Primo tentativo di rappresentanza politica del blocco sociale
da “Una Storia anomala” primo volume
Nel 1980 lo stato dell’agibilità politica a Roma è pesantissimo. Tutte le manifestazioni vengono sistematicamente vietate dalla Questura. Per l’anniversario del 12 maggio, uccisione di Giorgiana Masi, avvenuta tre anni prima durante una manifestazione, la motivazione del divieto della Questura afferma che la data ricade nel periodo previsto per la campagna elettorale delle comunali a Roma. I compagni dell’Opr ancora una volta lanciano il cuore oltre l’ostacolo e decidono di raccogliere in pochissimi giorni le firme necessarie per presentare una lista alle elezioni e dunque usufruire degli spazi di agibilità previsti dalla campagna elettorale e aggirare il divieto della Questura. La lista si chiamerà “Lista di Lotta” ossia lo strumento utilizzato per organizzare i disoccupati e le famiglie nelle occupazioni delle case. “Per un intervento politico nella campagna elettorale” è scritto nel comunicato che annuncia l’iniziativa. La conclusione è la più anomala delle indicazioni elettorali: “Non è il voto ma la lotta che decide”. Il 12 maggio, in mezzo a mille polemiche con i settori sia astensionisti (Autonomia Operaia) che elettoralisti del movimento (Democrazia Proletaria) e forti tensioni con la Questura, la Lista di Lotta terrà il suo primo comizio in piazza Belli, dove c’è la lapide che ricorda l’uccisione di Giorgiana Masi da parte della polizia. Alla fine del comizio quattro compagni verranno fermati con le armi in pugno dagli agenti della Digos e portati in Questura. Il funzionario esprimerà chiaramente la rabbia per essere stati giocati dall’escamotage usata con la Lista di Lotta. La campagna elettorale, dopo comizi in molti quartieri popolari, si conclude con una manifestazione in Piazza Farnese contro le leggi speciali di polizia. Tenendo conto del fatto che aveva condotto una campagna quasi astensionista, la Lista di Lotta otterrà solo 5781 voti, ma aveva anche sperimentato un terreno inedito: quello elettorale. La Lista di Lotta si presenterà anche nelle regionali del 1981 (con risultati analoghi), nelle politiche del 1983 nella sola Regione Lazio (con Nino Pasti capolista) e nelle comunali del 1985.
Se la Lista di Lotta e la presentazione alle elezioni comunali del maggio 1980 nascono come escamotage per aggirare la restrizioni degli spazi di agibilità politica, già nel luglio del 1979, in un documento interno dell’Opr si accennava alla necessità di rompere con lo schematismo in materia di presenza nelle dimensione elettorale. Le elezioni politiche del giugno 1979 avevano visto la sconfitta del Pci dopo cinque anni di avanzamenti e il fallimento della lista elettorale di Nuova Sinistra Unita che non aveva raggiunto il quorum. “Accontentarsi come fanno i soliti settori dell’Autonomia di un astensionismo non legato a concrete prospettive politiche, significa sottovalutare i rischi di strumentalizzazione del voto di protesta e di riproposizione di un parlamentarismo più o meno tradizionale”.
Nell’analisi sulla costruzione di una forza politica di classe che agisca a tutto campo, l’Opr a metà del 1979 ritiene che “il processo molecolare di costruzione dell’autonomia di classe (i comitati) non può reggere più tutti i compiti che la situazione impone, nè lo può fare “l’autonomia diffusa” nelle sue caratteristiche politiche e organizzative attuali”. La soluzione di questo problema, afferma il documento, non è a portata di mano. “Occorre però che su questa questione apriamo un dibattito che sia capace di rompere l’attuale alternativa tra istituzionalizzazione dell’opposizione e teorizzazione di una autonomia senza basi strategiche effettive, per porre il problema di una forza politica organizzata che sia capace di esprimere l’autonomia reale dei bisogni operai e proletari, dargli stabilità organizzativa e capacità politiche nuove”. Con quali interlocutori? Si interroga il documento: “Risolvere questo problema significa aprire per noi un’esperienza nuova e mettere a frutto tutte le lotte che abbiamo condotto in questi anni e dargli prospettiva politica”.
Un ragionamento dunque che contiene in nuce il dibattito e l’elaborazione sulla rappresentanza politica dei settori popolari e del possibile blocco sociale antagonista che riprenderà con maggior vigore e scientificità negli anni Novanta, ma che attraverso la sperimentazione avvenuta con la Lista di Lotta, accumulerà le esperienze concrete che renderanno questo dibattito concreto e non ideologico o accademico dove la costruzione dell’organizzazione di massa avrà un ruolo centrale.
Nella lotta per la casa, ad esempio, sarà decisivo mantenere organizzata fin nei dettagli la gestione delle occupazioni. I problemi che si presentano sono infatti innumerevoli. Non c’è solo la lotta, le manifestazioni, la resistenza agli sgomberi ma c’è da gestire la convivenza quotidiana tra le famiglie dentro le occupazioni, (spesso con grandi disagi), c’è da mettere fuori chi crea problemi e spesso scontrarsi con atteggiamenti o gruppi malavitosi. L’organizzazione in questo è fondamentale. E qualche volta c’è anche un prezzo da pagare come il tentato omicidio di un compagno e l’uccisione di un occupante – Vincenzo Macrì – da parte di un gruppo di malavitosi all’occupazione di Caltagirone in via Cormayeur.
