da “Una Storia anomala” primo volume
Gli anni successivi al ‘68 hanno visto svilupparsi forti contraddizioni tra la linea riformista del PCI e le tendenze di classe, che riproponevano l’autonomia dei propri interessi dal sistema dominante.
Per i compagni che hanno dato vita all’Opr, era evidente la necessità di affrontare il problema della forma organizzativa e della progettualità dell’ intervento. La scelta, ragionata, portò alla definizione delle forme più immediatamente possibili di organizzazione di classe; i comitati popolari nei quartieri e i comitati operai nei posti di lavoro, con l’obiettivo appunto della costruzione di un tessuto organizzato stabile di avanguardie politiche e di classe.
L’ingresso dei militanti dell’organizzazione nelle fabbriche e la nascita dei comitati operai all’Autovox, all’IME di Pomezia e più tardi alla Voxson, alla Romanazzi, si intrecciarono con un intenso lavoro di propaganda e di rapporti soprattutto nel settore metalmeccanico, alla Fatme, alla Feal Sud e in tutta la l’area industriale pontina. Fu la concretizzazione della teoria sull’organizzazione: militanza rivoluzionaria più lavoro di massa.
Erano gli anni dei contratti dei metalmeccanici, contratti veri se confrontati con quelli di oggi, seppure non adeguati allo sviluppo della coscienza e alla disponibilità alla lotta manifestata in quegli anni dagli operai.
Divieto di lavoro notturno per le donne, giorni di malattia pagati per intero e anticipati dal padrone, punto unico di contingenza per tutti, erano obiettivi e conquiste ancora ben lontane dalla politica dei sacrifici che alla fine degli anni 70 costituirono l’alibi dello scambio ingannevole tra il contenimento delle richieste operaie nelle zone industriali e il mai verificatosi sviluppo economico del Meridione.
All’Autovox alla richiesta aziendale di un aumento considerevole dei volumi produttivi gli operai rispondono con la conquista dei due turni giornalieri 6×6, pari a 36 ore settimanali pagate 40. Un risultato molto gradito dalla forza lavoro femminile, predominante in fabbrica, e con un aumento dell’occupazione. Oltre alla battaglia portata avanti dai delegati aderenti al Comitato Operaio per la Cassa integrazione a rotazione nell’anno dell’austerity successivo allo shock petrolifero (il 1974), c’è anche la contestazione dei ritmi delle catene di montaggio e del cottimo, con l’abbassamento del 30% della produzione.
Erano gli anni degli scioperi a scacchiera e a gatto selvaggio, più tardi dichiarati illegittimi in accordo con i sindacati tradizionali, scioperi che bloccavano le fabbriche con il minimo di perdita salariale per gli operai.
Il 77, se da una parte vede l’esplodere del movimento, dall’altra segna l’inizio di un processo di riorganizzazione capitalista della produzione che nelle fabbriche romane produce tagli, licenziamenti, CIG e aumento dei cottimi.
All’Autovox, comprata dalla Motorola, multinazionale statunitense, più interessata alla sua rete commerciale che alle sue produzioni, il Comitato Operai Metalmeccanici, costituito dalle compagne e dai compagni dell’OPR, si oppose allo smembramento della fabbrica con cortei interni, manifestazioni e blocchi stradali che partendo dalla Salaria arrivavano al centro di Roma, picchettaggi interni ed esterni di giorno e di notte, fino 98 Una storia anomala ad arrivare all’incatenamento dei macchinari e dei cancelli per evitare la fuoriuscita delle lavorazioni.
In questa fase in tutto il paese si svilupparono realtà di base di operai e lavoratori, che agiscono sempre più in maniera autonoma e antagonista a CGIL CISL UIL, anche sfruttando i livelli di rappresentatività costituiti dai Consigli di fabbrica e dai Consigli dei delegati, che le lotte operaie del ’69 avevano imposto, mandando in soffitta le commissioni interne: una testa un voto, tutti elettori, tutti eleggibili indipendentemente dall’iscrizione ai sindacati.
Nelle maggiori fabbriche del cosiddetto triangolo industriale, Genova, Torino, Milano, si costituiscono i Comitati Unitari di Base. A Roma numerose realtà di organismi di base nei posti di lavoro che avevano animato la Commissione Fabbriche e Quartieri del movimento del ’77, danno vita a NOI mensile degli organismi di base dei lavoratori cui collaborano comitati e strutture di base di Alitalia, Autovox, INPS, Atac, Precari 285, SIP, Vigili del fuoco. Il collettivo Alitalia, il Comitato di Lotta dell’Atac e il Comitato politico Sip sono organizzati prevalentemente da compagni provenienti da Potere Operaio, mentre Autovox, Romanazzi, Inps, Vigili del Fuoco e precari 285 sono le prime espressioni sindacali di base riconducibili all’Opr e che daranno vita alle RdB.
