra, era necessario modificare i metodi di direzione ed introdurre, insieme a quelli amministrativi, nuovi metodi economici. La Nuova Politica Economica fu discussa ed approvata dalla maggioranza nel Congresso del Partito, nel marzo del 1921, e fu riaffermata nella X Conferì za di tutta la Russia, a maggio dello stesso anno.
Inoltre risulta consigliabile analizzare l’esperienza teorica e pratica accumulata durante il periodo di Stalin circa l’uso dei rapporti mercantili nel socialismo. La Costituzione Sovietica del 1936 dichiarò concluso, fondamentalmente, il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo in URSS.
Durante quegli anni si discusse molto il ruolo della produzione mercantile nel socialismo. Malgrado le interpretazioni differenti, riguardo questo tema, nei documenti ufficiali del PCUS e del governo sovietico, si riprende la linea del non rifiuto dell’uso dei rapporti mercantili nell’istituzione e nello sviluppo dell’economia socialista. Nel periodo successivo la morte di Lenin, e fino agli inizi della seconda guerra mondiale nel 1941, si sviluppò un processo in cui, da una parte, si rafforzò l’uso dei rapporti monetario-mercantili nel socialismo, mentre, d’altra parte, si svilupparono anche le misure e le concezioni che debilitarono l’accettazione della produzione mercantile nel socialismo e sfiguravano la loro applicazione corretta.
Le decisioni prese nel XVII Congresso del PCUS, celebrato nel 1934, promossero la delucidazione di queste concezioni in senso corretto. Nel Congresso si criticò l’idea di sopprimere il commercio ed il denaro nella fase socialista, e si sottolineò che l’attività economica principale del momento era la lotta per l’applicazione del calcolo economico in tutti gli anelli dell’economia nazionale per il rafforzamento della disciplina finanziaria e di pianificazione dei rapporti economici tra la città e la campagna. Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale si svolse un’intensa discussione riguardo l’attuazione della legge del valore nel socialismo. L’approfondimento, in quest’analisi, fu interrotto dall’aggressione militare della Germania fascista, a giugno del 1941. Tuttavia, gli studi teorici a questo proposito non furono soppressi completamente e nel 1943 si proclamò per la prima volta, in un articolo della rivista teorica del Partito, che la legge del valore si attua nel socialismo, ma in un senso trasformato. Questa concezione rappresentava un progresso, in quanto risaltava che la legge del valore esiste anche nel socialismo; ma, a sua volta, mostrava un elemento debole in quanto considerava implicitamente che l’azione della legge del valore nel suo regime sociale era soltanto un’eredità del capitalismo, senza una base obiettiva nell’economia socialista. Nel mondo accademico dell’URSS si assicurava che quest’articolo esponeva le concezioni di Stalin riguardo al tema e che la sua edizione era stata rivista, ed approvata personalmente da lui, anche se la rivista non registra quest’affermazione. Nel 1951 venne approvato il manuale d’economia politica che incluse, come aspetto innovativo, un capitolo indipendente per l’economia politica del socialismo. Nel manuale fu tralasciato il concetto riguardo il fatto che la legge del valore nel socialismo era stata trasformata, ma fu approfondita invece la natura delle categorie mercantili ed il loro uso nel socialismo. Le idee di Stalin in merito alla produzione mercantile nel socialismo, pubblicate a marzo del 1952, riassumono i progressi raggiunti e le limitazioni delle concezioni di quel momento. Nella sua essenza, Stalin criticò coloro che negavano il carattere obiettivo delle leggi economiche nel socialismo e sottolineò che i rapporti mercantili avevano una base nel proprio regime socialista.
Tuttavia, Stalin vincolò questa base soltanto alle differenze tra le due forme di proprietà dei mezzi di produzione nel socialismo: quella statale, di tutto il popolo; e quella cooperativo-kolkosiana.
Quindi, Stalin non accettava il carattere mercantile della produzione all’interno della proprietà statale dei mezzi di produzione. Le concezioni di Stalin, circa il mercato e la progettazione nel socialismo, hanno dominato il pensiero economico ufficiale dei paesi socialisti fino agli anni 1960.
Le nuove definizioni, su questi oggetti, furono affermate dal XXII Congresso del PCUS, nel 1961.
A sua volta, contributi significativi alla teoria dell’uso del mercato del socialismo furono dati dal I Congresso del Partito Comunista di Cuba (PCC), nel 1975; e dal XIV Congresso Nazionale del Partito Comunista della Cina (PCCh), nel 1992. Nel XXII Congresso del PCUS fu approvato il terzo programma del Partito. Lo sviluppo successivo degli eventi in URSS, principalmente la sua disintegrazione a dicembre del 1991, dimostrarono sia la inconsistenza del processo, che gli errori commessi nelle stesse idee incluse nel documento. Forse la concezione più erronea, pronunciata nel programma, consistette nel prefissare come obiettivo immediato la costruzione del comunismo.
Si pretese di descrivere nei dettagli le caratteristiche del comunismo e. per ottenerlo, si incluse un organigramma dei compiti in due fasi. Nella prima fase, dal 1961 al 1970, l’URSS avrebbe superato gli Stati Uniti d’America nella produzione pro capite; sarebbero state risolte, fondamentalmente, le necessità di alloggio della popolazione; il lavoro fisico gravoso sarebbe sparito; si sarebbe stabilito in URSS il giorno lavorativo più corto del mondo.
