Una lettera aperta
La Rete dei Comunisti
Il processo che ha portato alla nascita della Sinistra e l’Arcobaleno (questo è il nome che è stato imposto) pone una serie di problemi a chi in questo paese non intende abdicare alla lotta per la trasformazione sociale né liquidare un patrimonio storico, politico ed umano importante del movimento di classe.
La Sinistra e l’Arcobaleno è stata intesa come “ultima spiaggia”, come ripiego necessario e inevitabile per la sopravvivenza dei partiti della sinistra nel nostro paese. E’ evidente anche ad occhio nudo, che una ipotesi politica con questi presupposti non farà troppa strada né brillerà per capacità di iniziativa e indipendenza dal quadro politico moderato e bipartizan che domina lo scenario.
Questa ipotesi nasce subalterna dentro, nella sua cultura politica e nella sua composizione sociale.
1.Subalterna perché ritiene che il suo destino e la sua prospettiva non vada oltre una aggregazione di forze ecologiste e di sinistra neo-riformista che consenta di allearsi con il Partito Democratico per rimanere o riandare al governo.Alla luce dei pessimi risultati ottenuti in questo anno e mezzo di collaborazione e subordinazione al governo dell’Unione, tale prospettiva non può che essere vista con estrema preoccupazione.
A nessuno sfugge l’estrema vulnerabilità che deriva dalla condizione che vede i contraenti della Sinistra e l’Arcobaleno costretti a condividere una posizione comune. Già su temi decisivi come il welfare o il pacchetto sicurezza ci sono state profonde divisioni, ma adesso c’è anche la questione che o rimangono tutti nel governo o devono uscirne tutti. La dissonanza di anche uno solo dei soggetti contraenti da questa condizione metterebbe subito in crisi l’intera operazione.
2. Subalterna perché il processo costitutivo e la composizione sociale della Sinistra e l’Arcobaleno rispecchia e corrisponde esclusivamente al ceto politico, parlamentare, amministrativo, associativo, diventato maggioritario e determinante nel corpo sociale della sinistra italiana a tutto discapito dell’attivismo, della militanza, della partecipazione critica. Questo ceto politico dominante vede nella Sinistra e l’Arcobaleno l’ultima possibilità di sopravvivere come tale alla ristrutturazione del sistema politico messa in moto dall’impetuosa marcia verso il modello bipolare sostenuto apertamente dal Partito Democratico, da Berlusconi, dalla Confindustria e dai poteri forti.
3. Subalterna perché la chiave di lettura della situazione sociale del paese è completamente inadeguata e deviante rispetto la realtà. Il problema della regressione sociale complessiva in Italia, la precarietà del lavoro, del reddito, della casa, dell’istruzione, dei diritti civili, viene vissuta e agitata dai soggetti costituenti la Sinistra e l’Arcobaleno esclusivamente come battaglia di opinione. Il lavoro, la casa, il reddito, la scuola sono diventati oggetto di convegni, interrogazioni, articoli di giornale ma non di organizzazione dei settori sociali coinvolti. Questo rapporto con la realtà sociale è stato delegato esclusivamente al rapporto con la CGIL, ma i pezzi di CGIL inizialmente attratti dalla Cosa Rossa se ne sono allontanati rintanandosi nel più confacente Partito Democratico o adeguandosi alla normalizzazione in atto dentro al sindacato. La Sinistra e l’Arcobaleno nasce dunque monca di qualsiasi rapporto con il blocco sociale antagonista sia nelle sue espressioni più tradizionali del lavoro salariato sia nei nuovi segmenti sociali metropolitani emersi dalla destrutturazione industriale di questi ultimi trenta anni. E’ sorprendente come sia stato rimosso dal dibattito e dalla riflessione il fatto che il governo più impopolare degli ultimi venti anni vedesse al governo la sinistra e addirittura due partiti comunisti. La devastante divaricazione tra sinistra e società che ciò ha provocato nei quartieri popolari, nei posti di lavoro e tra i giovani non potrà essere sicuramente recuperato con una ennesima operazione politicista e di autorappresentazione.
