Ora occorre costruire una nuova dura tappa della rivoluzione chavista con profondi cambiamenti politici e con una decisa diversificazione produttiva che sconfigga la guerra economica e psicologica nell’attualizzazione di una reale pianificazione socialista
Intervista a Luciano Vasapollo
Sbobinamento di Silvia Orri dell’intervista a Radio Onda d’Urto di Luciano Vasapollo e corretta per questa versione scritta
http://www.radiondadurto.org/2015/12/07/venezuela-la-destra-vince-le-legislative-quale-futuro-per-la-rivoluzione-bolivariana/
http://www.nuestra-america.it/index.php/it/articoli/venezuela/item/1279-venezuela-interviste-al-profvasapollo-da-radio-onda-durto-e-radio-citt%C3%A0-aperta-dopo-le-elezioni-del-6-dicembre
Professor Vasapollo, innanzitutto le chiedo di dirci qual è secondo lei la causa di questo risultato in Venezuela e come possiamo ascriverlo all’interno di tutto il processo rivoluzionario venezuelano portato avanti negli ultimi 16 anni.
Da parte di un marxista, un’intellettuale militante come me, fortemente schierato con il governo rivoluzionario venezuelano, essendo anche loro collaboratore sulle questioni della pianificazione economica, sono ovviamente dispiaciuto e politicamente profondamente preoccupato, è chiaro. La reazione emotiva è quella di sofferenza politica ed umana, per la sincera amicizia rivoluzionaria verso un governo della transizione socialista , onesto, che in 16 anni ha dato tutto al popolo venezuelano: istruzione, sanità, missioni,pubbliche, gratuite ha invertito decisamente il corso della storia del Venezuela, e non solo.
Ci sono stati eventi positivi e negativi in questo lungo lasso di tempo e bisogna analizzarli.
Sicuramente vanno considerati gli errori, i limiti, le contraddizioni del governo che hanno portato a questo risultato. Qualsiasi processo rivoluzionario, anche il più sano, corretto e lungimirante come quello chavista ,che è stato creativo ed un punto di riferimento non solo per il Venezuela ed il Sud America ma per l’intera umanità, in quanto ne ha cambiato il volto e le prospettive, è portato avanti da uomini e quindi ha le sue contraddizioni e limiti. In questa intervista vorrei mettere in evidenza anche questo aspetto, dicendo le cose onestamente.
Partiamo però da prima. Mi viene da pensare, per iniziare, al momento della morte del comandante Chavez, sulla quale ancora si sta indagando; sono ancora aperte le prospettive e le possibilità di indagine se quella morte non sia avvenuta per malattia accidentale, e se sia potuta essere stata una morte indotta attraverso avvelenamenti durante lungo tempo. Siamo abituati al fatto che l’imperialismo agisca in varie determinate maniere e convergenti; solo a titolo di supposizioni da indagare però, negli anni precedenti ci sono stati sei presidenti rivoluzionari, progressisti e democratici in America Latina che sono stati colpiti da un tumore. E’ quindi una verifica a margine ma va fatta.
Torniamo al 13 aprile 2013, eravate là, come sempre, per le elezioni, come accompagnatori elettorali; vince Maduro per pochi voti con 250.000 voti di differenza, con meno del 51%. Quale può essere stato l’effetto?
Ovviamente il Venezuela, come tutti i Paesi latinoamericani, impostano la politica di massa molto sulla leadership, come punto di riferimento sul compagno, sul rappresentante del popolo. Ognuno ha la sua cultura, noi non possiamo scandalizzarci e dire: “Ma come? Sono così legati ad una sorta di populismo?”; no, in America Latina si crede in maniera carismatica al grande leader, è avvenuto con tanti leader rivoluzionari e non solo.
La morte di Chavez porta allo sconforto, una parte dei chavisti non va a votare, oppure annullano la scheda, c’è una prospettiva rivoluzionaria ma un po’ ci si disinnamora e per cui si realizza questa vittoria ristretta.
Detto questo, nei giorni successivi alle votazioni, cioè dal lunedì al giovedì, c’è stato un tentativo di colpo di Stato della controrivoluzione; ormai è storia, immediatamente l’opposizione filo-USA, fascista, oligarchica, scende in piazza armata dall’imperialismo. 11 morti, poi successivamente diventati 43 in 3 giorni, oltre 80 feriti, sparatorie, mascherati incendiando case, uffici, con le pistole e le mitragliette che sparavano sui policlinici cubani e sulla folla.