La seconda fase si sarebbe conclusa nel 1980. Durante quell’anno si sarebbe raggiunta l’abbondanza dei beni materiali e culturali, e la società sovietica avrebbe potuto accedere all’applicazione del principio di distribuzione secondo le necessità. Nel programma si stabilì che nel 1980, in URSS, si sarebbe costruita fondamentalmente la società comunista. Malgrado queste ed altre concezioni sbagliate incluse nel programma, non tutte le idee in esso affermate devono essere considerate errate.
Nonostante la battuta d’arresto teorica e pratica che significa la scomparsa dell’Unione Sovietica e di tutto il campo socialista europeo, la lotta di questi popoli per costruire una società più giusta ha accumulato esperienza, tanto in positivo che in negativo, e non può essere rifiutata. Fra le concezioni positive incluse nel Terzo Programma, e che devono essere prese in considerazione, emerge l’idea, riflessa per la prima volta in un documento ufficiale del Partito, che i rapporti monetario-mercantili hanno un nuovo contenuto nel socialismo. Questo criterio sorpassa le limitazioni teoriche che fino a quel momento erano esistite sulla natura della produzione mercantile nel socialismo e si concettualizzano questi rapporti, non come qualcosa di estraneo al socialismo, né come un’eredità del capitalismo, ma come una categoria che ha le sue cause all’interno del regime socialista. Il Programma stabilisce che nella costruzione del comunismo si devono utilizzare ampiamente le categorie mercantili. “(…) Nella costruzione del comunismo – si dice nel programma – è necessario utilizzare completamente i rapporti mercantili monetari in corrispondenza con il suo nuovo contenuto, presente nel periodo del socialismo. Un grande ruolo in questo lo gioca l’applicazione di tali strumenti dello Sviluppo dell’economia come il calcolo economico, il denaro, il prezzo, il costo di produzione, il guadagno, il commercio, il credito, le finanze” [10]
L’esperienza nella costruzione del socialismo a Cuba durante i primi quindici anni della Rivoluzione fu esaurientemente analizzata nel Primo Congresso del PCC, effettuato nel 1975.
In questo grande evento si evidenziò l’esistenza obiettiva della legge del valore e le sue categorie economiche nel socialismo e, a sua volta, si ammonì circa il pericolo rappresentato da una sopravvalutazione dell’uso dei rapporti monetario-mercantili nella costruzione del socialismo. Si evidenziò che nella lotta per creare la nuova società, gioca un ruolo primordiale il fattore morale, la coscienza socialista e l’educazione ideologica del popolo, promossa da un prestabilito lavoro politico e rivoluzionario fra le masse.
Nella presentazione del Rapporto Centrale al Congresso, il Primo Segretario del Partito, Fidel Castro Ruz, ammonì che l’applicazione del Sistema non avrebbe risolto automaticamente tutti i problemi dell’economia cubana e che nella costruzione del socialismo avrebbe avuto un ruolo decisivo il lavoro politico ed ideologico e Io stimolo morale tra masse.
In merito a ciò, Castro ha sottolineato: “Questi sono meccanismi da provare per migliorare l’efficienza, determinati meccanismi di stimolo che contribuiscono a quell’obiettivo, ma non possiamo pensare nemmeno un secondo che quei meccanismi risolvine tutti i problemi; in nessuna maniera ciò significa la riduzione del ruolo del Partito, del ruolo dello Stato nella direzione di quelle attività, e nemmeno del ruolo dell’educazione politica e della formazione ideologica fra le masse” [11]
La costruzione del socialismo in Cina inoltre apporta elementi essenziali per la formulazione della teoria della produzione mercantile nel nuovo regime sociale. È nel XIV Congresso Nazionale del PCCh in cui si realizza il contributo teorico principale della Cina in quanto alla produzione mercantile nel socialismo. In questo Congresso, realizzato nel 1992, prendono forma le concezioni anticipate da Deng Xiaoping nella sua visita di controllo, nel sud della Cina, effettuata all’inizio di quello stesso anno. Nel Rapporto Centrale, presentato al Congresso, si afferma testualmente: “… nelle sue importanti osservazioni fatte all’inizio del presente anno, il compagno Deng Xiaoping ha segnalato, ancora con maggior chiarezza, che l’economia pianificata non è sinonimo del socialismo, in quanto anche nel capitalismo esiste la pianificazione e che nemmeno l’economia di mercato è sinonimo del capitalismo giacché anche nel socialismo esiste il mercato. Tanto la pianificazione quanto il mercato non sono altro che meccanismi economici. Ciò che possiede un poco più di pianificazione o un poco più mercato, non è l’elemento che distingue essenzialmente il socialismo dal capitalismo” [12]
In questa idea di Deng Xiaoping è sorpassata la contraddizione presunta fra la pianificazione ed il mercato; la suddetta concezione ha fatto scontrare gli economisti socialisti per molto tempo. Si apre così la possibilità teorica che il socialismo assimili, nel suo sistema di direzione economica, sia la pianificazione, sia il mercato come regolatori dell’economia. Ora, si tratta di precisare quali siano rapporti che devono avere questi meccanismi, nella loro combinazione all’interno del sistema socialista di direzione, e non contrapporre l’uno all’altro.
La pianificazione ed il mercato costituiscono elementi propri del contenuto socialista della direzione dell’economia e, pertanto, non è necessario rifiutare nessuno di essi. La pianificazione ed il mercato non sono categorie opposte che appartengono, ognuna di esse separatamente, a regimi socio-economici differenti; non sono categorie economiche antagoniste, né necessariamente sono legate ad un determinato regime sociale, ma costituiscono meccanismi economici che possono essere utilizzati nella direzione dell’economia, tanto nel capitalismo quanto nel socialismo.
