Questo articolo è stato tradotto dal cinese all’inglese da Shan Tong (Università di Scienze Politiche e Giurisprudenza della Cina Orientale) e, successivamente, dall’inglese all’italiano ad opera di Francesca Cirillo ed Andrea Genovese.
Il rapido sviluppo economico della Cina negli ultimi anni è stato spesso definito con aggettivi quali “miracoloso” [1]. Parlare di un “Beijing Consensus” o di un “modello cinese” è diventata ormai prassi comune nei dibattiti accademici. Ma, come abbiamo scritto altrove, “forti problemi teorici sono iniziati ad emergere per quanto riguarda l’esistenza, il contenuto, e le prospettive del modello Cina” [2]. La domanda chiave, quindi, è la seguente: quale tipo di teoria economica e quale strategia sono alla base di questo “miracolo”? Il modello cinese è stato variamente descritto, alternativamente, come una forma di neoliberismo, o come un nuovo tipo di keynesismo. Riteniamo che i grandi progressi recenti registrati nello sviluppo del paese siano i risultati dei progressi teorici nel campo dell’Economia Politica, verificatisi all’interno dello stesso contesto cinese; al contrario, i principali problemi che hanno accompagnato lo sviluppo della Cina riflettono l’influenza dannosa del neoliberismo occidentale.
Il presidente Xi Jinping ha sottolineato la necessità di sostenere e sviluppare una politica economica Marxiana per il XXI secolo, adattata alle esigenze e alle risorse della Cina. Il bollettino di una conferenza sullo stato dell’Economia cinese del Comitato Centrale del Partito Comunista (tenutasi nel Dicembre 2015), ha riaffermato, di conseguenza, l’importanza degli otto grandi principi della “Economia Politica Socialista con Caratteristiche Cinesi”.
Questi principi e le loro applicazioni sono discussi nel seguito, insieme ad alcuni commenti sulle possibili interpretazioni, attualmente oggetto di dibattito intellettuali cinesi.
Scopo di questo articolo è quello di chiarire il modello teorico ufficiale che sta alla base del “miracolo” economico cinese, utilizzando, a tal fine, i termini e i concetti prevalenti nella Cina odierna.
1. Sostenibilità guidata da Scienza e Tecnologia
Una premessa fondamentale delle teorie di economia politica elaborate da Marx sostiene che le forze di produzione, in ultima analisi, determinano i rapporti di produzione, dando origine ad una dialettica costante che modella la sovrastruttura dell’ideologia e delle istituzioni giuridiche e politiche. Allo stesso tempo, i rapporti di produzione che prevalgono in un determinato stadio di sviluppo finiscono per diventare vincoli che impediscono l’ulteriore sviluppo di altre modalità produttive. All’interno di questo processo le forze di produzione rappresentano gli elementi più dinamici, rivoluzionari e attivi della società; gli esseri umani che sviluppano costantemente le tecnologie più avanzate e nuove modalità organizzative rappresentano la forza motrice della produzione. Oggi lo sviluppo della produttività comporta tre elementi essenziali sostanziali: la forza-lavoro, gli strumenti ed i macchinari, i materiali. A questi si accompagnano tre ulteriori elementi fortemente interrelati: la scienza e la tecnologia, la gestione, l’istruzione. Tra questi, la scienza e la tecnologia tendono a guidare i cambiamenti decisivi che portano all’ulteriore sviluppo delle forze di produzione.
Il principio della sostenibilità, ispirato dalla scienza e dalla tecnologia, è fondamentale nello studio della politica economica della Cina. Questo principio enfatizza il fatto che la liberazione e lo sviluppo delle forze di produzione costituiscano la missione principale del Socialismo nei suoi stadi primari. Come modello economico, il Socialismo richiede un certo livello di sviluppo materiale e tecnologico alla sua base. Questo principio sottolinea che la crescita della popolazione, lo sfruttamento e l’allocazione delle risorse, l’ambiente debbano sostenersi a vicenda. In pratica, secondo il quadro economico-politico ufficiale della Cina, questo significa la costruzione di una società dalle tre caratteristiche fondamentali: una società qualitativamente avanzata, da raggiungere attraverso il controllo e la riduzione della popolazione; una società efficientemente avanzata, cui pervenire attraverso la conservazione delle risorse; una società in cui l’ambiente sia protetto e tutelato. Tutto ciò richiede continua innovazione come forza motrice.
