Capitale e natura – Seconda parte parte – Capitolo 7
Nelle società divise in classi, una delle quali detiene il monopolio dei mezzi di produzione, gli oggetti e gli obiettivi della ricerca scientifica sono imposti dalla classe dominante, dalle esigenze del modo di produzione che essa rappresenta.
Nel Modo di Produzione Capitalista l’attività produttiva non è determinata dai bisogni umani ma dalla necessità di accumulazione del capitale, pertanto gli oggetti della ricerca scientifica e i suoi scopi sono determinati dai rapporti capitalistici di produzione e dai rapporti sociali che ne derivano.
Nell’attuale sistema economico-sociale, la scienza assume un ruolo centrale in quanto forza produttiva, diventa prevalentemente un fattore di produzione.
In questo modo l’ideologia della classe dominante interviene anche nel lavoro teorico e nella finalità della scienza, togliendo a questa lo scopo di conoscenza come necessità del sapere, e dando a questa prima di tutto il ruolo di sviluppo della tecnologia in quanto applicazione delle conoscenze scientifiche alla produzione.
Le leggi della massima produttività per l’accumulazione capitalista hanno annullato anche il motivo proprio della scienza e della tecnologia, eliminando il senso universale della scienza, quindi indipendente dalla tecnologia, e la tecnologia come conseguenza possibile della scienza. Lo sviluppismo capitalista ha dato esclusivo compito universale alla tecnologia, creando in questo modo il concetto di tecno-scienza, impiegando esclusivamente in questo modo la scienza.
La supremazia della borghesia sulle conoscenze tecnico-scientifiche, diventata tecno-scienza, che unitamente alla proprietà dei mezzi di produzione creano la sintesi della sua egemonia e il fulcro strategico del sistema.
Il condizionamento operato dalla borghesia sulla scienza ha prodotto anche una “corporazione” degli scienziati e dei ricercatori, legata a doppio filo con la borghesia stessa. Questa “corporazione” filtra le esigenze e la logica del capitale formalizzandole e incorporandole nella produzione, sussumendo e trasferendo nelle scoperte scientifiche e nei ritrovati tecnologici la logica dello sfruttamento, sottraendo le conoscenze dal controllo dei lavoratori e da quello di tutta la popolazione.
Il concetto di progresso dell’ideologia borghese è volutamente indefinito, celando così le relazioni sociali sul quale è costituito e quindi l’appropriazione da parte del capitale della scienza e della tecnologia, impedendone la sua equa distribuzione.
Nella competizione dei poli imperialisti, soprattutto in un periodo di crisi del sistema capitalista, la ricerca e la tecnologia svolgono un ruolo fondamentale e con una doppia valenza. Infatti da un lato gli investimenti in ricerca e in tecnologia servono a ridurre i costi di produzione (e non a migliorare le condizioni di lavoro e la qualità della vita), dall’altro servono a mantenere il primato sulla periferia produttiva ed esercitare anche in questo modo il monopolio imperialista.
L’attuale mondializzazione del capitale con il decentramento produttivo, ma anche la parcellizzazione e la precarizzazione del lavoro, hanno contribuito a produrre anche la sottrazione ai lavoratori della capacità di riconoscersi, organizzarsi e agire come classe, e quindi di annullare anche la conoscenza integrale del ciclo di produzione e valorizzazione del capitale come conoscenza e coscienza antagonista.
In Italia, ad esempio, gli enti di ricerca sono sempre meno finanziati dallo Sato e sempre più finanziati direttamente dall’industria, prime fra tutte quella bellica, quella energetica, quella farmaceutica, quella agroalimentare, quella delle telecomunicazioni. I nuovi “riordini” degli enti di ricerca stanno andando anche oltre, infatti dai finanziamenti si sta passando ai Fondi di Investimento, cioè ricerche totalmente finanziate dal Mercato.
Questo significa che la ricerca andrà totalmente nella direzione decisa dagli investitori privati e non in quella decisa dallo Stato, con la conseguente privatizzazione della proprietà intellettuale e quindi dei brevetti derivanti da queste ricerche, sfuggendo così per sempre dal controllo collettivo e pubblico.
Cosa che sta succedendo anche all’interno delle Università con l’introduzione delle Fondazioni private, che oltre a condizionare la ricerca stanno condizionando anche la didattica.
E’ importante invertire la tendenza, imponendo la riappropriazione collettiva della scienza, e quindi della ricerca e delle tecnologie che ne derivano, ridando a questa il suo significato universale e alla tecnologia una delle possibili applicazioni della scienza.
La concezione della scienza e della tecnologia, soprattutto nella sua eccezione di tecno-scienza, come intrinsecamente progressive e capaci di risolvere tutti i problemi, ma che in realtà nascondono la giustificazione a qualunque intervento sulla natura, ha posto spesso l’uomo nella posizione di “apprendista stregone”. Per questo è necessario anche superare la logica puramente scientista, cioè il tipo di rapporto con la natura basato sul dominio e sullo sfruttamento, che pensa di potersi sostituire ad ogni processo naturale con le manipolazioni tecno-scientifiche artificiali.
Bisogna rompere il monopolio della conoscenza e collocarla al servizio di tutta l’Umanità. E’ fondamentale garantirla come diritto e pensarla come interesse di classe, quindi come servizio pubblico, garantendone la democratizzazione e il controllo democratico.
La ricerca deve diventare completamente di proprietà pubblica, e da questa essere completamente finanziata e quindi democraticamente controllata. Deve essere orientata alla conoscenza e ai saperi collettivi, dove la finalità sta nella qualità della vita, nella crescita culturale-scientifica per tutti, dove la tecnologia possa essere accessibile a tutti i popoli e per loro utile, dove diventa fondamentale la salvaguardia delle ricchezze naturali, la soluzione dei problemi a queste collegati, primi fra tutti quelli energetici con investimenti orientati alle fonti rinnovabili e socio-eco sostenibili, al risparmio e all’efficienza energetica.
CREDITS
Immagine in evidenza: Per avere di più, è necessario produrre di più. Per produrre di più, è necessario sapere di più.
Autore: Alexander Zelensky, 1920
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