Questo breve riassunto del processo storico, in cui si è formata la teoria dell’uso del mercato nel socialismo, ci aiuta a cercare di argomentare teoricamente 1’esistenza della produzione mercantile tanto nel socialismo, quanto nella fase di transizione verso quel nuovo regime sociale. La causa più profonda dell’esistenza della produzione mercantile nel socialismo consiste nella mancanza di maturazione dei rapporti comunisti di produzione, di un livello relativamente basso di sviluppo delle forze produttive e della generalizzazione insufficiente della coscienza rivoluzionaria, della cultura, dello spirito solidale e dell’educazione etica, politica ed ideologica fra le masse, che si manifesta nel grado incompleto di socializzazione della proprietà sociale, dei mezzi di produzione e del lavoro. Tutto ciò determina che, nel socialismo la misura del lavoro e la misura del consumo continuino ad essere ponderate per mezzo di una via indiretta: il valore.
Nel mondo di oggi, agli inizi del XXI secolo, esistono anche fattori internazionali che contribuiscono all’esistenza dei rapporti mercantili nei paesi che adottano il percorso del socialismo. La globalizzazione mondiale si sviluppa secondo i modelli dell’economia di mercato capitalista, promossa dai più ricchi e potenti paesi imperialisti e dalle imprese transnazionali.
Ciò influisce sulle nazioni che decidono di costruire una nuova società, che, al momento di collegarsi all’economia internazionale, trasferiscono al loro interno i rapporti mercantili esterni e riflettono nella loro propria economia le manifestazioni internazionali della legge del valore. È necessario sottolineare che i rapporti mercantili nel socialismo esistono su una nuova base e con un nuovo contenuto che li differenzia sostanzialmente dai rapporti mercantili del capitalismo.
Fra queste differenze è incluso il fatto che quelli del capitalismo avvengono spontaneamente nel mezzo dell’anarchia della produzione, della distribuzione, del cambiamento e del consumo, mentre quelli del socialismo sono usati coscientemente dallo Stato nel sistema di pianificazione centralizzata dell’economia, in cui gli obiettivi da raggiungere, nello sviluppo sociale, sono fissati precedentemente dall’uomo secondo i suoi interessi e le possibilità reali che offre la società e la natura. L’estinzione della produzione mercantile avviene per mezzo del suo utilizzo nella fase socialista. La dialettica ci spiega questo processo contraddittorio, in quanto nella misura in cui si utilizzano adeguatamente rapporti monetario-mercantili nel socialismo, si creano le condizioni per la loro futura estinzione, che non avviene direttamente, ma come risultato della maturazione progressiva dei rapporti comunisti di produzione, di uno sviluppo elevato delle forze produttive e della generalizzazione della coscienza comunista fra le masse.
Nella creazione della società comunista, vicino allo sviluppo della base materiale e tecnica, è decisiva la formazione dell’uomo nuovo, “lo sviluppo degli individui in tutti i loro aspetti” – come precisò Marx. Il comunismo esige uomini e donne con un’alta coscienza dello spirito collettivo e solidale, dell’aiuto reciproco e dell’internazionalismo, senza le caratteristiche dell’individualismo e dello sciovinismo che la proprietà privata capitalista genera sui mezzi di produzione.
Quest’obiettivo è ottenuto non solo con un livello elevato delle forze produttive e dello sviluppo dei rapporti sociali di produzione, né con fazione spontanea dei meccanismi economici di direzione, ma è necessario attuare un intenso lavoro educativo, culturale, politico ed ideologico fra le masse, che le educhi ai nuovi sentimenti della solidarietà umana. Questi sentimenti e comportamenti che caratterizzano l’uomo della fase finale della società comunista, cominciano a manifestarsi nella fase socialista di questa società; i suddetti comportamenti devono essere stimolati e sviluppati in forma permanente e cosciente.
Parlando dell’importanza del fattore soggettivo e del suo legame con lo sviluppo delle forze produttive nella costruzione della società comunista, il Cr mandante Ernesto “Che” Guevara sottolineò giustamente: “Noi non concepì, mo il Comunismo come la somma meccanica dei beni di consumo di una de terminata società, ma come il risultato di un atto cosciente; da qui l’importanza dell’educazione e, pertanto, del lavoro sulla coscienza degli individui nell’ambito di una società nel pieno sviluppo materiale” [13]
Per argomentare l’esistenza della produzione mercantile nel socialismo, abbiamo applicato il metodo dell’astrazione, usato da Marx nel “Il Capitale”, che consiste nell’afferrare l’essenza del fenomeno studiato e nell’esporre il suo contenuto generale; ciò determina che non si consideri un caso particolare, le cui manifestazioni concrete possono variare rispetto alla generalizzazione astratta a cui si è arrivati nell’analisi, senza che per tal ragione lo contraddica. Inoltre, ci siamo basati sulla concezione di Marx per raggiungere il comunismo, che concepisce due fasi intermedie per il suo raggiungimento. In primo luogo, un periodo di transizione dal capitalismo al socialismo e, successivamente, il socialismo come fase inferiore della società comunista. Nella sua analisi dell’esistenza della produzione mercantile nel capitalismo, Marx distingue, da un lato, le condizioni che si presentano per questa esistenza e, dall’altro, le cause di questa esistenza. Marx vede nella divisione sociale del lavoro la condizione affinché esistano i rapporti mercantili fra i produttori. Questa condizione non scompare con l’eliminazione del capitalismo come regime sociale ma. la divisione sociale del lavoro, continua ad essere presente nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo e nel socialismo, e si estinguerà solo in una tappa molto avanzata della fase superiore della società comunista, presumibilmente quando questa si sia diffusa su scala mondiale. Le forme socio-economiche della divisione sociale del lavoro, nel socialismo, riflettono un grado insufficiente di socializzazione della produzione e dei mezzi di produzione, che continuano a costituire la base dei rapporti indiretti fra i produttori per mezzo dello scambio delle merci.
