Rete dei Comunisti
Lo scorso venerdì 2 ottobre c’è stata una importante giornata di mobilitazione a Roma con uno sciopero cittadino indetto dalla USB per l’intera giornata, sciopero riuscito in pieno nei trasporti cittadini, ed una manifestazione nel pomeriggio rappresentativa del conflitto sociale e sindacale che vive nella città.
Erano presenti alla mobilitazione pomeridiana i lavoratori dei trasporti (Atac e Tpl) orgogliosi della piena riuscita dello sciopero; i lavoratori dell’Ama, altra azienda municipale in via di privatizzazione in cui l’USB aveva proclamato lo sciopero di 24 ore e dove in alcune aree si è registrata un’adesione del 50%; non mancavano neanche i dipendenti della Coop 29 giugno, i lavoratori dei canili comunali in occupazione e degli enti previdenziali privatizzati, la Carovana delle Periferie, le Liste dei Disoccupati, Cinecittà Bene Comune, il Corto Circuito, soggetti politici come Ross@, Prc, i giovani recentemente sgomberati dall’occupazione di Degage, collettivi come Militant o realtà come i Blocchi Precari Metropolitani e l’Usi, hanno sfilato con determinazione. Il corteo del pomeriggio, ha in qualche modo “capitalizzato” lo sciopero.
Uno sciopero che è stato aggredito nei giorni successivi dai principali giornali nazionali, Repubblica ed il Corriere della Sera in primis, che hanno sbattuto “il mostro in prima pagina” chiedendo ad alta voce la fine del diritto di sciopero.
Certamente importante è stata la piena riuscita delle due mobilitazioni ma queste hanno rappresentato non solo il conflitto ma anche una ipotesi ed una pratica di ricomposizione del blocco sociale oggi sottoposto alle brutali politiche indotte dalla Unione Europea e attuate dai governi nazionali e locali a tutti i livelli. Quello che sta emergendo e imponendo in questi anni di lotta di classe dall’alto, che ci viene anche dalla vicenda Greca, è che il conflitto di per se è una condizione fondamentale ma da solo non basta se non viene sostenuto da una identità politica e conflittuale e da una conseguente organizzazione dei settori di classe così come oggi vivono nella società.
L’importanza del 2 Ottobre sta dunque nel fatto che si è intravvista una ricomposizione che vede settori o divisi oppure in conflitto tra di loro. Strutture sindacali, lotte sociali come quelle della casa, strutture territoriali in lotta contro la devastazione della speculazione, i migranti organizzati tutti questi soggetti sono scesi in piazza assieme dando una indicazione politica di ricomposizione ma dicendo chiaramente che questa è possibile solo grazie a processi stabili di organizzazione. Questa possibilità si era manifestata anche durante le giornate di lotta del 18 e 19 Ottobre del 2013 con una enorme mobilitazione nazionale, ma quelle giornate sono state poi archiviate e sprecate da un movimentismo cieco e senza prospettive.
Riproporre quel modello di relazione sociale e di conflitto oggi significa voltare pagina, prendere atto che il situazionismo e movimentismo che caratterizza le aree più “antagoniste” ma di fatti irrilevanti del nostro paese non basta più e che la solo rappresentazione politica è superata dallo sviluppo delle contraddizioni e dalla determinazione del nostro avversario di classe. La strada perciò che ora va percorsa è quella dell’organizzazione del sindacalismo metropolitano, della confederalità sociale che devono caratterizzarsi per una ricomposizione stabile ed organizzata dei soggetti in crisi sociale, dal lavoro dipendente manuale ed intellettuale, al lavoro precario, alle condizioni che si vivono sul territorio fino ad esprimere una identità che sia di chiaro antagonismo all’assetto istituzionale ed antidemocratico che con Renzi ed il PD, ben oltre il berlusconismo, si vuole determinare nel nostro paese.