L’accento sull’innovazione sostenibile è particolarmente importante oggi. Storicamente, il “collo di bottiglia” che ha limitato lo sviluppo economico e sociale cinese è stato rappresentato dalla carenza di forze motrici dell’innovazione. Dal 1998 al 2003, la produzione di alta tecnologia della Cina non solo dipendeva in larga misura da materiali importati, ma è stata anche in gran parte gestita da imprese e da investitori stranieri. Ad esempio, nel 2003, le imprese cinesi dipendenti da investimenti stranieri rappresentavano circa il 90% delle esportazioni del paese di computer, componenti e periferiche, ed il 75% delle sue esportazioni di attrezzature elettroniche e per le telecomunicazioni [3]. Da allora, il governo cinese ha prestato maggiore attenzione alla politica dell’ innovazione.
Solo se i diritti di proprietà intellettuale saranno protetti a tutti i livelli le imprese cinesi e l’economia nel suo complesso potranno sfruttare i vantaggi commerciali derivanti dall’utilizzo di marchi riconosciuti e da progressi tecnici in alcuni settori, così come soddisfare gli standard tecnici internazionali necessari per l’esportazione [4]. Nel clima economico attuale, solo se riconosciamo all’innovazione il ruolo di prima forza motrice dello sviluppo, possiamo proteggere il paese da vari rischi: risolvere la difficoltà connesse all’eccesso di capacità produttiva; realizzare la trasformazione strutturale e l’aggiornamento dell’economia; tenere il passo con il ritmo dello sviluppo scientifico e tecnologico globale. Solo se affidiamo all’innovazione il compito primario di promuovere lo sviluppo e la usiamo per trasformare le forze produttive esistenti, coltivarne di nuove, rivitalizzare quelle vecchie, e creare le condizioni affinché possano emergerne di nuove costantemente, possiamo infondere forti stimoli allo sviluppo sostenibile dell’economia e della società.
Dovremmo, al tempo stesso, abbandonare quelle vecchie idee prevalenti nel discorso economico cinese come “produrre non è vantaggioso come l’acquistare, che a sua volta non è altrettanto vantaggioso quanto la rendita”, “utilizzare il mercato per l’acquisizione delle tecnologie” e così via, e affrontare la questione dell’innovazione originale, dell’innovazione integrata, e della ri-innovazione, introducendo e assorbendo l’innovazione nell’economia. Dovremmo stabilire un sistema che combini governo, mercato e tecnologia, al fine di trasferire spontaneismo economico nei processi di “atomizzazione” produttiva. Durante questo processo, l’effetto determinante della scienza e della tecnologia deve essere pienamente compreso, e dovremmo, a livello strategico, riconoscere l’importanza della scienza e della tecnologia nel guidare la distribuzione delle risorse [5].
2. Orientare la produzione per migliorare la vita delle persone
Uno dei principi dell’economia politica è la teoria dello scopo della produzione. Nel Capitalismo, l’obiettivo diretto e finale della produzione è quello di accumulare la maggiore quota possibile di plusvalore o profitto privato; in questo contesto, la produzione di valore d’uso ha lo scopo di servire la produzione di plusvalore o profitto privato. A questo proposito, c’è una differenza sostanziale tra il Capitalismo e il Socialismo. Nel Capitalismo, che persegue il profitto dei pochi, l’accumulo si verifica su scala mondiale, mentre la grande maggioranza delle masse popolari vivono in povertà [6]. In contrasto con questo modello, l’obiettivo diretto e ultimo della produzione nel Socialismo è quello di soddisfare i bisogni materiali e culturali delle persone. La produzione di nuovo valore e di plusvalore “pubblico” ha l’obiettivo di servire la produzione di valore d’uso che rifletta obiettivi della produzione orientati al popolo ed ai suoi bisogni primari.
L’Economia Politica del Socialismo con Caratteristiche Cinesi deve seguire il principio di organizzare la produzione per migliorare il tenore di vita e soddisfare le esigenze primarie del popolo. Questo principio sottolinea che la principale contraddizione nel Socialismo nella sua prima fase è quella tra o crescenti bisogni materiali e culturali del popolo, e l’arretratezza della produzione sociale. Questa discrepanza può essere superata solo attraverso lo sviluppo rapido e costante delle capacità produttive; questo è il compito primario del Socialismo nelle sue fasi iniziali. Questo sviluppo deve avere il popolo al centro, con la prosperità collettiva come obiettivo-guida. Il nostro obiettivo deve essere una società in cui tutte le persone contribuiscano alla soddisfazione dei bisogni umani nella misura in cui essi sono in grado, e godano di un accesso alle risorse materiali, sociali, e spirituali di cui hanno bisogno per il pieno sviluppo del loro potenziale umano in accordo, naturalmente, con le esigenze di sostenibilità ambientale [7].