A sua volta, la divisione sociale del lavoro include una funzione tecnica legata al livello raggiunto nello sviluppo delle forze produttive. Nello stadio dello sviluppo attuale, questo elemento tecnico della divisione sociale del lavoro determina la molteplicità di differenti tipi di lavori sia manuali che intellettuali che richiedono, per il confronto fra loro, un’omogeneizzazione per via indiretta, costituita dal valore delle merci. Fra i fattori che influenzeranno la scomparsa definitiva della divisione sociale del lavoro e, con essa, della necessità di misurare e confrontare indirettamente i prodotti per mezzo del valore, è inclusa la materializzazione generalizzata di un solo tipo di lavoro dal punto di vista tecnologico, che non si differenzi dagli altri lavori simultaneamente esistenti né dalla procedura di lavoro, né dalle forme di agire dell’uomo.
Solo in queste condizioni di uguaglianza tecnica fra tutte le forme del lavoro, potrà scomparire la divisione sociale del lavoro. Si comprende che, per raggiungere questo livello di sviluppo delle forze produttive, dovrà passare molto tempo e che non è possibile prevedere, da oggi, le fasi intermedie che si succederanno. Inoltre, non è neppure facile predire le direzioni nelle quali queste trasformazioni tecnologiche e di lavoro avverranno. Tuttavia, è possibile anticipare che questo sviluppo futuro è intimamente legato, tra altri fattori, ai progressi e all’applicazione del calcolo elettronico e delle telecomunicazioni nelle distinte sfere della vita sociale ed individuale, che condurrà alla totale informatizzazione della società. Lo sviluppo tecnico e delle applicazioni della microelettronica, dei computer e delle telecomunicazioni, potrebbero integrare il lavoro degli uomini in modo che il lavoro umano si converta in un solo tipo di attività: l’analisi del sistema e la programmazione corrispondente delle mansioni dei computer per mezzo delle quali si controllino e si regolino le attività produttive.
La produzione dei beni e dei servizi saranno realizzate dalle macchine automatiche e dai robot programmabili. Questo cambiamento tecnologico della produzione può essere la chiave per l’eliminazione della divisione sociale del lavoro e l’istituzione di un solo tipo di lavoro, uguale per tutti li uomini che partecipano al processo produttivo. L’attività dell’uomo in queste condizioni non deve essere intesa nel senso di spingere i bottoni, sullo stile abbrutito della produzione di serie introdotta dal capitalismo, ma come l’azione intelligente e creativa dell’essere umano nel dominio della scienza e della tecnica e delle sue applicazioni per il costante benessere materiale e spirituale di tutti i membri della società.
Malgrado queste considerazioni che le forme adottate dalla scomparsa della divisione sociale del lavoro, non possono essere predeterminate già da ora. Nel metodo di Marx, si può anche precisare la causa dell’esistenza della produzione mercantile. Marx afferma che questa causa, nel capitalismo, è la proprietà privata sui mezzi di produzione, che isola i produttori tra di loro. Il totale dominio e l’influenza sociale della proprietà privata sui mezzi di produzione andrà scomparendo con l’eliminazione del capitalismo.
Diventa necessario, allora, definire qual’è la causa dell’esistenza dei rap porti mercantili nel periodo della transizione dal capitalismo al socialismo e, principalmente, nel proprio regime socialista.
L’esistenza della produzione mercantile nel periodo della transizione dal capitalismo al socialismo, è associata alla pluralità dei tipi di economie sociali. Lenin spiegò che nel periodo della transizione esistevano molti tipi di economie sociali. Queste multiple condizioni economiche generano importanti differenze sociali, che si traducono in differenti classi sociali nel periodo di transizione. Non è casuale, quindi, il rapporto diverso della proprietà di queste classi sociali con i mezzi di produzione e, per tale ragione, anche il loro differente rapporto con il processo di produzione, distribuzione, cambiamento e consumo. Nel suo articolo “L’economia e la politica ai tempi della dittatura del proletariato”, scritto ad ottobre del 1919, Lenin spiegò che, in questo periodo, le “forme basiche dell’economia sociale sono: il capitalismo, la piccola produzione mercantile ed il comunismo. E le forze basiche sono: la borghesia, la piccola borghesia (specialmente i contadini) ed il proletariato” [14].
A sua volta, chiarì che oltre a questi tipi di economia sociale, in alcuni paesi, come la Russia, potrebbero esisterne altre, enumerando l’economia patriarcale ed il capitalismo di Stato. Queste idee di Lenin spiegano il contenuto dei rapporti mercantili del socialismo.
In questo momento, esistono simultaneamente tre tipi di rapporti mercantili, differenti per il loro contenuto anche se simili nella loro forma, che hanno il loro sviluppo massimo in epoche storiche differenti. Questi tre tipi sono i seguenti: i rapporti mercantili della piccola produzione mercantile, i rapporti mercantili del capitalismo: ed i rapporti mercantili del socialismo.