I discorsetti su politica e antipolitica diventano allucinanti davanti alla percezione di massa che la sinistra e i comunisti al governo hanno acutizzato e non invertito la regressione sociale dei settori popolari.
4. Prigioniera di questa subalternità genetica, la Sinistra e l’Arcobaleno assume come proprio progetto la variante radicalista della socialdemocrazia europea, liquidando così il patrimonio e la prospettiva dei comunisti nel nostro paese ma rimuovendo anche ogni esperienza di rottura e conflitto sociale prodotta dai movimenti in questi anni. Questa deriva si può facilmente desumere dal modo con cui è stata di fatto liquidata con un colpo di mano l’esperienza del PRC, ma anche dalla strumentalità della manifestazione del 20 ottobre, fortemente voluta come rivincita contro l’autonomia dei movimenti che avevano dato vita alla manifestazione contro la guerra del 9 giugno, ridicolizzando proprio quei “quartieri generali” che hanno costituito La Sinistra e l’Arcobaleno.
Il problema non è solo l’abbandono del simbolo della falce e martello (i comunisti della Repubblica Ceca sono costretti ad avere come simbolo le ciliegie eppure sono il secondo partito del paese), il problema è che l’assenza di identità e di indipendenza politica disarma culturalmente migliaia di uomini e donne che si sono battuti in questo paese sia come militanti comunisti che come “militanti nomadi” del popolo della sinistra, consegnandoli all’egemonia del liberalismo e delle sue varianti “progressiste”. I comunisti hanno il diritto e il dovere di una ricerca e di un bilancio critico della propria esperienza storica, della propria funzione e della propria prospettiva. Liquidare tutto questo non è accettabile né per chi sente comunista anche nel XXI° Secolo né per chi ha maturato percorsi diversi nell’ambito dei movimenti o della sinistra di classe e antagonista.
5. Se questa è la natura sociale e il progetto de la Sinistra e l’Arcobaleno occorre aprire un serio confronto con chi ha a cuore l’autonomia e l’organizzazione dei lavoratori e dei settori popolari, con chi ritiene che sia il conflitto sociale e non la sola rappresentazione elettorale la strada per il cambiamento qualitativo del paese e dei suoi rapporti di forza interni, con chi ritiene che i comunisti, i movimenti sociali e la sinistra in Italia abbiano non solo un patrimonio storico e umano da difendere ma ottime ragioni e motivazioni per essere attivi e non subalterni.
In questi mesi è stato dimostrato praticamente che sui punti principali dell’agenda politica (ritiro delle truppe e basi militari, precarietà, lavoro, diritti civili etc.) può funzionare e agire una alleanza di soggetti sociali, sindacali e politici autonoma dagli apparati costituenti della Sinistra e l’Arcobaleno. Questa alleanza trae forza dalla realtà (la guerra, la regressione sociale del paese etc) e non dalle esigenze di sopravvivenza del ceto politico della sinistra.
Questo percorso di alleanza, indipendenza, iniziativa, costruzione di esperienze di resistenza e offensiva politica, sociale e sindacale, può dimostrare che “l’ultima spiaggia” esiste solo per chi è subalterno dentro. Ma per modificare questa realtà non sarà certo sufficiente una battaglia esclusivamente identitaria sui simboli o il rinvio di scelte decisive a battaglie congressuali che somigliano alla guarnigione della fortezza Bastiani nel deserto dei Tartari.
I comunisti, i lavoratori attivi, i militanti nomadi, gli intellettuali critici e indipendenti hanno imparato sulla propria pelle che la subalternità è la madre di tutte le sconfitte.
Apriamo subito il confronto in ogni città e in ogni occasione tra tutti i soggetti che non intendono rinunciare alla propria identità politica né ad una funzione anticapitalista e antimilitarista coerente.