Pluslavoro – Il rapporto OECD fornisce una analisi qualitative e quantitative concernenti i lavoratori delle piattaforme digitali
Di Massimo De Minicis
Premessa
Molti studi ormai da tempo hanno affrontato il tema delle piattaforme di lavoro dell’economia collaborativa digitalizzata[1]. Sono stati così approfonditi numerosi aspetti sulla natura e sull’organizzazione produttiva di questa ultima evoluzione della tecnologia impiegata nei processi di produzione. Ma alcune questioni, al di là delle numerose concettualizzazioni realizzate, rimangono contrastate, provocando tensioni di carattere giuridico e sociale. In particolare, nell’economia collaborativa digitalizzata rimane ancora profondamente irrisolta una comune classificazione della relazione lavorativa tra la piattaforma digitale e il lavoratore. Così obiettivo del paper, è cercare di comprendere meglio questo rapporto, esaminando il ciclo di produzione delle piattaforme di lavoro alla luce, anche, di alcune considerazioni teoriche dell’analisi marxiana sulla relazione tra automazione e produzione industriale. Nuova rilevanza sembrano, infatti, acquisire oggi, le analisi presenti nel Libro I del capitale e nei Gundrisse sull’utilizzo dei macchinari nella grande industria per la determinazione di maggiori quote di produttività e profitto (pluslavoro e plusvalore). In particolare, quando parla di automazione, Marx introduce una articolata classificazione di concetti teorici, che ancora oggi può essere utilizzata per comprendere meglio l’effetto della tecnologia sulla produzione e sul lavoro, a dispetto dei sorprendenti avanzamenti tecnologici intercorsi.
Il ciclo produttivo delle Labour Platform
Il rapporto OECD Measuring Platform Mediated Workers (aprile 2019) fornisce una analisi sulle diverse indagini qualitative e quantitative concernenti i lavoratori delle piattaforme digitali in Europa. Definendoli come coloro che utilizzano una app o un sito Web per incontrarsi con i clienti al fine di fornire un servizio (piuttosto che una merce) in cambio di denaro. Dalle analisi descritte le labour platform si confermano come soggetti protagonisti della Gig economy, coinvolgendo sempre più lavoratori (Figura 1).
Fig.1 Percentuale di individui che hanno offerto servizi individuali su piattaforme nella UE nel 2018
Nota: Incluse Labour e capital platforms. Elaborazione su: The use of collaborative platforms, Flash Eurobarometer n°467, September 2018.
Le Labour Platform sembrano fondarsi su una duplice razionalità, affermare costanti livelli di acquisizione di dati e informazioni sugli utenti dello spazio digitalizzato e frammentare ed esternalizzare in micro-compiti le attività lavorative di realizzazione di un servizio. Una neo-produzione lean on demand che sfrutta una dimensione spaziale digitale per l’esternalizzazione di segmenti del processo produttivo. Per comprendere meglio questa dinamica esaminiamo la struttura delle LP (labour platform). Analizzando la composizione delle principali piattaforme di lavoro che agiscono nel settore del food delivery in Italia, mediante i dati presenti nel rapporto INAPP sull’economia delle piattaforme (Tabella 1).