Il primo tipo, si caratterizza in quanto esiste sulla base della proprietà privata sui mezzi di produzione e con assenza dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. I rapporti mercantili del capitalismo si basano sulla proprietà privata sui mezzi di produzione ed, inoltre, sull’esistenza dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il tipo di rapporti mercantili del socialismo si caratterizza per l’assenza della proprietà privata sui mezzi di produzione e l’inesistenza dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, avendo luogo sulla base della proprietà sociale socialista sui mezzi di produzione. Ognuno di questi tipi di rapporti mercantili nel periodo di transizione segue una dialettica distinta nel suo sviluppo.
Come tendenza, i rapporti mercantili di tipo capitalista si riducono bruscamente in questo periodo e permettono di rivestire il ruolo principale nella società. Anche i rapporti mercantili del tipo della piccola produzione mercantile si riducono, ma in forma graduale. I rapporti mercantili del socialismo, propri delle aziende e di altre entità statali, così come delle cooperative di tipo socialista, non si riducono in questo periodo, ma al contrario sorgono e si sviluppano nel socialismo per estinguersi nella fase finale della società comunista. Tenendo ciò in considerazione, la spiegazione delle cause dell’esistenza dei rapporti monetario-mercantili nel socialismo, si concentra nell’argomentazione di questa esistenza delle condizioni della proprietà sociale sui mezzi di produzione e dell’assenza del sfruttamento dell’uomo sull’uomo. In questo senso si deve sottolineare che fra il capitalismo e la fase finale della società comunista, può essere distinto un periodo di estinzione dei rapporti mercantili che ha due fasi. La prima fase passa durante il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo ed è caratterizzata, come già abbiamo accennato dall’esistenza di parecchi tipi di rapporti mercantili. La seconda fase del periodo di estinzione dei rapporti mercantili avviene durante la prima fase della società comunista, cioè, durante il socialismo.
In questa fase, i rapporti mercantili di contenuto socialista si sviluppano per estinguersi nella fase finale della società comunista. Le peculiarità del socialismo danno, a questo regime sociale, un certo carattere di transizione fra il capitalismo ed il comunismo, che contrassegna il contenuto e la forma di una serie i fatti e fenomeni nell’economia e nella società. La prima fase della società comunista non sorge sulla propria base, ma a partire dalla formazione economico-sociale precedente: il capitalismo. A sua volta, la missione del socialismo consiste nel creare le nuove basi tecniche e spirituali che richiede il Comunismo nel suo pieno sviluppo. Marx, nel suo “Critica al Programma di Gotha”, caratterizzando il socialismo, esprime: “Ciò di cui si tratta non è una società comunista che si è sviluppata sulla sua propria base, ma di una che è appena uscita precisamente dalla società capitalista e che, quindi, presenta ancora in tutti i suoi aspetti, in quello economico, in quello morale ed intellettuale, il timbro della vecchia società, dalle cui viscere proviene”.
E più avanti sottolinea: “ma questi difetti sono inevitabili nella prima fase della società comunista, così come nasce dalla società capitalista dopo v lungo e doloroso parto. Il diritto non può mai essere superiore alla strutti economica né allo sviluppo culturale della società da essa condizionai “Nella fase finale della società comunista, quando sia scomparsa la subordinazione schiavista degli individui nella divisione del lavoro e con essa, l’opposizione fra il lavoro intellettuale ed il lavoro manuale; quando il lavoro non sia soltanto un modo di vita, ma la prima necessità vitale; quando, con lo sviluppo degli individui in tutti i loro aspetti crescano anche le forze produttive e scorrano a getto continuo le sorgenti della ricchezza collettiva, solo allora si potrà eccedere completamente al limitato orizzonte del diritto borghese e la società potrà scrivere sulla sua bandiera: a ognuno, secondo la sua capacità; ad ognuno, secondo le sue necessità!”. [15]
Il socialismo, con tutti i suoi immensi vantaggi sul capitalismo, non raggiunge ancora i benefici della fase finale della società comunista. Questo contesto storico in cui il socialismo si sviluppa, è quello che determina il livello relativamente basso di sviluppo delle forze produttive, il basso grado di maturazione dei rapporti comunisti di produzione e l’insufficiente generalizzazione della coscienza sociale fra i lavoratori. Durante tutto il periodo che va dal capitalismo alla fase finale della società comunista, si eleva il livello delle forze produttive e si sviluppa un processo di maturazione del carattere comunista dei rapporti di produzione. Questo processo sperimenta un cambiamento qualitativo, rimanendo in piedi le basi del socialismo, con il quale termina il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. Successivamente continua il processo di sviluppo dei rapporti socialisti di produzione, ma già su un piano superiore, fino a convertirsi gradualmente, in rapporti comunisti di produzione. Il processo di maturazione dei rapporti comunisti di produzione si manifesta in una serie di aspetti sulla base dei quali sorge la necessità obiettiva dell’esistenza ed dell’uso dei rapporti monetario mercantili nel socialismo. In primo luogo dobbiamo distinguere le forme diverse di proprietà. Nel settore socialista dell’economia esiste un solo tipo di proprietà sui mezzi di produzione, che si esprime in tre forme: la proprietà statale, di tutto il popolo; la proprietà delle cooperative socialiste; e la proprietà collettiva dei sindacati le unioni di professionisti e di altre associazioni. Inoltre, nel socialismo esiste la proprietà personale, individuale, sui beni di consumo. Allo stesso tempo, potrebbe presentarsi un’eccedenza di piccola proprietà privata mercantile, anche con caratteristiche capitaliste, cioè con lo sfruttamento del lavoro estraneo.
