Leggendo ‘La sfida catalana’ di Marco Santopadre
Michele Franco
Ci piaccia o meno – da tempo – siamo immersi in una colossale bolla mediatica dove fatti, avvenimenti, cicli politici e sociali si consumano velocemente e, spesso, vengono rimossi – con “l’interruttore” – dal dibattito pubblico. Capita, quindi, che eventi importanti scompaiano, all’improvviso, dal radar dell’informazione dominante ed entrino in quel cono d’ombra che li colloca nel dimenticatoio della storia.E’ questo il segno e la forza, concreta e materiale, del caleidoscopio multimediale della dis/informazione deviante del capitale la quale orienta, sposta equilibri e plasma negativamente il cosiddetto senso comune.Del resto gli attuali e vigenti rapporti sociali non potrebbero reggere, alla lunga, senza la persistenza di questo complesso dispositivo il quale – per molti aspetti – è parte integrante e costitutiva delle attuali forme di dominio sulla società e sull’insieme delle forme di vita.Non è sfuggita a questa condizione oggettiva la recente vicenda catalana la quale – a distanza di pochi mesi dal suo esplodere come tema internazionale – è stata completamente opacizzata e rimossa dai network informativi a scala internazionale.La pubblicazione del testo di Marco Santopadre – edito dalla casa editrice PGreco – La sfida Catalana – è un importante lavoro di documentazione (per larghi aspetti di pura demistificazione) di quella abusata e confusa narrazione che i media mainstream hanno profuso nelle settimane più acute, ed anche dopo, del conflitto in Catalogna.
Un racconto inquinato che, di fatto, ha intossicato il clima generale impedendo una corretta interpretazione di ciò che accadeva in quella regione e che, necessariamente, riverberava non solo in Spagna ma nell’intero spazio europeo.Lo sguardo, il metodo e l’approccio di Santopadre che, come è noto, è un attivista politico appassionato ai temi internazionali, non solo si sottrae ad interpretazioni rassicuranti e formali ma si incentra – nei vari capitoli del libro – su alcuni snodi storici, economici, geo/politici e di schieramento sociale che si sono palesati e confrontati, senza esclusione di colpi, nella vicenda recente (e passata) catalana.Santopadre entra nel merito dei vari aspetti che costituiscono i fattori strutturali in cui è lungamente incubata la “crisi catalana” ma non si sottrae neanche ad una disamina delle posizioni e degli atteggiamenti dei vari attori politici e sociali presenti in Catalogna, nello stato spagnolo e le loro filiere a Bruxelles, in Germania e nelle altre capitali.Naturalmente, Marco Santopadre, che conosce oltremodo bene la realtà della metropoli di Barcellona, che intrattiene rapporti umani e politici con attivisti e forze politiche agenti in loco e che per numerosi siti (Contropiano.org in primis) ha curato corrispondenze e notiziari attinenti la “crisi catalana” esprime – nel suo libro – un punto di vista fortemente schierato a favore dell’opzione indipendentista, particolarmente quando questa istanza è intrecciata ed è foriera di contenuti antiliberisti ed anticapitalisti.Un punto di vista che molti, in Italia ed in Europa, non hanno saputo/voluto assumere, specie in quella sinistra, anche “comunista”, che non sa interpretare ed usare, creativamente, gli strumenti analitici del marxismo e che si attarda, con pigrizia teorica mista a scolastico dogmatismo, nella stanca riproposizione di frasi e formule estrapolate da qualche testo di Marx o di Lenin, scollegandole dai contesti storici, dalle fasi politiche e dai cicli sociali in atto ed in evoluzione.Un esercizio dannoso non solo alle ragioni sociali dei settori più avanzati del movimento indipendentista catalano ma anche alle più generali questioni che alludono alla rottura della gabbia dell’Unione Europea che – come riconosciuto da tutti gli osservatori politici anche di parte borghese – è la cornice fattuale, il vero e proprio recinto, dentro cui si colloca (e si collocherà ancora) la “crisi catalana” ed ogni sommovimento che si produce nell’area continentale.Leggendo questa recensione/presentazione qualcuno potrà obiettare che non ho citato assolutamente nulla della struttura o di parti particolari del libro. E’ vero!Infatti sempre più mi vado convincendo che i libri – specie quelli militanti come questo scritto da Santopadre – vadano diffusi, acquistati e letti attentamente. Dopo, poi, si discutono, si approfondiscono e si può aprire una salutare polemica se, eventualmente, necessaria ad una più ampia socializzazione e sintesi.Per questo non ho inteso, nella maniera più assoluta, ridurre in pillole o fare un banale bignamino del serio lavoro di Marco Santopadre ma ho voluto svolgere alcune premesse di metodo (e di sostanza politica) che, spero, incuriosiscano i compagni e gli attivisti tutti verso questo bel testo che invito a reperire nelle librerie e nelle presentazioni che Santopadre sta effettuando in giro per l’Italia.