Un invito al dibattito e all’azione nel movimento No War
La Rete Nazionale Disarmiamoli in Contropiano Anno 18 n° 1 – 16 febbraio 2010
A otto anni dall’inizio dei bombardamenti su Kabul e della guerra in Afghanistan, la sconfitta politica degli Usa, della Nato e dei governi occidentali impegnati militarmente sul territorio afgano si mostra evidente ai più, e soprattutto incontra l’opposizione crescente dell’opinione pubblica internazionale.
Gli Usa del premio Nobel per la pace Obama e i loro alleati della Nato sono coscienti e consapevoli che stanno perdendo la guerra in Afghanistan – e comunque non potranno mai vincerla – perché gli insorti e i talebani hanno riconquistato – dopo il 1998 e la guerra civile – le menti e i cuori degli afgani contro gli invasori e contro il governo corrotto del fantoccio Karzai, che “resiste” – assediato in un quartiere di Kabul – ai tentativi di ridimensionamento del suo potere e della sua credibilità agli occhi della cosiddetta “comunità internazionale”.
Al Qaeda e Osama Bin Laden ormai sono sullo sfondo, in secondo piano, e lo spostamento militare e mediatico contro i talebani – che peral- tro non sono mai stati accusati dei fatti dell’11 settembre – ci fa percepire le difficoltà strategiche per gli Usa e la Nato di comprendere come riafferrare il bandolo di una guerra che nel frat- tempo si è estesa e viene combattuta ferocemente su entrambi i lati del confine fra Afghanistan e Pakistan.
Una indefinita guerra coloniale e di dominazione che ha causato finora perdite umane impressionanti, non può più essere nascosta con la stanca litania della sicurezza globale e della ricostruzione del paese afgano, nonostante un’organizzazione militarizzata dei mezzi di informazione a sostegno dell’avventura bellica.
Sempre più spesso si ricorre alla “sindrome del Vietnam” e all’Afghanistan come il nuovo Vietnam di Obama: probabilmente alcune caratteristiche somiglianti si possono riconoscere nella corruzione odiosa che accomuna l’attuale amministrazione afgana con le autorità di Saigon; oppure nel fallimento del tentativo di separare e dividere la dirigenza della resistenza dal resto della popolazione; e ancora nella capacità dei guerriglieri di riconquistare il territorio dopo un attacco delle truppe della Nato. Ma il contesto e i rapporti di forza – purtroppo – sono notevolmente diversi, in quanto nel Vietnam sono stati i comunisti a dirigere la lotta di liberazione nazionale, e il peso del movimento an- timperialista e anticolonialista internazionale dell’epoca fu decisivo per la sconfitta dell’imperialismo statunitense. Il diverso scenario , probabilmente, rende difficil e , oggi, un epilogo analogo in Afghanistan.
Ma non si può mai dire. Se questo è il quadro, quali sono le prospettive? Nelle ultime settimane segnali contrastanti e contraddittori sono venuti dai vertici militari e politici della Nato e dell’amministrazione Usa. Il segretario di Stato Hillary Clinton in un suo intervento ad un programma televisivo della stazione Abc ha parlato di disimpegno dall’Afghanistan nel giro di 5 anni, il tempo necessario per finire l’addestramento delle forze armate afgane – esercito e polizia – e portarle ad un effettivo di 400mila unità, dai 180mila attuali. La guerra ai talebani così viene smessa lasciando in eredità all’Afghanistan la guerra civile intern a .
Il comandante delle Forze Armate Statunitensi David Petraus e il generale McChrystal, che ha assunto il comando delle truppe Usa e Nato in Afghanistan, hanno parlato di una nuova strategia per vincere, chiedendo altri 32mila soldati in più – che il consiglio di guerra convocato da Barack Obama ha accordato – e previsto di rimanere in territorio afgano, nel migliore dei casi, per altri 10 anni come minimo. Più esplicito è stato il generale britannico David Richards che ha invece preventivato una permanenza per altri 40 anni. Martedì 17 novembre, intervistato dal Corriere della Sera, il neo-segretario della Nato, il danese Rasmussen, ha prospettato una conferenza per il 2010 per la riconciliazione ma….. i punti fermi sono il fantoccio Karzai e la strategia contro-insurrezionale elaborata da Mc Chrystal ! Molto dipenderà, naturalmente, da come andranno le cose sul campo, e comunque questa “diversità” di opinioni può – tra le altre cose – rendere la situazione ancora più drammatica di quello che è attualmente. Le “fazioni” in lotta potrebbero essere tentate di applicare la politica del fatto compiuto per mettere in difficoltà l’una o l’altra delle opzioni. E poi, ovviamente, bisogna tenere conto dei conflitti politici e militari ancora in corso nell’area – Iraq, Russia, Iran e questione Israelo-palestinese.
C’è materia da discutere e per questo, ma anche per avere una lettura più minuziosa degli sviluppi futuri, crediamo necessario aprire il dibattito e approfondire l’analisi, utile ad orientare la mobilitazione del movimento nowar nel nostro paese.
Il ministro della guerra La Russa e il suo omologo agli esteri Frattini sono – come si dice – persone informate dei fatti, e contano molto poco nelle scelte e nelle decisioni strategiche. Ma il governo Berlusconi e la maggioranza parlamentare bipartisan che decide e vota il finanziamento delle missioni militari hanno una responsabilità enorme nell’impegno bellico e nella condivisione di nuovi e più sofisticati congegni bellici. Pochi giorni fa sono partiti per l’Afghanistan 4 cacciabombardieri AMX che l’Aeronautica militare prevede di impiegare nei prossimi mesi, e un centinaio tra piloti e specialisti della linea di volo dell’AMX sono in ad- destramento negli Usa per prepararsi ai futuri bombardamenti aerei, che producono peraltro moltissime vittime civili afgane. Altri 1000 soldati italiani verranno inviati al fronte nei prossimi mesi.
Un invito alla discussione e alla mobilitazione
Quindi sollecitiamo contributi al dibattito e pensiamo anche ad un incontro – seminario/convegno – a febbraio del nuovo anno, per mettere a punto l’indagine e socializzare le conoscenze e i punti di vista.
Questa proposta di dibattito è stata scritta a novembre 2009 quando il Presidente degli USA Obama annunciava l’invio di nuove truppe in Afghanistan e il Segretario di Stato Hillary Clinton comunicava un “cambiamento di rotta” nel- la strategia statunitense, riconcentrando l’attenzione e il fuoco contro il nemico Al Qaeda e prospettando una trattativa con i talebani moderati.
Così il 2010, il nuovo anno, sta iniziando con una grande escalation militare in Afghanistan, con la prospettiva dell’apertura di un nuovo fronte di “guerra al terrorismo” contro lo Yemen e la rete di Al Qaeda lì presente, a cui ap- parterrebbe il giovane nigeriano del fallito attentato al volo 253 Amsterdam-Detroit il giorno di Natale.
Intanto a Teheran si riaccende lo scontro politi- co e la Russia rilancia contro il “nuovo” progetto di scudo missilistico del premio Nobel Obama. Gli avvenimenti sul campo evolvono velocemente, pare in peggio. Sarebbe urgente che il movimento No War battesse un colpo.
CREDITS
Immagine in evidenza: Afghanistan 2010 11
Autore: David Axe. 9 marzo 2010
Licenza: Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0)
Immagine originale ridimensionata e ritagliata