Tutte queste forme di proprietà si relazionano l’un l’altra, e determinano che lo scambio dei prodotti acquisiscano forma di merce, e si confrontino l’un l’altro sulla base della legge del valore e per mezzo dei rapporti monetariomercantili. Nel socialismo, ancora all’interno del settore statale dell’economia, i lavori non possono essere misurati direttamente in unità di tempo. La divisione sociale del lavoro, che continua ad essere presente nel socialismo, determina l’esistenza di tipi diversi di lavoro; semplice e complesso. Il confronto di questi lavori differenti e dei loro risultati materializzati nei prodotti, rende necessario che siano tradotti ad un denominatore comune che permetta indirettamente questo confronto in unità di misura uguali. Questo denominatore comune è il valore, che genera fuso dei rapporti monetario-mercantili. Anche se nel settore statale esiste la proprietà di tutto il popolo, il suo esercizio non è omogeneo e si manifestano le caratteristiche della relativa autonomia delle aziende statali. Questa relativa autonomia avviene sulla base della divisione sociale del lavoro e dell’autogestione delle aziende all’interno del programma centralizzato statale dell’economia.
Ciò determina che in questa fase i rapporti fra le aziende statali acquisiscano le caratteristiche dei rapporti mercantili. D’altra parte, il livello di sviluppo delle forze produttive nella fase socialista non è sufficiente per garantire a tutti i cittadini, la soddisfazione delle loro crescenti necessità materiali e spirituali. In ciò risiede la base obiettiva dell’esistenza dello stimolo materiale nel socialismo, in maniera che colui che lavora di più per la società, riceva di più dalla società.
Il principio socialista della distribuzione secondo il lavoro è intimamente legato al livello delle sviluppo delle forze produttive. Nella necessità della distribuzione secondo il lavoro nel socialismo e nell’esistenza dello stimolo materiale dei lavoratori in questa fase, influenza il fatto che la coscienza sociale emerga e si sviluppi sulla base materiale della società, ma nel socialismo ciò non accade spontaneamente, ma per mezzo di un lavoro educativo intenso e di formazione culturale, morale ed etica diretta coscientemente. Questa coscienza sociale si sviluppa nella forma stratificata fra i lavoratori. Ciò significa che tutti i lavoratori non hanno, contemporaneamente, lo stesso livello di coscienza sociale ed esiste una gamma di diverse gradazioni in questa coscienza. Lo sviluppo insufficiente delle forze produttive e della coscienza sociale nel socialismo determina la necessità dello stimolo materiale dei lavoratori e la necessità di confrontare l’un l’altro i risultati del lavoro e con le norme stabilite di premiazione e di punizione, che richiedono anche l’uso del denaro, come mezzo di distribuzione e dei rapporti monetario-mercantili per ottenere tale confronto, quantificando omogeneamente la misura del lavoro e la misura del consumo. Inoltre dobbiamo distinguere, su scala mondiale, 1’esistenza dei paesi socialisti e dei paesi capitalisti così come le loro interrelazioni economiche e commerciali.
Il mondo del capitalista oggi esistente si muove, essendo capitalista, sulla base di leggi economiche spontanee, fra cui si evidenzia la legge del valore. Queste leggi ed i risultati della loro azione si manifestano nell’economia internazionale attraverso il mercato in tutto il mondo dei beni, dei servizi del lavoro e del capitale, coadiuvando la necessità dell’esistenza dei rapporti monetario-mercantili nei paesi che costruiscono la nuova società. L’influenza economica dei paesi capitalisti su quelli socialisti è stata incrementata dopo la disintegrazione dell’URSS e la scomparsa “del socialismo reale” in Europa Centrale e dell’Est; ciò si è manifestato non soltanto nel commercio mondiale, ma anche nei rapporti finanziari internazionali e negli investimenti stranieri. I rapporti mercantili nel socialismo esistono su una nuova base, e con un nuovo contenuto, che li differenzia sostanzialmente dai rapporti mercantili del capitalismo.
Le differenze principali sono quelle seguenti:
- i rapporti mercantili del socialismo sono basati sulla proprietà sociale sui mezzi di produzione; quelli del capitalismo, nella proprietà privata su questi mezzi;
- i rapporti mercantili del socialismo esistono con l’assenza dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo; quelli del capitalismo perseguono questo sfruttamento per mezzo del lavoro con salario;
- i rapporti mercantili del socialismo sono usati coscientemente dallo stato socialista nel sistema di pianificazione centralizzata dell’economia; quelli del capitalismo, come tendenza, avvengono spontaneamente nel mezzo dell’anarchia della produzione, della distribuzione, del cambiamento e del consumo;
- nel socialismo, il valore d’uso della merce acquista un significato di prima importanza; nel capitalismo, l’aumento del valore è l’unico obiettivo della produzione, indipendentemente dal valore d’uso in cui si attuata;
- nel socialismo, il carattere mercantile della forza di lavoro, la terra e le costruzioni destinate alla produzione sono molto limitati e l’obiettivo primario del denaro non è più quello di divenire capitale, nel capitalismo tutto è merce, persino la forza lavoro, e nelle mani del capitalista, l’obiettivo del denaro è diventare capitale;
- i rapporti mercantili del socialismo avvengono secondo le leggi economiche di questo regime sociale, allo scopo di soddisfare le crescenti necessità materiali e spirituali del popolo, senza crisi cicliche dell’economia generate dalle cause interne, senza antagonismi sociali, senza portare alla rovina le aziende e senza farne arricchire altre; i rapporti mercantili del capitalismo si reggono, nella loro essenza, sulla legge del guadagno capitale ed avvengono con crisi cicliche di produzione, conflitti sociali acuti, ed in un processo che genera la rovina di molte aziende e l’arricchimento eccessivo di pochi.