Il punto di vista per il quale il miglioramento delle condizioni di vita del popolo equivale allo sviluppo è un’articolazione del principio dello scopo della produzione e dello sviluppo economico socialista. Dobbiamo continuare a rendere lo sviluppo economico il nostro compito centrale e insistere sull’idea strategica di dare allo sviluppo economico primaria importanza. Dobbiamo perseguire l’innovazione come elemento fondamentale per questo cambiamento favorendo in tal modo lo sviluppo cinese e permettendogli di raggiungere livelli più elevati. Tuttavia, il punto di partenza e il punto di arrivo dello sviluppo della produzione e dell’economia deve essere quello di migliorare le condizioni di vita delle persone; ci dovremmo quindi porre l’obiettivo di costruire una società benestante a tutto tondo. Ogni piano di miglioramento delle condizioni di vita del popolo deve cercare di soddisfare sette criteri: creazione di ricchezza e distribuzione del reddito; alleviamento della povertà; occupazione; diritto alla casa; istruzione; accesso alle cure mediche; sicurezza sociale. Nelle attuali circostanze di rallentamento della crescita e di sviluppo dei mercati interni, questi criteri devono essere soddisfatti attraverso il coordinamento della necessità di sviluppo economico e di sviluppo sociale.
Migliorare le condizioni di vita del popolo è un compito senza fine, relativamente al quale emergono continuamente nuove sfide. Dobbiamo adottare misure più mirate e dirette, aiutare i lavoratori a risolvere le loro difficoltà e promuovere il loro benessere attraverso le istituzioni statali e la società civile. Dobbiamo valutare realisticamente gli effetti delle nostre azioni sugli standard di vita, assicurando che i servizi pubblici creino una affidabile “rete di sicurezza”.
3. La precedenza della proprietà pubblica sui diritti della proprietà nazionale
Le tensioni di base tra una produzione sempre più orientata a servire scopi sociali e la proprietà privata capitalista danno luogo ad ulteriori contraddizioni e possibili crisi. Queste includono il conflitto tra la gestione e la pianificazione delle imprese private e il caos del mercato, la disparità tra l’espansione indefinita della produzione e la relativa carenza di domanda reale, ed il verificarsi di periodiche bolle, fenomeni di panico nei mercati, recessioni. Gli antagonismi di classe che derivano da queste contraddizioni hanno storicamente ispirato movimenti di massa per sostituire la proprietà privata dei mezzi di produzione con la proprietà pubblica.
L’economia politica contemporanea cinese salvaguarda il principio dei diritti di proprietà privata, ribadendo, tuttavia, il predominio della proprietà pubblica. Nel contesto del relativo sottosviluppo delle forze produttive proprio degli stadi primari del Socialismo, lo sviluppo economico ha richiesto che ad una proprietà pubblica dominante fossero affiancate forme diversificate di proprietà privata: “Le imprese private nazionali ed estere possono essere sviluppate fatto salvo il presupposto della priorità – sia in termini qualitativi che quantitativi – dell’ economia pubblica” [8]. Questo principio sottolinea la continua necessità di rafforzare e sviluppare l’economia pubblica, favorendo, al contempo, anche lo sviluppo dei settori privati dell’economia, assicurando che tutte le forme di proprietà compensino le proprie mutue carenze attraverso una reciproca promozione ed uno sviluppo coordinato. Cionondimeno, il ruolo centrale della proprietà pubblica deve essere salvaguardato, così come il settore statale deve conservare un carattere dominante nell’economia. Questo rappresenta una garanzia istituzionale per tutti i cinesi rispetto al fatto che essi condivideranno, a livello collettivo, i frutti dello sviluppo; al tempo stesso, ciò è una garanzia importante del consolidamento del ruolo-guida del partito e del sistema socialista cinese.
Il principio mette in risalto una differenza fondamentale tra l’economia socialista ed il sistema economico capitalistico moderno, in cui la proprietà privata è dominante. Se gestita correttamente, la proprietà pubblica può non solo avere una integrazione organica con l’economia di mercato, ma anche ottenere, come risultato finale, una maggiore equità ed efficienza rispetto a quella cui è possibile pervenire tramite la proprietà privata. Nel frattempo, dovremmo anche notare chiaramente che attualmente il mondo è ancora diviso in stati-nazione e che la proprietà statale rimane una forma adeguata di proprietà socialista.