Tab.1 Struttura economica e organizzativa delle Labour Platform di Food delivery (work on demand via app) in Italia (annualità 2017)
Elaborazione su fonte INAPP, Report sull’economia delle piattaforme digitali in Europa e in Italia
Apparentemente le piattaforme più importanti Deliveroo, Glovo, Just Eat sembrano coinvolgere pochi dipendenti nell’organico aziendale, sostituendo forza lavoro umana con l’azione della tecnologia digitale. Se consideriamo, però, con più attenzione il complesso della produzione con cui si compone questa E-lean production allora la situazione appare più complessa. Ad una analisi più attenta del ciclo produttivo, infatti, la macchina algoritmica organizza una quantità di prestazioni lavorative molto più elevata. In effetti Deliveroo coinvolge complessivamente oltre i dipendenti interni, più di 2000 fattorini e 1900 attività commerciali, Glovo 2500 fattorini più 1000 attività commerciali. Vi è, quindi, una grande quantità di lavoro umano organizzato dalla piattaforma. Sembra, quindi, che un fattore di importante redditività delle LP stia, non nella maggiore produttività del lavoro interno alla struttura aziendale, ma nel consumo di micro-prestazioni lavorative umane fornite da una componente lavorativa esterna[2]. Dopo questa descrizione della struttura produttiva delle LP proviamo a rispondere alla questione posta inizialmente nella premessa, sulla corretta definizione della relazione che intercorre tra i lavoratori contingenti esternalizzati e la piattaforma. Dallo scenario evidenziato potrebbe apparire la piattaforma di lavoro il soggetto titolare della prestazione lavorativa esternalizzata, in quanto detentore dei mezzi e delle condizioni della produzione (software algoritmico, etero-organizzazione della prestazione). Ma è anche innegabile che la piattaforma svolge un ruolo di intermediazione, facendo incontrare domanda e offerta di prestazioni lavorative. Media, quindi, un incontro tra chi vuole scambiare denaro per lavoro e chi vuol realizzare le prestazioni richieste fornendo la propria forza lavoro. In questo caso la piattaforma potrebbe essere considerata non il detentore della forza lavoro ma un soggetto di intermediazione di attività lavorative, una sorta di agenzia di intermediazione di lavoro che opera su uno spazio digitale. Il dibattito su queste due ipotesi è aperto e contrastato, è innegabile infatti, che la piattaforma detiene le condizioni del processo produttivo ma è altrettanto innegabile che la LP non scambia direttamente denaro per lavoro ma rende più facile e immediato l’acquisto delle prestazioni lavorative da parte di un terzo soggetto, il cliente, che materialmente acquista la forza lavoro disponibile a realizzare le prestazioni richieste. Allora come qualificare una LP, titolare della forza lavoro o semplice intermediatore digitale? La riposta a questa domanda va ricercata nella analisi del suo ciclo di produzione anche mediante una lettura marxiana dell’applicazione dell’automazione nei processi di produzione. In particolare, riattualizzando nel ciclo di produzione delle piattaforme di lavoro la teoria del plusvalore L’innovazione dell’algoritmo ha consentito, infatti, alle piattaforme di alterare il classico ciclo della produzione industriale radicalizzando una dinamica già sperimentata con l’avvento della lean production on demand[3]. La lean production seppur in maniera differenziata dalla LP, cambia lo schema produttivo industriale: produzione, distribuzione, scambio, consumo. Nella logica on demand lo scambio diviene, infatti, la prima fase a cui segue la produzione, la distribuzione e il consumo. Tale innovazione determina un cambiamento fondamentale, un consumo di mezzi di produzione e di forza lavoro contingente alla singola domanda di beni e servizi. Le LP applicano questa importante innovazione del ciclo di produzione al mercato digitale, con una ulteriore ed essenziale innovazione: il bene scambiato non è un prodotto, né un servizio, né un’attività lavorativa ma la quota di pluslavoro che si consuma nel suo ciclo produttivo. Questo scambio si manifesta nel mercato digitale prima che il pluslavoro venga prodotto. Il cliente delle piattaforme acquista, infatti, il pluslavoro prodotto dalle piattaforme prima che questo sia realizzato dai suoi mezzi di produzione (software algoritmico). L’innovazione introdotta dalle piattaforme di lavoro è di separare, così, il processo di determinazione del pluslavoro e conseguentemente del plusvalore (profitto) dalla valorizzazione diretta del suo capitale. Non trasformando direttamente il pluslavoro in plusvalore per accrescere il capitale investito nei mezzi di produzione, ma assicurandosi quote di profitto vendendolo ai clienti esterni che ne hanno fatto richiesta. Stabilendo, così, una separazione tra il capitale impiegato per l’acquisizione dei mezzi della produzione (software algoritmico) investito dalla LP e il capitale utilizzato per l’acquisto della forza lavoro (prestazioni on line) investito dal cliente. Con più evidenza tale dinamica si evidenzia nel funzionamento delle piattaforme di lavoro crowd completamente on line (Tabella 2).
Tab.2 Principali Labour Platform di Crowd work unicamente on line. Caratteristiche economiche e organizzative
Elaborazione su Fonte Report Inapp, 2017
In questo caso la tecnologia algoritmica riesce a rendere potenzialmente attivabile e produttiva una forza lavoro esternalizzata scalabile che può arrivare ad un massimo di 800.000 unità. Una forza lavoro le cui prestazioni lavorative, realizzate all’interno della piattaforma, vengono vendute ai clienti esterni che le richiedono[4].
