Massimiliano Piccolo (relazione alla Terza Assemblea Nazionale della Rete dei Comunisti)
Promuovere la ripresa di una pratica comunista e di un lavoro teorico marxista in Sicilia deve necessariamente fare i conti con tutte le contraddizioni di ordine generale che un impegno di questo genere comporta nel momento storico attuale e, in particolare, nel Mezzogiorno.
In Sicilia –e non solo a Catania- perché è questo il taglio che abbiamo voluto dare al nostro lavoro. Contraddizioni che –è bene ricordare- se sapute affrontare e domate possono, però, rappresentare il punto d’inizio di una svolta (almeno) progressiva della nostra storia civile e politica.
Se, infatti, l’arretramento del potere contrattuale dei lavoratori è stato eroso dalle politiche sempre più subalterne dei partiti e dei sindacati storici della sinistra italiana, come anche la ricerca di un punto di vista alternativo all’ideologia dominante è stato parzialmente sconfitto nel più complessivo panorama nazionale, il cumulo di questi due fattori, in Sicilia, ha fatto precipitare verso il basso le possibilità di una fuoriuscita ‘a sinistra’ dalla crisi.
Proviamo a individuare, inizialmente, quali sono le contraddizioni in campo.
Sul piano sociale i licenziamenti e la precarizzazione, l’assenza di un piano industriale o di sviluppo strategico, l’impossibilità dell’agricoltura e della piccola distribuzione di reggere la competizione globale capitalistica sembrano aver disegnato per quest’area del Paese il profilo classico dei luoghi a sovranità limitata, perché assoggettati economicamente alle aree forti (ad es.: industria del turismo = dipendenza da tutti, qualcosa di simile alla monocultura che le potenze coloniali determinavano nelle economie dei paesi dominati o controllati).
Sul piano politico-istituzionale, invece, il governo Lombardo con una maggioranza che si regge sullo stato confusionale e sull’inconsistenza del cosiddetto centro-sinistra mostra chiaramente (quasi fosse un vero laboratorio storico dove verificare le ipotesi di partenza) quali sono gli scenari del futuro immediato a livello locale e, in proiezione, forse, quelli nazionali.
E alla cui responsabilità nel non avallare nessuna alleanza con forze di questo genere vanno richiamate tutte le forze che si autodefiniscono comuniste, sul piano locale come su quello nazionale.
Gli effetti di questo stato di cose sono sotto gli occhi di tutti:
a) ripresa dell’emigrazione a tutti i livelli;
b) coscienza e direzione del conflitto tenuti sotto scacco dal potere di ricatto insito nelle condizioni di necessità e dalle ipoteche rappresentate dalla criminalità organizzata;
c) debolezza nella capacità di mobilitazione e, soprattutto, nella ricerca dell’autonomia e dell’indipendenza dei comunisti.
Quest’ultima circostanza è facilmente riscontrabile nella difficoltà a far uscire la lotta politica e sociale (come anche la battaglia culturale perché la lotta di classe è pure nell’elaborazione teorica) dall’equivoco tutto ideologico della legalità come unico campo d’intervento.
Anche gli ultimi eventi bellici dimostrano il carico di contraddizioni che la Sicilia regge: la vicenda di Lampedusa può essere la cartina di tornasole di quanto il razzismo sia, presa in sé, una categoria vuota e quanto, invece, sia vera e pericolosa se riempita dai contenuti di classe dell’inevitabile guerra tra poveri che è generata dalle politiche imperialiste nel Mediterraneo.
Eppure, non senza difficoltà e con qualche sbandamento teorico, il percorso dei movimenti contro la guerra in Libia e contro le politiche razziste (perché lo alimentano) e segregazioniste del governo procede anche in Sicilia.
La regione è oggi un punto d’importanza strategica centrale, rivestendo in questo momento un duplice ruolo: luogo di partenza dei bombardieri per la Libia, dalle base militare di Sigonella e dall’aeroporto di Trapani-Birgi (chiuso ormai da settimane ai voli civili); e insieme, soprattutto a Mineo e a Lampedusa, luogo di sperimentazione di nuove e inquietanti forme di gestione dei flussi migratori.
Come Rete dei Comunisti riteniamo in questo momento essenziale costruire dei momenti di sintesi politica all’interno del movimento, lavorare per la sua crescita numerica e di consapevolezza; tener fermo il legame ferreo tra la guerra imperialistica e neocolonialistica che abbiamo davanti agli occhi e i movimenti di masse di lavoratori dall’Africa; fare un ragionamento politico, teorico e storico sulla natura della guerra imperialista e sulle ambiguità presenti anche a sinistra a proposito della situazione libica; promuovere forme di solidarietà internazionalistica che vadano oltre il generico aiuto umanitario.
Infatti, come si diceva inizialmente, le contraddizioni sono solo lo scenario o lo sfondo sul quale si gioca la partita e, se da una parte sembrano sancire una sconfitta, d’altra parte non possono registrare un ‘nostro’ fallimento per la semplice ragione che la realtà materiale, con i fatti che hanno la testa dura a morire, registra, invece, ben altro fallimento: quello del governo capitalistico della società e di quanti a sinistra hanno inseguito l’avversario sul suo stesso terreno.
E qui, adesso, le possibilità generate dalle contraddizioni. Il campo dove i comunisti possono e devono giocare un ruolo decisivo: nel sostenere, cioè, attraverso l’elaborazione di una prospettiva di cambiamento effettivo, le innumerevoli vertenze che agitano il corpo sociale e il mondo del lavoro. C’è un bisogno oggettivo, vale a dire, di comunismo, tra i lavoratori e in tutte le contraddizioni che lo sviluppo capitalistico genera: dalla distruzione del territorio naturale al saccheggio culturale del patrimonio storico di lotte che i comunisti, anche in Sicilia, hanno costituito.
Alla Rete dei Comunisti, alla nostra organizzazione, la realtà pone questo punto all’ordine del giorno: quello di attribuire nome, visibilità, presenza concreta a questo bisogno tanto oggettivo quanto occultato dalla mistificazione dominante.
Compito –s’intenda- da portare avanti insieme a tutti i compagni, a tutti i comunisti ovunque collocati e a quei militanti della sinistra anticapitalista che condividono con noi alcuni punti di fondo e che, cosa ancor più importante, facciano discendere da questi punti atti politici coerenti.
Per quanto ci riguarda, come Rete dei Comunisti in Sicilia e a Catania, nello specifico, è chiaro che non bisogna perdere mai il punto di riferimento nazionale perché sappiamo bene che è dentro quest’universalità che le azioni particolari possono ricevere senso e spinte adeguate.
D’altra parte la gramsciana Questione meridionale non era la rivendicazione di una particolarità ma, al contrario, una questione nazionale che significava l’alleanza dei contadini del sud e degli operai del nord nel blocco sociale antagonista a quello dominante che si era formato durante il processo di unificazione nazionale.
Per questo è bene ricordare sempre che combattere la separazione tra le forme dell’uguaglianza e la sua realtà effettuale, non è, per i comunisti, una questione accidentale ma attiene alla sostanza stessa della loro esistenza.