Non è un’opposizione democratica, c’è una fetta consistente che è fatta da mercenari, paramilitari, con infiltrazioni fasciste europee, che si presta ai giochi della CIA con continui tentativi di golpe.
Questa strategia continua per almeno un anno, con morti ed attentati, fino a quando l’imperialismo, l’opposizione fascista controrivoluzionaria si accorgono che la strada armata non è possibile, in quanto il Governo del Venezuela con senso di responsabilità non da risposte repressive. La rivoluzione del Venezuela ottiene una grandissima solidarietà, per cui da parte di UNASUR, CELAC c’è la decisione unanime a favore del legittimo governo chavista, e contro questi progetti fascisti di destabilizzazione.
Per cui l’imperialismo sceglie un’altra strada, invece della guerra militare usa quella economica. In cosa consiste? Creare delle condizioni per affamare il popolo e dare poi la colpa ovviamente al governo.
In che cosa si è concretizzata? Per esempio sul contrabbando dei beni di prima necessità, cioè la produzione nazionale che era venduta in Venezuela a prezzi attraverso il bolivar (accessibili per tutto il popolo), viene dalla grande distribuzione in mano all’oligarchia, esportata in maniera clandestina ed illegale con l’aiuto dei narcotrafficanti alla frontiera, in Colombia. E’ più di anno che va avanti questa storia e parliamo di beni di prima necessità, perché la gente deve convivere con la penuria sul mercato di ciò che serve, dalla carta igienica al formaggio, dentifricio, beni fondamentali. Entrano quindi in Colombia questi beni, vengono commercializzati da narcotrafficanti e mercenari prima in bolivar alla frontiera con 40/50 volte il loro prezzo oppure vengono riesportati; diventano quindi beni di produzione venezuelano che diventano importazioni e rientrano però dollarizzati (ne hai accesso solo attraverso la valuta USA). Questo fa sì che aumenti fortemente la domanda di dollari ed il suo prezzo sale. Ancora oggi il cambio ufficiale bolivar-dollaro è un cambio ad 1/6.5, in un anno e mezzo è arrivato a 750 con il cambio a nero.
Raddoppia e triplica quindi l’inflazione speculativa ed indotta, si trova abbattuto il potere d’acquisto dei lavoratori, si hanno con uno stipendio medio circa 10 dollari al mese con il cambio al nero.
Quindi guerra economica significa assenza di prodotti voluta da un attacco imperialista e parallelamente inflazione, speculazione commerciale, economica e monetaria.
Ovviamente così parte anche la guerra psicologica, la maggior parte della popolazione, anche chavista o simpatizzante, vedendo una mancanza così forte di alcuni beni di prima necessità inizia a pensare che la colpa sia del governo, interessa poco il discorso dei narcotrafficanti, delle oligarchie o della guerra economica, perché è gente a cui manca il riso, la farina e vuole vivere meglio.
Si addossano quindi al governo responsabilità che non ha.
Questo si somma chiaramente alla guerra mass mediatica; consideriamo che in 15 anni di governo rivoluzionario l’oligarchia è rimasta forte nel controllo dei centri di potere. La parte della borghesia petroliera, si è trovata completamente spiazzata per il fatto che con Chavez e con il governo di Maduro si è ridistribuita socialmente verso il basso la rendita petrolifera: l’80% di questa è stato utilizzato per investimenti sociali; cioè è andata all’economia pubblica, a strade, ospedali, istruzione, case, fognature, elettricità ecc. Ovviamente gli oligarchi hanno in mano oltre alla grande struttura finanziaria, produttiva e della distribuzione, anche l’informazione; il 90% dei giornali del Venezuela sono in mano al’opposizione per cui solo 3 o 4 giornali a tiratura nazionale sono filo-governativi, vicino al PSUV, a Chavez; l’informazione è fortemente controllato anche con la televisione, ci sono tantissime televisioni in Venezuela e solo una praticamente dà una informazione oggettiva e sincera sull’operato del Governo con Maduro e con il governo e poi fa il suo lavoro la gloriosa TeleSur.
C’è una disparità d’informazione e la guerra psicologica è indotta dalla guerra mediatica.
