La Rete dei Comunisti
Questa riunione è nata dal fatto che con la manifestazione del 9 giugno avevamo ottenuto un grande risultato politico sul piano della partecipazione di massa e della chiarezza nei rapporti tra movimenti e sinistra di governo. Il problema è che all’indomani di quella manifestazione non eravamo riusciti a “capitalizzare” quel risultato né la convergenza di forze e soggettività politiche e sociali che lo aveva reso possibile. Dobbiamo ammettere che anche noi scontiamo il fatto che spesso passiamo da una manifestazione ad un’altra senza riuscire a sedimentare le energie raccolte. Questo problema dobbiamo verificare se sia possibile superarlo e come sia possibile superarlo.
E’ ormai consapevolezza comune che la nascita del Partito Democratico metterà in moto un bulldozer e un processo di normalizzazione a sinistra e contro i movimenti che producono conflitto sociale. Lo spostamento reazionario dell’asse politico del paese presenta le caratteristiche di un blocco bipartizan che non nasconde di “odiare” i lavoratori che resistono a difesa dei propri diritti e delle proprie conquiste ma anche i settori sociali (dai no TAV ai No Dal Molin) che rappresentano un ostacolo alla “modernizzazione del sistema” che è il dogma intorno a cui ruota il pensiero politico del Partito Democratico. Questi vogliono riportare indietro le conquiste sociali di due secoli. Oggi la percentuale di reddito destinato al lavoro sulla ricchezza nazionale è scesa al 46% che è la quota che aveva nel 1881 !! Praticamente ai livelli di un secolo e mezzo fa.
Il governo, in attesa di chiudere la partita della nascita del Partito Democratico, si muove senza forzature. A Vicenza i lavori alla base Dal Molin non sono ancora partiti, sulle questioni sociali si creerà il “consenso” attraverso la consultazione di ottobre organizzata da CGIL CISL UIL sull’accordo del 13 luglio, poi ci sarà il “plebiscito” delle elezioni primarie del 13 ottobre. Chiusa questa fase di costruzione del consenso passeranno alla fase dello schiacciasassi
Come affrontare questo nuovo scenario? La situazione da un certo punto di vista non è male. Dentro la CGIL con il voto della Fiom sull’accordo del 23 luglio si è aperta una crisi del tutto imprevedibile. Il ceto politico della sinistra che da almeno trenta anni ipoteca e blocca qualsiasi ipotesi di rottura politica, culturale e sociale dell’esistente sta praticamente attaccato alla canna dell’ossigeno. Per i nostri contenuti e per la nostra identità ci sarebbe praticamente una prateria aperta, ma come percorrere questa prateria? Innanzitutto occorre dire basta alla subalternità e cominciare finalmente a dotarsi di una agenda politica autonoma di natura anticapitalista ed antimilitarista. In questo senso non aderiamo né parteciperemo alla manifestazione del 20 ottobre perché è esattamente la rappresentazione del ceto politico della sinistra che abbiamo ridicolizzato il 9 giugno. Certo ci andranno compagne e compagni che magari il 9 giugno erano con noi e quindi non ci sentiamo di sparare a zero contro di loro ma abbiamo anche il dovere di dire le cose come stanno e impedire la “coazione a ripetere” che da troppo tempo immobilizza la situazione politica nella sinistra e nei movimenti e cerca di riprodurla esattamente identica anno dopo anno.
E’ possibile che le forze sociali e politiche si diano una propria identità e una propria indipendenza da questo quadro politico? Possiamo sperimentare il fatto che su tre o quattro punti di programma – precarietà-lavoro-reddito; lotta alla guerra; casa e intervento nelle aree metropolitane; questioni ambientali – si trovi un modello di azione comune e coordinata?
Di questo dovremo cominciare a discutere nelle prossime settimane affiancando o dando vita ad un processo che preveda incontri e iniziative.
Siamo d’accordo con la convocazione di una assemblea nazionale di movimento per il 7 ottobre che discuta delle iniziative ma anche di come sperimentare forme di azione comune su una nostra piattaforma autonoma.
Siamo d’accordo con la convocazione dello sciopero generale e ci auguriamo che le organizzazioni sindacali di base – a meno che la Rete 28 aprile o la Fiom non ci facciano la sorpresa di stare anche dentro questa scadenza – fissino quanto prima la data di uno sciopero generale che dovremo però cercare di generalizzare sul serio e di far pesare sulla situazione. Si tratta di coinvolgere concretamente il territorio, di bloccare i flussi, di tirare dentro settori sociali anche esterni ai luoghi di lavoro.
Siamo d’accordo a dare vita per novembre ad una manifestazione nazionale dei movimenti su una propria piattaforma.
Riteniamo che vada assunta da tutti la scadenza internazionale di dicembre a Vicenza contro la guerra e le basi militari.
CREDITS
Immagine in evidenza: Roma 9 giugno
Autore:Filippo Gini, 9 giugno 2007
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