PIIGS. Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna
Autore: L. Vasapollo, R. Martufi, J. Arriola (a cura di)
Formato: 23.2 x 15.2
Pagine:
Prima edizione: settembre 2011
Editore: Jaca Book
ISBN-10: 8816411309
ISBN-13: 978-8816411302
EAN: 9788816411302
Dalla quarta di copertina (della seconda edizione, che tiene conto dell’insediamento del governo Monti)
Questo è un pamphlet sulla crisi attuale dell’economia capitalistica: la sua origine nel 1971, a partire dagli USA, la recente storia dell’economia europea e italiana, la situazione dei PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) e la possibilità per i PIIGS e per il nostro paese di trasformare la crisi in opportunità.
Si tratta di una critica radicale a come è stata condotta l’Unione Economica e Monetaria (UEM) e di un monito alle conseguenze infinite negative di chi volesse seguitare ad ammansire la crisi con un keynesismo di guerra. Una proposta, infine, per quanto riguarda il nostro paese, su come si possa evitare la dialettica tra un’economia dei famigli di stampo berlusconiano e un’economia dei manager del grande capitale di stampo prodiano e bersaniano.
Una reale opportunità che espande le sue possibilità per il fatto di trovarsi assieme con altri paesi in analoga situazione socio-economico-culturale: PIIGS.
PIIGS sono le iniziali di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna; in inglese PIIGS si pronuncia pigs e significa maiali. Questo è l’epiteto che i grandi finanzieri europei danno nelle riunioni strategiche dell’Unione Economica e Monetaria ai paesi del Sud Europa e all’Irlanda (da sempre, colonia britannica sfruttata).
L’analisi del presente pamphlet riprende i fondamentali dell’economia e le sue proposte allargano il respiro economico all’antropologico, mostrando che è possibile trovare nella crisi l’opportunità di un diverso modo di concepire la stessa ricchezza di un paese e di un gruppo di paesi.
C’è una corsa alla ricchezza che crea miseria e c’è una ricchezza in forme di vita che non perseguono obiettivi di sviluppo impossibile.
Nel leggere le proposte finali — distaccarsi dall’area dell’euro, distaccarsi da eccessivi legami con l’azienda mondo e con istituzioni che difendono la mondializzazione di un liberismo sfrenato e apprensivo, ridurre la massa di merce importata, ritrovare nelle proprie risorse una messa in valore del lavoro interno, nazionalizzazione delle banche, di fonti energetiche e di servizi, apertura di uno scambio paritetico tra i PIIGS, un ALIAS che imiti l’ALBA dell’America centro-meridionale — occorrerà fare lo sforzo di non credere di sapere come finisce la pellicola. Se avessero fatto così, paesi come Kerala, Bolivia ed Ecuador oggi non sarebbero lì a dirci esperienze economico-sociali utili per l’umanità.
LUCIANO VASAPOLLO insegna Economia applicata all’Università «La Sapienza» di Roma. È direttore scientifico di CESTES-PROTEO.
RITA MARTUFI, ricercatore socio-economico, è direttore formazione e ricerca di CESTES-PROTEO.
JOAQUIN ARRIOLA insegna Economia politica alla Universidad del País Vasco/EHU a Bilbao. È membro del comitato scientifico di CESTES-PROTEO.
da Il lavoro teorico della Rete dei Comunisti di Italo Nobile
nel 2011 esce per Jaca Book il libro “Il risveglio dei maiali” di Luciano Vasapollo (con Rita Martufi e Joaquin Arriola) dove si analizza la crisi attuale dell’economia capitalistica mettendola in relazione con la crisi Usa degli anni Settanta e con la presunta crisi europea del debito pubblico. Viene fatta una critica forte dell’Unione Europea e dell’Euro e anche alle strategie dell’austerity (anche in versioni keynesiane che ancora aleggiano nella sinistra europea). In questo testo si propone, apertamente, la rottura della gabbia dell’Unione Europea, l’uscita dall’Euro e si prospetta la necessità dell’organizzazione di una nuova area monetaria euro-mediterranea ispirata dall’Alba sudamericana. Si tratta di una delle premesse teoriche più consapevoli e sistematiche di cui la costituzione della Piattaforma Sociale Eurostop è – anche se non direttamente – una risultante politico/pratica. Vasapollo afferma verso la fine del testo in coerenza con il percorso sin qui fatto: “La nostra analisi non ha a che fare con una visione immediata di fine del capitalismo per autodistruzione ed una teoria del crollismo. In assenza di un confronto di classe radicale da parte di una forza soggettiva organizzata capace concretamente di una ricerca di soluzioni, il sistema troverà ancora altre modalità attuative per far sopravvivere il modo di produzione capitalistico”.