Detto questo, potete considerare come si è arrivati a queste elezioni, tra l’altro non lascerei in subordine l’ondata legata alla vittoria di Macri in Argentina, un centrodestra comunque filo-imperialista. Macri appena insediato ha giurato fedeltà agli USA, ha gridato immediatamente vendetta e guerra all’ALBA dicendo fuori il Venezuela dal Mercosur.
Tutto questo ha sicuramente influito su molti elettori indecisi . Ha votato il popolo venezuelano è indubbio, nel senso ampio, il 75%, e Maduro ha ammesso questo immediatamente nel suo discorso alla Nazione riconoscendo la sconfitta durissima affermando in pratica il ritorno deciso nella “calle”, tra la gente, rinvigoriamo il processo rivoluzionario, rimettiamoci in discussione ed al lavoro.
Questa nuova ondata contro i governi progressisti, democratici, rivoluzionari, si sente eccome.
Come si sente anche la crisi economica internazionale che ricade sul Venezuela e sull’ALBA. C’è la guerra del petrolio, tra le altre. Il prezzo cade del 60-70% in pochi giorni; perché? E’ un effetto speculativo ed ha come obiettivo la Russia di Putin ed il Venezuela di Maduro perché sono tra i maggiori produttori di petrolio non controllati dagli USA; il Venezuela è il quinto produttore di petrolio al mondo ma il primo in quanto a riserve.
Ovviamente viene sferrato da parte dell’occidente un attacco contro questi due paesi perché essendo esportatori di petrolio abbassandogli il prezzo chiaramente si creano alti danni economici. Tra l’altro per poter sostenere questo abbassamento del prezzo devi avere un’offerta alta; se la domanda non diminuisce altrimenti come fai ad abbassare il prezzo? Devi aumentare fortemente l’offerta di petrolio. Chi si presta a questa operazione di immettere forti quantitativi nel mercato di petrolio? Le petromonarchie arabe, che sono quelle che finanziano proteggono e hanno grossi investimenti e legami militari con l’ISIS ed il terrorismo. L’Arabia quindi mette sul mercato un quantitativo enorme di petrolio ed anche l’Iran, costretto in qualche modo a pagare il prezzo sull’accordo del nucleare.
Lo scenario internazionale della crisi sistemica porta a tentativi di uscirne da parte del mondo occidentale attraverso la guerra militare, sociale, il clima sempre più militarizzato. I maledetti parametri di Maastricht, i mancati investimenti sociali; si negano le deroghe sulla spesa sociale invece si sforano i parametri solo per aumentare investimenti pubblici, ma non sociali, quelle militari in guerra, armamenti ecc.
Questo clima non può non ricadere sui Paesi dell’ALBA, la crisi si risente a livello dell’intera America Latina ed il paese più sotto attacco al potere capitalista e delle multinazionali è il Venezuela perché senza dubbio la forza economica dell’ALBA proviene prevalentemente dal Venezuela che sa ridistribuire socialmente i proventi dei suoi giacimenti di petrolio permettendo un afflusso di petrolio a Cuba ed ad altri paesi a prezzo politico ricevendo altri beni in cambio attraverso i mercati interni dell’ALBA, quelli compensativi; di complementarietà e solidarietà, ogni paese mette a disposizione ciò che può; Cuba avrà il petrolio a prezzo politico e mette a disposizione talento umano cioè migliaia di medici, insegnanti o si favorisce lo scambio complementare con altri prodotti del Nicaragua o della Bolivia.
Ovviamente non si può non parlare degli errori…
Ogni processo rivoluzionario commette degli errori; ad esempio secondo me si è troppo rimandato il discorso della diversificazione produttiva. E’ vero che l’attacco speculativo e la guerra economica li avrebbero sferrati comunque però se ci fosse stata una maggiore attenzione alla diversificazione produttiva, che è lenta, ma dipendere meno dal petrolio e ripartire con industrie non soltanto petrolifere, ripartire con la piccola impresa, ridare un ruolo centrale all’agricoltura, abbassare la propensione all’import per lo meno per i beni di prima necessità; questo non è che manchi, ci si è lavorato molto in questi anni, con l’impresa socialista e statale, le cooperative, un maggior ruolo al potere popolare attraverso las comunas, le strutture politico-economiche all’interno del paese, ma necessita l’autodeterminazione non solo economica ma anche politica popolare.