L’uso adeguato dei rapporti mercantili, insieme ad un lavoro politico ed ideologico efficace nella formazione etica e morale delle masse, permette di sviluppare le forze produttive e di promuovere la maturazione dei rapporti comunisti di produzione, che estingue la propria causa dell’esistenza della produzione mercantile nel socialismo. Eliminata questa causa, la produzione mercantile smette di esistere. Non è possibile predire le forme concrete e le manifestazioni specifiche per mezzo delle quali a luogo questo sviluppo dialettico. Solamente la pratica sociale, e le giuste interpretazioni teoriche in ogni momento storico, preciseranno le soluzioni che conducano all’estinzione dei rapporti mercantili in un futuro relativamente distante. L’uso dei rapporti monetario-mercantili nel socialismo si manifesta in molteplici fatti e fenomeni della vita sociale ed individuale. Il carattere mercantile dei beni e dei servizi prodotti permette di realizzare la pianificazione centralizzata per mezzo degli indicatori finanziari e di valore. Con ciò si stabiliscono le diverse proporzioni sia a livello della macroeconomia, sia come rami e territori, misurando nella stessa unità di misura ciò che è stato prodotto e ciò che deve essere distribuito, accumulato o consumato. Fra le categorie mercantili nel socialismo, è incluso il rendimento delle aziende che misura il grado d’efficienza con la quale lavora; ciò permette di conoscere se il risultato dell’amministrazione dell’azienda nell’uso delle risorse materiali, dei mezzi finanziari e umani sotto il suo controllo genera contributi per la società ed aumenta la ricchezza sociale o se, al contrario, ha bisogno del plusprodotto di altre aziende per poter continuare il suo processo produttivo. Come regola, le aziende devono essere valutate e solo eccezionalmente, per motivi basati molto sulla politica economica del paese, devono continuare a funzionare quelle imprese non valutate che richiedono le sovvenzioni dello stato. Un’altra manifestazione dei rapporti mercantili nel socialismo, è costituita dal bilancio dei redditi e delle spese monetarie della popolazione. Per mezzo di questo bilancio si calcola la misura del lavoro e la misura del consumo dei beni e dei servizi prodotti e, così come è applicato il principio socialista “ad ognuno secondo la sua capacità e ad ognuno secondo il suo lavoro” sulla base della scala degli stipendi delle nomine, dei premi che sono organizzati per coloro che ricevano di più dalla società, attraverso il consumo personale, che più benefici offra. Come queste, si potrebbero menzionare molte altre manifestazioni dell’esistenza e l’uso dei rapporti monetari o mercantili nel socialismo.
Fino a quando la fase finale della società comunista non sia stata realizzata, possiamo giungere alla conclusione che l’uso dei rapporti monetario-mercantili nella lotta contro il capitalismo, prima, e, poi, per la costruzione il socialismo e del comunismo? Si tratta di una legge obiettiva per i popoli che intraprendono il cammino per eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e per costruire una nuova società.
Questa legge obiettiva è inclusa fra gli argomenti di studio della scienza dell’economia politica del socialismo. A sua volta, è necessario inoltre combattere la tendenza a sopravvalutare il ruolo dei rapporti monetario-mercantili nella costruzione del socialismo.
La costruzione socialista è, in primo luogo, un atto cosciente e, pertanto, non è soggetto alle oscillazioni dello sviluppo anarchico del mercato, così come accade nel capitalismo. La produzione mercantile nel socialismo non impone all’uomo il verdetto arbitrario, ma quello che quest’ultimo attinge dal mercato e dalle sue caratteristiche per progettare coscientemente l’evoluzione economica e sociale e per raggiungere gli obiettivi che determina la sua politica e la sua filosofia.
La produzione mercantile nel socialismo non si oppone alla pianificazione centralizzata socialista né la subordina ai suoi meccanismi automatici.
Al contrario, la pianificazione centralizzata socialista svolge un ruolo fondamentale che si manifesta attraverso i rapporti monetario-mercantili e i meccanismi economici, che sono subordinati agli interessi generali della società socialista. Si sbagliano coloro che dimenticano questa realtà e subordinano la politica e l’ideologia socialista ai meccanismi automatici del mercato. È imprescindibile criticare sistematicamente le idee secondo cui, lo stato socialista, dovrebbe lasciare la sua funzione centrale di pianificazione e trasformarsi in qualcosa come un centro d’informazione e pronostico dello sviluppo economico, che sarebbe regolato tramite l’azione spontanea del mercato e dall’amministrazione delle aziende con indipendenza economica assoluta, senza il controllo direttivo del programma centrale statale. D’altra parte, l’azione delle categorie mercantili nel socialismo non si manifesta con la stessa intensità in tutti gli ambiti dell’attuazione del soggetto statale della direzione economica. Il grado più grande si riflette nei rapporti monetario-mercantili che si stabiliscono fra le aziende e sindacati dell’azienda. Su questa base funzionano i principi dell’autogestione finanziaria, che sono basati, tra altri obiettivi, sul fatto che l’azienda faccia le sue spese a partire dai suoi redditi e generi inoltre un plusprodotto, che include i contributi al bilancio dello Stato e determinati fondi decentralizzati che sono lasciate a disposizione della stessa azienda per il suo stimolo economico ed il processo della sua riproduzione estesa.
Nei collegamenti superiori l’azienda e l’unione, cioè, nel ramo ministeriale e degli organismi centrali di pianificazione statale, l’influenza delle categorie mercantili e del calcolo economico è ridotto, acquistando più importanza la funzione centralizzata ed amministrativa della direzione economia e un grado maggiore d’influenza della funzione soggettiva e cosciente nella presa di decisioni economiche e sociali.