Il numero zero di “Noi” esce con il titolo in prima pagina che annuncia “Costruire l’alternativa”. Convocando una assemblea cittadina degli organismi di base nei posti di lavoro, il giornale descrive la situazione caratterizzata dalla ristrutturazione selvaggia nei posti di lavoro, l’aumento della disoccupazione e dell’inflazione e la diminuzione dei salari reali. Ma denuncia anche come “la dirigenza sindacale di Cgil Cisl Uil ha dimostrato in questi anni una acquiescenza esplicita alla politica di austerità”. Si annuncia così che “contro queste scelte importanti settori di lavoratori del pubblico impiego, dei servizi e dell’industria hanno reagito sviluppando lotte che capovolgevano nettamente le impostazioni sindacali e imponevano punti di vista legati ai bisogni reali dei lavoratori. Di fronte alla prospettiva di nuovi accordi col governo e con la Confindustria che ripetano l’esperienza negativa di questi anni, occorre discutere e organizzarsi subito”.
Il report di quella assemblea operaia e di lavoratori, indica una agenda basata su tre punti: l’organizzazione operaia sui posti di lavoro, il giornale operaio come strumento di unità e lotta, la difesa delle lotte operaie e l’opposizione al patto sociale.
Non tutte le strutture sindacali di base che avviarono quel processo scelsero la strada della formazione delle RdB nei propri posti di lavoro.
Ma il processo era ormai avviato. Nel 1982 NOI diventerà il periodico dì informazione delle Rappresentanze Sindacali di Base essendo giunto a maturazione un primo momento di unificazione e di progettualità di queste espressioni antagoniste a CGIL CISL UIL.
Le RdB non nascono affatto come atto di settarismo o divisione dei lavoratori e del movimento sindacale. Nel primo statuto delle RdB, nel punto dedicato alle finalità è scritto: “La funzione della rappresentanza di base come organizzazione separata dalle altre strutture sindacali, verrà a cessare quando si saranno prodotte le condizioni per una espressione effettiva della volontà dei lavoratori all’interno delle medesime”. È evidente come tali condizioni non solo non si siano più prodotte dentro la Cgil o la Fiom ma anzi come siano complessivamente arretrate e ridotte fino alla complicità di oggi con i governi, la Confindustria e l’Unione Europea.
Possono essere datate tra il 1979 e 1980 le prime formalizzazioni delle RdB dell’INPS, all’Autovox e dei Vigili del Fuoco. Subito dopo, grazie anche all’ingresso di decine di migliaia di precari assunti con la Legge 285 nelle amministrazioni pubbliche, nasce la RdB alla Provincia di Roma e in alcuni ministeri. Ma praticamente tutte le fabbriche in cui c’erano o stavano nascendo le RdB (Autovox, Voxon, Romanazzi) chiudono azzerando così l’insediamento nelle fabbriche dell’area industriale di Roma. Nel 1983, i primi nuclei delle RdB, insieme a tante altre RdB nate nel frattempo, andranno a costituire la Federazione Nazionale delle RdB.
Nei dieci anni trascorsi dall’entrata dei militanti dell’Opr nelle fabbriche – anni che hanno visto consumarsi la rottura dell’unità sindacale tra CGIL CISL UIL, il tramonto del percorso di unificazione che aveva portato alla 102 Una storia anomala costituzione dell’FLM (Federazione Lavoratori Metalmeccanici, la struttura unitaria tra FIOM FIM UILM) la nascita e il declino dei primi autoconvocati – l’azione delle compagne e dei compagni dell’OPR ha allargato il suo campo d’intervento stabilendo rapporti e basi organizzate a Brescia dove alla Caffaro (una fabbrica chimica) si costituisce la prima RdB sui temi della salute e dall’ambiente; a Napoli con i rapporti con gli operai dell’Italsider di Bagnoli, il movimento dei disoccupati e delle occupazioni di case, e poi al nord, a Milano, Torino, in Veneto ed in Emilia.
Tra il 79 e l’80, dunque nascono formalmente le RdB, scontando l’ostilità della gran parte della sinistra e del movimento ma anche e soprattutto dell’opposizione sindacale nella sinistra Cgil che da una parte le tacciavano di ‘economicismo’ e dall’altra di minoritarismo. Come si è visto la caratteristica del nucleo di militanti che diede vita alle RdB era di provenire da realtà operaie e dalle lotte dei disoccupati di Roma e Napoli; realtà che riuscivano ad imporsi nelle elezioni dei Consigli di fabbrica e di Azienda con forti scontri con i sindacati ufficiali.
