Introduzione al quaderno di Contropiano
pubblicato in TARGET. Iraq, competizione globale e autodeterminazione
L’intervento militare Usa e dell’Inghilterra nell’IRAK e l’annullamento del ruolo dell’ONU prodotto dal conflitto tra le grandi potenze di questo nuovo secolo sono fatti del tutto nuovi per quanto riguarda le generazioni nate e cresciute nella seconda metà del ‘900 ma non sono affatto nuove storicamente.
In realtà il secondo cinquantennio del secolo passato ha vissuto una condizione del tutto straordinaria rispetto alla storia precedente del sistema capitalista, infatti quei decenni sono stati segnati dalla egemonia Statunitense nei confronti di tutti gli altri stati capitalisti in funzione della lotta al Comunismo ed all’Unione Sovietica.
Parlare di lotta dei popoli oppressi, di autodeterminazione e di antimperialismo aveva un significato del tutto diverso da quello che potrebbe avere oggi.
Allora la lotta contro l’imperialismo, che era sostanzialmente rappresentato dallo stato USA, aveva dei riferimenti molto precisi e determinati nella individuazione del nemico, degli alleati politico-sociali all’interno dei paesi in lotta e del campo internazionale in cui collocarsi, a prescindere anche dai giudizi che si potevano dare sulla Unione Sovietica, sulla Cina o su Cuba. Era anche chiaro il possibile modello economico e sociale alternativo al capitalismo, una volta vinta la lotta per l’autodeterminazione politica, da adottare per sostenere le nuove società.
Un capitalismo senza forti contraddizioni interne era la condizione concreta che si viveva dopo la seconda guerra mondiale, dove la funzione imperiale degli USA era accettata dai paesi occidentali e dove erano stati rimossi i conflitti interimperialistici, che avevano invece caratterizzato la prima metà del secolo.
È stata questa una importante condizione che ha permesso di vincere la sfida con il cosiddetto “socialismo reale” mettendo sotto “tutela” le spinte irrazionali del capitalismo, generate dalle sue contraddizioni interne, dimostrando così una capacità di pianificazione che si voleva essere caratteristica dei soli paesi socialisti.
Questo è stato, molto probabilmente, uno degli elementi emersi dopo la seconda guerra mondiale che è sfuggito o è stato sottovalutato, anche nelle sue conseguenze, a tutto il movimento comunista ed antimperialista di quel periodo storico contribuendo così alla crisi manifestatasi alla fine degli anni ’80, che ha coinvolto innanzitutto l’Unione Sovietica ma che ha trascinato anche quasi tutti i paesi emersi dalle lotte di liberazione di quel periodo.
Parlare oggi di autodeterminazione dei popoli, come impone la vicenda Irakena, significa, prima di prendere posizioni legate alla contingenza, misurarsi con una analisi della situazione che non può fare riferimento solo alio specifico attuale ma deve cercare di capire le tendenze di questa nuova condizione internazionale emersa dopo la crisi del campo socialista.
Gli elementi da evidenziare ed analizzare sono molti e riguardano innanzitutto l’assenza di una chiara alternativa economica e sociale che incida profondamente sulle prospettive di lotta per l’auto determinazione. Anche la competizione interimperialista sta riprendendo vigore in modo sempre più evidente ed incontestabile facendo riemergere l’anarchia capitalistica che ha sempre caratterizzato questa formazione sociale.
Questa condizione generale fornisce nuovo respiro alle borghesie ed alle classi dirigenti dei paesi subordinati le quali possono rivendicare l’egemonia nella lotta per l’autodeterminazione ma che, in realtà, hanno l’unico interesse a contrattare con i paesi imperialisti, utilizzando a proprio vantaggio le loro contraddizioni, sulla pelle dei propri popoli e del proprio proletariato spesso bestialmente sfruttato.
Questo scenario, tratteggiato per sommi capi, ci rinvia ad un’altra epoca storica precedente alla rivoluzione del 1917 ed alla nascita del ‘“pericolo rosso” il quale ha avuto lo straordinario ed inaspettato effetto di contribuire a spingere verso una fase di ulteriore sviluppo la società capitalistica essendo riuscito a metterla di fronte ai propri limiti. Superato quel pericolo, dal nostro punto di vista solo apparentemente, sono riemerse le caratteristiche di fondo dello sviluppo capitalista riproponendo tutte, ma proprio tutte, le contraddizioni che sembravano relegate al periodo precedente la seconda guerra mondiale.
Per noi è evidente che riproporre oggi un approccio all’antimperiaiismo uguale a quello degli anni ‘70 significa non saper apprendere dalla storia e ripetere l’errore fatto in quegli anni di non cogliere la discontinuità tra le modalità imperialiste di inizio ‘900 con quelle che si manifestavano in quella fase.
Poiché l’obiettivo di questa elaborazione non è solo teorico ma anche di carattere politico, e dunque di indicazione di lavoro, vanno avvisati i lettori di un limite obiettivo con il quale fare i conti nel momento in cui si cerca di trasformare la riflessione in azione.
Questa avviene, infatti, in un contesto in cui non esiste un soggetto comunista compiuto in grado di essere una forza effettiva che agisce dentro le contraddizioni; dunque la riflessione sulla condizione attuale non può essere scissa, pena la inconsistenza politica, da quella sulla costruzione della soggettività politica e non può facilmente prescindere oggi dal limite suddetto.
Dunque bisogna entrare nel merito delle questioni, analizzare tutte le modifiche che sono intervenute in questo ultimo decennio, confrontare e verificare i periodi storici e le ipotesi interpretative, in poche parole fare “l’analisi concreta della situazione concreta’’.
Per questo riteniamo necessario, ancora una volta, ripartire da Lenin, non per riaffermare una ortodossia ideologica del tutto inutile ma per definire un punto di riferimento della nostra analisi che deve avere una sua verificata capacità di interpretazione della realtà per poterla poi ricollocare nel percorso storico e nella situazione attuale.
Ciò che va, invece, veramente colto a fondo nei lavori degli anni della rivoluzione è, più che il confronto con l’epoca attuale, il metodo di analisi usato cioè la capacità di non sottostare a schemi precostituiti e di capire, volta per volta, il contesto generale nelle sue relazioni con io specifico a cui ci si rapporta. Se c’è qualcosa che oggi va recuperato appieno, per noi, è proprio il metodo usato da Lenin.
Per questa necessità di approfondimento e di comparazione storica riportiamo due testi di Lenin estremamente utili per la loro chiarezza e per l’opportunità che ci offrono per ragionare in modo non contingente. Il primo testo è INTORNO A UNA CARICATURA DEL MARXISMO E ALL’“ECONOMISMO IMPERIALISTICO”, scritto tra Agosto ed Ottobre del 1916. Il secondo è LA RIVOLUZIONE SOCIALISTA E IL DIRITTO DELLE NAZIONI ALL’AUTODECISIONE (TESI), scritto tra Gennaio e Marzo del 1916; sono due testi organici tra di loro che noi abbiamo collocato cronologicamente posticipando nella impostazione del nostro quaderno le TESI in quanto crediamo che in questo modo la sinteticità del testo di Lenin ci dia una possibilità in più per fare il confronto tra la situazione attuale e l’inizio del secolo XX°.
CREDITS
Immagine in evidenza: Contra El Imperialismo, par Franck Vervial
Autore dell’immagine: Franck Vervial, 17 dicembre 2011
Licenza: Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
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