e prospettive per una comune azione politica nei prossimi mesi
La Rete dei Comunisti
Ancora una volta siamo all’epilogo di una vicenda le cui ricadute politiche e materiali riverberanno nella società ben oltre il pur importante significato sindacale. Ci riferiamo al tema delle pensioni ed allo snodo dello scalone Maroni attorno a cui, probabilmente, si raggiungerà l’ennesimo compromesso imperniato sulla cosiddetta “riduzione del danno”. Una bizzarra, ma ben definita linea di condotta, fatta propria dal PRC e dalla sinistra di governo inaugurata, nel corso di questo anno di vigenza del governo Prodi, con l’avallo alla missione militare italiana in Libano, con l’appoggio alla Legge Finanziaria 2007 e riproposta oggi mentre il governo si appresta ad una nuova destrutturazione dell’istituto pensionistico e di ciò che residua dello stato sociale.
Questo ulteriore capitolo della ininterrotta strategia del capitale e dei poteri forti contro il lavoro avviene in una situazione che vede l’accelerazione di alcune dinamiche che ridisegneranno il panorama delle forze politiche in Italia.
È evidente come la costruzione del Partito Democratico si stia realizzando attorno ad alcune linee guida fondamentali imperniate, non solo sulla centralità dei valori e delle leggi del mercato, ma sotto il ricatto egemonico di un humus politico e culturale centrista e neo/clericale. La “marcia” di Veltroni alla leadership, gli affondi di Rutelli, le bordate del Vaticano, gli sguardi interessati di Confindustria, dei tecnocrati del Tesoro e di Bruxelles sono la cartina tornasole di una strategia a tutto campo tesa ad affermare una modalità di governo ed una direzione di marcia all’Azienda Italia ben oltre “i lacci ed i lacciuoli ancora presenti nell’esecutivo di Romano Prodi”. Una esigenza, questa, inderogabile per le sfide del capitalismo tricolore nell’ambito della sfrenata competizione globale interimperialistica.
Nel contempo il lento ma costante consumarsi dell’infinita Bolognina che sta dilaniando il PRC ed il PdCI segnala, fortemente, un punto politico e strategico per il futuro prossimo di qualsivoglia ipotesi comunista e di seria trasformazione sociale. È questo un tema da cui non possono rifuggire quanti non ritengono ma rifiutano l’attuale formazione economico sociale come l’unico dei mondi possibili.
A fronte del delinearsi di questo scenario si sta, faticosamente, riaprendo, nel movimento, ed oltre, la discussione su quale prospettiva può incamminarsi una auspicata ripresa delle lotte sociali ed una riqualificata ipotesi di trasformazione sociale a cui possa contribuire fattivamente la soggettività comunista. Il successo della mobilitazione del 9 giugno scorso è stato un passaggio esemplificativo, ed anche simbolico, di questa tendenza ed i momenti di confronto successivi e già in cantiere sono un buon viatico per la fase dinnanzi a noi e per le prove verso cui collettivamente intendiamo predisporci.
Nel contempo, però, dobbiamo rifuggire da tentazioni e da scorciatoie politiciste che potrebbero ridurre, anche inconsapevolmente, l’agire organizzato dei comunisti ed aspetti di residualità e di “folklore comunista”. Una condizione che diverrebbe, in un paese a capitalismo maturo, puramente fisiologica, per certi aspetti endemica all’attuale modello sociale, ma sostanzialmente innocua sullo scenario politico e per gli esiti futuri dello scontro di classe.
I nodi principali che abbiamo di fronte sono quelli della soggettività e dell’organizzazione che nascono dalla necessità di individuare, nuovamente, la prospettiva storica della trasformazione sociale, ma che debbono fare i conti anche con l’esperienza storica del movimento operaio e dei partiti comunisti e rivoluzionari del secolo appena trascorso. Evitare di affrontare questa mole di contraddizioni ci consegnerebbe ad un continuismo senza senso e possibile di essere ridotto ad una spuntata icona inoffensiva.
Noi non siamo interessati a formule astratte, siamo invece fortemente convinti che la ripresa di un processo concretamente unitario che riguardi una sinistra coerente, i comunisti ed il movimento democratico nel nostro paese possa avvenire solo se si ricuce il rapporto con il blocco sociale, con il mondo del lavoro, con i settori popolari cioè, in altre parole, se si darà “anima e corpo” ad una rappresentanza politica indipendente dalle compatibilità imperanti ed autonoma da ogni suggestione verso esecutivi ritenuti amici.
Negli ultimi mesi – nelle pieghe di questa discussione – sono nate associazioni e circuiti di confronto, più o meno informali, che testimoniano una diffusa domanda di confronto pubblico, di ricerca teorico/politica e di nuova riorganizzazione.
Questa esigenza di tante compagne e compagni di riaffermazione di una propria identità politica sia a fronte degli orrori del presente che conformano il senso comune (militarismo, razzismo, nazionalismo, sessismo, mercantilismo, individualismo) sia davanti all’opportunismo dilagante innescato dalla continua cooptazione nel sistema dominante, esprime, a vari livelli d’intensità, anche una esigenza di luoghi di discussione in cui recuperare, socializzare e rendere attiva e generalizzabile una resistenza culturale all’omologazione e alla liquidazione/manipolazione della propria storia.
Prendendo atto di questa variegata quanto diffusa disponibilità ed in relazione al sacrosanto obiettivo di arginare fenomeni di disgregazione e di polverizzazione militante, già oggi percepibili, vogliamo portare un leale e fattivo contributo a questa tensione collettiva consapevoli che – al di là di ogni ridondante mentalità da “ultima spiaggia” – nei prossimi mesi si consumeranno dinamiche politiche e sociali che imprimeranno un carattere distintivo alle vicende aperte con pesanti effetti antisociali.
CREDITS
Immagine in evidenza: Victory Day in Petersburg
Autore: Kevin Wells, 9 maggio 2006
Licenza: CC BY-SA 2.0 DEED
Immagine originale ridimensionata e ritagliata