Conclusioni
La piattaforma, quindi, non è la titolare della forza lavoro che utilizza nei suoi processi produttivi, ma non è neanche un intermediario di lavoro, perché possiede i mezzi e le condizioni della produzione. E, quindi, in realtà uno spazio di consumo e vendita delle quote di pluslavoro che vengono consumate nella rete digitale. Da questa dinamica si determinano due condizioni di estrema rilevanza per la forza lavoro impiegata, la difficoltà, quasi l’impossibilità, di stabilire chi è il soggetto imprenditoriale da cui dipende: chi acquista il pluslavoro della forza lavoro impiegata o chi lo produce tramite la tecnologia digitale? E la riduzione della sua attività lavorativa ad una condizione di profonda sottoccupazione economica. Se il pluslavoro prodotto, infatti, non è legato agli interessi dell’organizzazione aziendale, in termini di valorizzazione del capitale investito mediante la diretta acquisizione di plusvalore, ma viene venduto, non assume nessuna importanza il livello salariale e le forme di tutela della prestazione lavorativa offerta dalla forza lavoro. E soprattutto più pluslavoro si realizza diminuendo il livello del costo della sua riproduzione (salario), più aumenta il ricavo per le LP, fino al massimo introito derivante dai pagamenti cottimali. Per le ragioni descritte si comprende la completa avversione delle grandi Labour Platform nel riconoscere ai lavoratori impiegati, dai riders, agli autisti, ai turkers (lavoratori di Amazon mechanical turk) il riconoscimento di lavoro dipendente. Se questo avvenisse, infatti, le piattaforme perderebbero il loro scopo commerciale, realizzare quote massime di profitto dalla vendita di pluslavoro on demand. Nelle forme di riconoscimento della subordinazione, infatti, al di là delle tutele e dei costi maggiori da garantire, il valore di pluslavoro sarebbe necessariamente assorbito nel capitale dell’organizzazione che detiene i mezzi della produzione con l’impossibilità di essere venduto ai clienti esterni. Per tale ragione la ricomposizione della dimensione di riproduttività sociale (salario) e tutelare (status contrattuale) della forza lavoro impiegata nelle piattaforme digitali deve essere affrontata con urgenza. Il divieto di forme di pagamento cottimali, l’introduzione di modalità di tecnoregolamentazione insieme al riconoscimento di nuove forme di trattamento di fine rapporto dovrebbero essere attuate con urgenza.
Le opinioni espresse in questo articolo non coinvolgono necessariamente l’istituzione di appartenenza dell’autore.
* INAPP – Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche
Bibliografia:
Campa R., (2017a), Disoccupazione tecnologica. la lezione dimenticata di Karl Marx, Orbis Idearum, Vol. 5, Issue 2,
Campa R. (2017b), L’idea di automazione nella teoria marxiana del mutamento tecnologico, Orbis Idearum, Vol. 5, Issue 1,
De Minicis M., Mandrone E, Marocco M. (2016), Tempi moderni dalla parasubordinazione alle piattaforme di lavoro(https://www.academia.edu/35430464/Tempi_Moderni_dalla_Parasubordinazione_alle_Piattaforme_di_Lavoro)
De Minicis M.; Donà S., Lettieri N., Marocco M. (2019), Disciplina e tutela del lavoro nelle digital labour platform. Un modello di tecnoregolazione, INAPP WP.
De Minicis M. (2019b), Povertà, lavoro, reddito nella produzione post-Fordista digitalizzata, in Porte Girevoli, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
De Stefano V. e Wouters M. (2019), Should digital labour platforms be treated as private employment agencies?, Etui
Inapp (2018), Report sull’economia delle piattaforme digitali in Europa e in Italia
OECD (2019), Measuring platform mediated workers, OECD Digital Economy Papers, No. 282, OECD Publishing, Paris, (https://doi.org/10.1787/170a14d9-en)
Marx K., I Gundrisse di Karl Marx, lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica 150 anni dopo (a cura di Musto M.),(2015), Edizioni ETS
Marx K., Il capitale, Libro I, Editori Riuniti, Roma 1980.
Srnicek N., (2017), Platform Capitalism, Polity Press
[1] Il lavoro di Srnicek,2017 sul capitalismo delle Piattaforme è uno dei più rappresentativi.
[2] In tal senso si rimanda a De Minicis, Mandrone, Marocco (2016)
[3] De Minicis (2019b)
[4] Per una più chiara rappresentazione del lavoro corwd delle LP si consenta di rimandare a De Minicis, 2019b.