Si è fatto molto ma su questi punti, e in particolare la diversificazione produttiva e la socializzazione sono marciate poco.
I primi anni Chavez trovandosi con un popolo analfabeta, senza lavoro, senza i servizi di prima necessità, con la sanità privata, senza casa, ovviamente ha nazionalizzato le imprese del petrolio e socializzato la rendita, invece che darla alle multinazionali la si tiene nel proprio paese e tutta l’entrata va ad investimenti sociali.
Negli anni si sono sviluppate le Missioni con gran investimento in case popolari, in un lavoro per tutti, abbattimento dell’analfabetismo, nell’università bolivariana, istruzione e sanità gratuita e pubblica, accesso gratuito alla medicina preventiva.
Poi ad un certo punto secondo me bisognava dare più impulso alla diversificazione economica, oltre a questo secondo me su alcuni settori andava spinta di più la socializzazione o almeno una più decisa nazionalizzazione, per esempio il controllo del tutto pubblico del sistema bancario. Un paese che vuole rendersi indipendente sempre più dalle politiche capitaliste ed imperialiste deve controllare assolutamente tutto il sistema finanziario e tutto il sistema bancario; perché ciò permette di nazionalizzare di più gli altri settori ma permette anche che quei settori o industrie nazionalizzati abbiano la normalità dei flussi creditizi. Se nazionalizzi e poi il sistema bancario internazionale ti chiude i flussi di credito, con che si sviluppa l’impresa pubblica statale? Altro discorso, hanno istituito in questi anni las comunas cioè una struttura di potere popolare di quartiere, in cui parallelamente all’istruzione, all’abitare, alla sanità ci sono forme di cooperative e di produzione autodeterminata dentro la comuna stessa. Questo percorso, che si basa parallelamente sull’impresa socialista e sull’impresa sociale, probabilmente doveva cominciare prima e con più determinazione.
L’impulso ora deve essere quello di socializzare maggiormente, dovrà esserci una presa di posizione netta anche sui distretti socialisti, sulla produzione distrettuale. E poi la diversificazione della pianificazione; cioè la pianificazione socialista dev’essere ovviamente centralizzata, le decisioni strategiche devono essere assolutamente centralizzate, però si deve cercare di coniugare questa con una serie di metodi alternativi di pianificazioni decentralizzate. Questo significa dare fiato ed ossigeno alle economie locali, non soltanto a livello settoriale ma anche a livello spaziale. Si devono cioè qualificare ed ottimizzare le risorse locali; è ovvio che continuare a far riferimento al piano centrale economico ma bisogna diversificare la struttura economica con forme di pianificazione economica socialista e con forme che tengono conto della cultura, delle risorse, delle strutture del territorio locale.
Anche su questo bisognerà lavorare.
E’ quindi una sconfitta dura ma non definitiva. Il governo rimane in mano a Maduro; ma si è di fronte a una grande contraddizione perché ci sarà un governo rivoluzionario ed invece un parlamento che sarà ad ampia rappresentanza da parte dell’opposizione controrivoluzionaria.
Quale sarà l’ultimo fine destabilizzante delle politiche dell’opposizione?
Boicottare tutte le leggi, specialmente quelle a carattere sociale in maniera tale da incrementare il malcontento; la guerra economica questa volta ha il controllo istituzionale in maniera tale da fare ricadere sul governo di Maduro tutte quelle che sono le problematiche politico-economico-sociali che il boicottaggio del parlamento farà verso le iniziative di governo ed inoltre c’è la possibilità del referendum revocatorio. Si crea in questa maniera una situazione di instabilità per un po’ di mesi, per poter poi dire che l’economia è allo sfascio, l’intera società è allo stremo politico decisionale e chiedere il referendum revocatorio della guida centrale del presidente Maduro. I controrivoluzionari, l’oligarchia si giocano la carta di avere poi in mano il parlamento ed il potere di fare le elezioni anticipate per il governo e dare il paese in mano a multinazionali ed imperialismi.
Sono certo che giocheranno questa carta, il parlamento della controrivoluzione è lì con l’unico fine di boicottare il governo. Purtroppo questo avverrà ed il fine ultimo sarà il referendum revocatorio.
Ma Marx ci insegna che è la dinamica della lotta di classe che decide la determinazione del divenire storico.