Editoriale di Contropiano Anno 18 n° 1 – 16 febbraio 2010
“Non ci fanno paura i manganelli, ci fa molta più paura il nostro futuro”. Le semplici e dirette parole al megafono di una giovane madre occupante di case dopo le brutali cariche della polizia contro una manifestazione a Roma di lavoratori, senza casa, precari, immigrati contro la crisi, chiariscono meglio di molti altri ragionamenti una parte dei problemi con cui dobbiamo fare i conti.
Da un lato il governo e le istituzioni locali si negano a qualsiasi misura concreta per ridurre le conseguenze sociali della crisi, dall’altra negano legittimità (e appena possono li reprimono) ai soggetti sociali e politici che – dentro la crisi in atto – affermano i propri interessi al di fuori delle compatibilità istituzionali e della rappresentanza politica bipartizan.
Sono ormai in crescita i segmenti sociali che vedono chiaramente come il loro futuro non sia affatto una priorità nelle scelte dei poteri forti nell’affrontare la crisi. Il problema è come far si che questi settori sociali possano pesare e incidere in tali priorità e darsi rappresentanza politica.
Il nodo della rappresentanza politica dei settori sociali colpiti più duramente dalla crisi, infatti coinvolge e travolge fino in fondo la sinistra storicamente esistita nel nostro paese, una sinistra oggi alla prese con un logoramento e una crisi politica maturata in almeno due decenni di questioni teoriche irrisolte e di cambiamenti nella composizione di classe della società poco analizzati e ancora meno compresi.
Quando a ottobre abbiamo portato pubblicamente il nostro contributo al dibattito sulla rappresentanza politica, al suo inscindibile legame con i settori popolari e alle possibilità di una sinistra anticapitalista nel nostro paese, molti compagni – e tra essi quelli che hanno dato vita alla costituzione della Federazione della Sinistra – hanno compreso molto parzialmente il senso di quel contributo, anzi, per molti aspetti hanno riaffermato l’idea che le buone analisi e i movimenti di lotta sono una buona cosa…ma la politica è un’altra storia.
Nella discussione avanzata in questi mesi abbiamo posto sul piatto diverse questioni: su due (l’indipendenza strategica dal PD e questione sindacale) si è manifestata una divaricazione visibile e della quale eravamo reciprocamente consapevoli.
Sulle altre questioni – i punti di programma minimo sui quali mettere in campo da subito una alleanza che sostenesse, alimentasse, rappresentasse politicamente il conflitto sociale reale – non c’è stato nulla oltre alla sperimentazione nell’area metropolitana di Roma di una “Rete anticrisi” che ha mostrato interessanti potenzialità ricompositive sul piano politico e sociale.
Sul piano sindacale abbiamo poi potuto verificare come l’appiattimento sulla Cgil e i contraccolpi interni alla Federazione della Sinistra dell’esistenza delle due mozioni nel congresso Cgil, abbiano paralizzato la possibilità di giocare un ruolo attivo e non testimoniale dentro i conflitti sociali in corso.
Ha prevalso dunque la preoccupazione della scadenza elettorale come se questa potesse realizzarsi al di fuori di un recupero vero di radicamento, rappresentanza sociale e identità. Non solo. In sei regioni su tredici la sinistra sarà coalizzata con il PD, in altrettante è stata costretta dal PD stesso – e spesso a malincuore – a correre da sola. L’identità possibile su cui la sinistra alternativa poteva cercare di ridefinire il proprio spazio politico indipendente, ha scelto dunque di depotenziarsi politicamente augurandosi che un minimo risultato sul piano istituzionale possa rivelarsi decisivo per riavviare un percorso.
A questo punto non resta altro che attendere la fine di marzo per capire quanto si è consumato e quanto rimane del processo che, all’insegna del meno peggio e di un pragmatismo senza identità, ha portato all’esaurimento del tesoretto politico ereditato dallo scioglimento del PCI venti anni fa.
Nasce anche da questo la decisione di aprire la discussione sulla ricostruzione dell’organizzazione e del partito dei comunisti nel nostro paese. Abbiamo spiegato più volte come in questo processo non ci sentiamo né siamo autosufficienti. Ma vediamo anche la necessità che a tale questione si metta mano nei prossimi mesi con un dibattito che non potrà fare sconti alla residualità.
CREDITS
Immagine in evidenza: La sfida
Autore: Hedrok, 15 febbraio 2007
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