Il Comunismo esige uomini e donne con un’alta coscienza dello spirito collettivo, dell’aiuto reciproco e del internazionalismo. Lo sviluppo degli individui in tutti i loro aspetti include la conoscenza scientifica della natura e della società, il dominio della tecnica e la sua applicazione nella produzione, la formazione culturale ed artistica e, ciò che è fondamentale, l’educazione e la formazione morale ed etica delle masse, che si manifesta nel comportamento sociale ed individuale. Un posto eccezionale in questo processo lo occupano i sentimenti internazionalisti che superano l’isolamento stabilito fra gli uomini non soltanto dalla proprietà privata, ma anche nelle differenze fra le nazioni.
Le differenze fra le due fasi della nuova società non devono condurci a pensare che fra loro ci sia una parete che le separa chiaramente. All’interno del socialismo, che è una prima fase o la fase inferiore, cominciano a manifestarsi gli atteggiamenti e a svilupparsi le caratteristiche e gli atteggiamenti propri della fase finale della società comunista. Per esempio, nella distribuzione dei beni di consumo e dei servizi alla popolazione nel socialismo, l’educazione e la salute pubblica sono prestati in forma egualitaria per tutti i membri del gruppo sociale, secondo le necessità degli utenti e non secondo il lavoro che questi apportano nella società. In queste circostanze, ciascun individuo ha il diritto di frequentare la scuola dalla sua età più giovane e ristabilire la sua salute per mezzo dei servizi che garantisce lo Stato socialista, senza sborsare alcun pagamento monetario
Ecco la caratteristica della fase finale della società comunista. Ugualmente, il comportamento solidale e i sentimenti generosi e l’aiuto reciproco, lo spirito internazionalista, la dedizione al lavoro con l’obiettivo di servire la società, sono caratteristiche comuniste nel comportamento e nella coscienza dell’uomo che iniziano a manifestarsi e a svilupparsi nella fase del socialismo.
Lo sviluppo di queste ed altre caratteristiche del sistema comunista deve essere promosso e generalizzato coscientemente dalla fase socialista. La motivazione dei lavoratori nella costruzione il socialismo e del comunismo non si ottiene per mezzo dell’esclusivo incentivo materiale, ma con la promozione di una corrispondenza adeguata fra lo stimolo materiale e morale e lo sviluppo della coscienza individuale e sociale.
L’entusiasmo di assicurarsi un’entrata maggiore monetaria individuale a discapito degli altri membri della società non è una caratteristica del socialismo, ma della competizione con obiettivi di lucro del capitalismo.
A sua volta, nel socialismo è errato opporre l’interesse materiale all’interesse morale. Entrambi sono condizionati reciprocamente nell’unità dialettica, in cui ciò che è stato apportato individualmente dal lavoratore e si riconosca dalla società nei contesti che permettano lo sviluppo materiale raggiunto da essa e l’individuo senta la soddisfazione del dovere compiuto e degli obiettivi che la società esige ad ognuno.
In questa unità, la fortificazione dello stimolo morale e la motivazione politica ed ideologica costituiscono la formazione e lo sviluppo della caratteristica propria della fase finale della società comunista, dove l’unico incentivo degli uomini e delle donne sarà la morale.
Novembre del 2002
NOTE
* ↑ Professore titolare aggiunto all’università dell’Avana e dell’Ist. Sup. de Relaciones Internacionales
[1] ↑ Leon Trockij. “My Life”. Pathfinder Press, New York, 1987. Pagina 463
[2] ↑ Isaac Deutscher. “Trockij, il profeta disarmato”. Pagina 101-102.
[3] ↑ AG. Lowy. “Il Comunismo di Bujarin”. Edizione Grijalbo, Barcelona, 1972. Pagina 179.
[6] Storia del Partito Comunista di Isaac Deutscher. Unione Sovietica”, Seconda Edizione. Mosca. Pagina 440.
[7] ↑ G.Lowy. “Il Comunismo di Bujarin”, Edizione Crijalbo, Barcelona, 1972. Pagina 287.
[8] ↑ Evgenij Preobrajensky. “La Nuova Economia”, Istituto del Libro, Avana, 1968. Pagina 167.
[10] ↑ “Risoluzioni del PCUS”, Tomo 8. Edizione della Letteratura Politica, Mosca 1972. Pagina 245 (testo in russo).
[11] ↑ Fidel Castro Ruz “Rapporto Centrale al Primo Congresso del PCC”, Edizione Politica, Avana, 1990. Pagina 105.
[12] ↑ “Rapporto presentato al X Congresso Nazionale del Partito Comunista della Cina”; Beijing Rapporto No. 43 del anno 1992, Beijing. Pagine 17 e 18.
[13] ↑ Ernesto “Che” Guevara. “Opere 1957-1967”, Casa delle Americhe. Avana. 1970. Pgg. 299-300.
[14] ↑ V. I. Lenin. “Opere scelte in tre tomi’’, Tomo 3. Edizione Progresso, Mosca, 1981. Pagina 289.
[15] ↑ C. Marx e F. Engels. ‘‘Opere scelte in tre tomi”, Tomo 3. EdizioniProgresso, Mosca, 1981. Pgg 14-15.
Il bambino e l’acqua sporca (2004)
CREDITS
Immagine in evidenza: MALTSEV Pyotr Tarasovich-Soviet People Want to See their Navy-Stalin
Autore: Halloween HJB
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