Nel 1979, in risposta all’espulsione dal Consiglio dei delegati della sede centrale dell’INPS di tre delegati, rei di voler praticare un modello di democrazia partecipativa in contrasto con le derive burocratiche e collaborazioniste di CGIL CISIL UIL e autonomi che di fatto determinavano la vita dell’ente, (occorre ricordare che all’epoca il presidente e il consiglio di amministrazione degli enti parastatali erano espressione dei sindacati ufficiali e della Confindustria), nasce la prima RdB: quella dei lavoratori dell’INPS. Ma il 1979 è anche il tempo dei 61 licenziamenti politici alla FIAT avvenuti il 9 ottobre – esattamente un anno prima dei licenziamenti di massa alla Fiat – il cui obiettivo era l’eliminazione definitiva dei comportamenti di classe, attraverso l’eliminazione dei soggetti più determinati nelle lotte. Si trattava di coloro che erano stati capaci di frapporre ostacoli spesso determinanti ai tentativi di ristrutturazione con cui in quegli anni la FIAT aveva tentato di far fronte alla concorrenza delle auto giapponesi e a quel modello organizzativo che riduceva di un terzo la mano d’opera necessaria a ottenere gli stessi volumi produttivi.
Dalla fabbrica fordista fondata sule catene di montaggio e su grandi volumi produttivi, che aveva costituito un formidabile strumento di for- 104 Una storia anomala mazione della coscienza collettiva dell’operaio massa, di comunicazione di esperienze di lotta, di egualitarismo, si passa al toyotismo, con la parcellizzazione della produzione in isole, capaci di adeguarsi in tempi rapidi alle esigenze del mercato, con l’introduzione della robotizzazione.
Tutti i grandi marchi dovettero confrontarsi con queste novità che produssero migliaia di licenziamenti alla Volkswagen, alla GM, alla Chrysler.
Ai primi di settembre del 1980, la Fiat annuncia 25.000 licenziamenti che diverranno esecutivi il 10 settembre del 1980 con 14.469 lettere inviate ad altrettanti operai. Alla debole risposta dei sindacati si contrappone l’iniziativa operaia che per 35 giorni blocca gli stabilimenti Fiat a Torino. La controffensiva della FIAT si concretizzò con la famosa marcia dei 40.000 colletti bianchi il 14 ottobre (in realtà non più di 12/15000 pompati dalla Stampa e da tutti i mass media filo padronali). Anche dentro il Pci si produce un duro scontro politico tra chi sosteneva la lotta degli operai Fiat e chi invece guardava già agli interessi generali della modernizzazione produttiva del paese (in senso capitalistico ovviamente).
La debolissima risposta dei sindacati già dall’inizio dette la misura della sconfitta operaia, uno sciopero generale di quattro ore il 2 ottobre, un altro il 10 ottobre, fino ad arrivare all’accordo bidone del 15 ottobre con cui in pratica, nonostante l’opposizione nelle assemblee della stragrande maggioranza degli operai. si accettavano tutte le richieste FIAT, a partire dai 25.000 in cassa integrazione a zero ore, che non rientreranno mai più in fabbrica.
Nelle assemblee operaie alla Fiat, i dirigenti sindacali della Flm (Fiom Fim, Uilm) vengono in alcuni casi presi ad ombrellate e duramente contestati. Gli interventi quasi disperati di operai e delegati che si erano sentiti traditi, verranno registrati e trasmessi più volte dalle frequenze di Radio Proletaria, così come le corrispondenze dai cancelli della Fiat picchettati dagli operai. Un aneddoto significativo, in tal senso, è la nascita della RdB all’ospedale Inrca di Roma proprio grazie al fatto che alcuni delegati Cgil sentivano la radio ed avevano sentito parlare della nascita di una nuova ipotesi sindacale.
Le prime RdB si mobiliteranno a sostegno della lotta operaia alla Fiat.
Due manifestazioni a Roma, una sulla Tiburtina, l’altra dalla Voxon alla piazza Tor Sapienza, con la partecipazione di alcuni dei licenziati Fiat.
E poi con l’invio di militanti alla Fiat stessa. Nella fase peggiore, dopo la sconfitta e in una Torino impoverita e “coventryzzata” insieme ad alcuni compagni della Fiat in cassa integrazione si tenterà l’esperienza del Comitato Disoccupati e Cassa Integrati che agiva sia a Roma che a Torino.
L’ottobre del 1980 e la sconfitta operaia alla Fiat, rappresentano lo spartiacque tra una grande stagione di lotta iniziata con l’Autunno Caldo del 1969 ad una fase di forte repressione/normalizzazione di classe che avviò nel paese quel pesante ripiegamento dei lavoratori che non si è ancora interrotto.