La lotta per la casa, dopo una fase di stasi, era ripartita nel 1980 con l’occupazione di un grande complesso abbandonato (l’ex Gil a Montesacro) da parte di decine di famiglie organizzate con la Lista di Lotta. A Roma e sulle grandi aree metropolitane si va abbattendo l’ondata di sfratti derivata dalla legge sull’Equo Canone. A occupare non sono più i baraccati ma famiglie messe in mezzo alla strada dallo sfratto, una composizione sociale nuova e diversa da quelle precedenti.
Nonostante un clima politico e repressivo pesante, l’occupazione dell’ex Gil diventa quello che voleva essere: un punto di aggregazione dei senza casa e di ripartenza dell’iniziativa di classe a Roma che rimette in moto il movimento di occupazione delle case. Le successive occupazioni a Verde Rocca e Mostacciano vengono sgomberate dalla polizia, quest’ultima in modo particolarmente pesante con diversi compagni arrestati. I tentativi di occupazione e l’organizzazione delle famiglie sfrattate e senza casa procedono per mesi. Fino a quando nel 1981 la Lista di Lotta fa partire una grande e anomala occupazione di case con più di duecento famiglie senza casa. Le case sono quelle del boss dei costruttori romani, Caltagirone, finito nei guai giudiziari, e si trovano in uno dei quartieri residenziali più ricchi ed esclusivi della Capitale: via Cortina D’Ampezzo/via Cormayeur. Tra le case e le ville più ricche di Roma, per sette anni esisterà e resisterà “un’isola rossa e proletaria”. Le famiglie occupanti resisteranno duramente ai tentativi di sgombero e usciranno dall’occupazione solo quando verranno assegnate le case. Questa occupazione diventa un punto di forza che porterà successivamente a nuove occupazioni come quella delle case Bastogi a Torrevecchia.
La Lista di Lotta diventa praticamente l’espressione politico-sociale dell’Opr e di un settore proletario metropolitano organizzato; Radio Proletaria ne rappresenta il fronte politico/comunicativo sul piano generale; i comitati operai e nel pubblico impiego cominciano a costruire le prime esperienze del sindacalismo di base organizzato. L’Opr agisce su tre strutture definite come “gruppi di lavoro”: il centro politico (che ruota intorno a Radio Proletaria), l’intervento territoriale (che ruota intorno alla Lista di Lotta), l’intervento operaio (che ruota intorno ai primi nuclei delle RdB, Rappresentanze Sindacali di base), con una segreteria e un coordinamento. Vengono aperte nuove sedi nei quartieri che saranno le sedi della Lista di Lotta. Sarà una esperienza importante anche perché coincide con la crescente crisi interna del Pci romano che esploderà nel 1985 con la sconfitta elettorale e la fine delle giunte di sinistra a Roma.
Se attraverso il movimento per la pace, la lotta contro la repressione, Radio Proletaria e i primi nuclei sindacali si era cercato di allargare l’orizzonte dell’organizzazione al di là di Roma, per la Lista di Lotta l’occasione dell’estensione verrà dal devastante terremoto che colpisce Napoli e l’Irpinia nel novembre del 1980. Due gruppi di compagni vengono mandati in avanscoperta per capire quali spazi di intervento si possono aprire. Questi spazi si troveranno a Napoli, dove le famiglie terremotate occupano le case vuote e nella Piana del Sele dove agisce un movimento sindacale indipendente : Il Movimento delle Leghe dei Lavoratori sostenuto sul piano legale dall’avvocato, ex comandante partigiano, Angiolo Gracci.
Alcuni compagni della Opr/Lista di Lotta si trasferiscono in quei territori e iniziano una attività di coordinamento e lavoro, soprattutto nelle occupazioni delle case. Le reazioni della camorra (e poi dello Stato) non si fanno attendere. Un compagno napoletano dell’occupazione del Frullone viene ferito alle gambe a revolverate rimanendo claudicante per tutta la vita. È il compagno Gaetano Marati, scomparso recentemente e tra i fondatori delle RdB. I compagni romani verranno poi fermati dalla polizia ed espulsi con il foglio di via. Ma i legami costruiti soprattutto a Napoli reggono nel tempo e ad esempio creano le condizioni per un primo tentativo di costruire le RdB dentro l’Italsider di Bagnoli nel 1984 e i collegamenti con i movimenti dei disoccupati napoletani. Per poco tempo era decollato anche il progetto di Radio Napoli Proletaria. Esce un bollettino – “Oltre il muro”, periodico per lo sviluppo dei Comitati Popolari Territoriali – proprio dedicato all’analisi e al coordinamento delle lotte e dei movimenti sociali sia a Roma che a Napoli, ma che contiene già le prime analisi su conflitti nelle grandi aree urbane e delle contraddizioni nella dimensione metropolitana.