Allo stato attuale, dobbiamo essere guidati dall’idea che il settore statale agisca come fondamento dell’economia socialista, e che l’obiettivo delle riforme orientate a promuovere la proprietà mista non è quello di minare alle fondamenta l’impresa di proprietà statale, ma di rafforzarla. Dobbiamo imparare dagli errori passati della riforma del settore statale, che hanno permesso ad una élite ristretta di accumulare enormi fortune attraverso la cattiva gestione di fondi pubblici. Abbiamo bisogno di concentrarci sullo sviluppo di nuovi strumenti di proprietà mista con la partecipazione di capitali pubblici. Il modello collettivo e cooperativo delle economie cinesi rurali ha bisogno di ulteriori investimenti. Nuove politiche devono essere introdotte per migliorare la vitalità, la competitività, e la gestione del rischio dell’economia pubblica. Il governo dovrebbe controllare e regolare le imprese private, sia in patria che all’estero, e non solo supportarle, al fine di trarne benefici generali, riducendo al minimo i loro effetti negativi. La Cina dovrebbe incoraggiare e guidare le imprese private ad attuare le riforme che consentano ai lavoratori di accumulare partecipazione azionaria, in modo che sia il capitale che il lavoro possano trarre benefici che siano realmente a vantaggio della prosperità collettiva.
4. Il primato del lavoro nella distribuzione della ricchezza
In ogni economia capitalista, i lavoratori salariati sono pagati solo in base alla loro forza lavoro, e non per il valore delle merci che producono. In queste condizioni, il salario specifico che un lavoratore guadagna è associato con la sua posizione e le sue prestazioni. E mentre in alcuni settori delle economie capitaliste, la presenza di organizzazioni collettive del mondo del lavoro può limitare il tasso di sfruttamento e fornire l’apparenza di una equa distribuzione della ricchezza, il potere dominante resta quello fornito dalla proprietà privata dei mezzi di produzione ai datori di lavoro.
La distribuzione della ricchezza nell’economia socialista cinese deve essere guidata dalle esigenze del lavoro; non da quelle del capitale. Dobbiamo lottare contro lo sfruttamento e la polarizzazione. Le disuguaglianze nei redditi devono essere colmate, e crescita economica e aumenti nella produttività del lavoro dovrebbero tradursi in aumenti salariali per tutti i cittadini. E’ di vitale importanza, dunque, stabilire un solido e scientifico meccanismo per determinare i livelli salariali, così come un meccanismo di indicizzazione dei salari.
Dobbiamo mettere in pratica l’idea che solo attraverso la costruzione di istituzioni atte a garantire che i benefici della crescita della Cina siano equamente distribuiti si potrà fornire al popolo un senso di scopo comune rispetto al progetto di sviluppo economico. Dobbiamo rafforzare lo slancio dello sviluppo e promuovere l’unità popolare, avanzando gradualmente e costantemente verso la prosperità collettiva. Solo se l’allocazione delle risorse si concentrerà sul benessere collettivo, la produzione sociale potrà essere effettuata in modo sano e costante e la superiorità del sistema socialista potrà essere realizzata nella pratica.
L’adesione ad una idea di sviluppo condiviso coinvolge principalmente i problemi di sostentamento del popolo e della prosperità collettiva; tra questi, il problema della distribuzione della ricchezza è sicuramente il più rilevante. Infatti, oggi, la cattiva distribuzione della ricchezza è il più grande ostacolo alla prosperità collettiva. Abbiamo assistito a un grave declino della quota di lavoro del PIL (da circa il 53% nel 1990 al 42% nel 2007). La presenza di un crescente “esercito industriale di riserva”, la segmentazione del mercato del lavoro, e le massicce privatizzazioni delle imprese statali hanno significativamente depresso il potere e indebolito la solidarietà interna alla classe operaia [9]. In Cina oggi, le disuguaglianze nella distribuzione della proprietà e nel reddito sono grandi e in crescita, con un coefficiente di Gini nazionale superiore a quello degli Stati Uniti. Il più ricco 1% delle famiglie cinesi controlla un terzo di tutte le attività economiche; un dato simile a quello osservabile negli Stati Uniti. Dobbiamo notare che l’indice principale di polarizzazione tra ricchi e poveri non è fornito dal reddito da salari, ma dalla ricchezza, cioè, dal patrimonio netto delle famiglie [10].
Negli ultimi dieci anni, i documenti ufficiali hanno sottolineato l’importanza di implementare misure per affrontare il problema della disuguaglianza nei redditi, ma ciò si è rivelato controverso. In genere, alcuni articoli rintracciabili nella stampa cinese persino elogiano i ricchi come motori della crescita economica e come modelli di comportamento sociale, i quali, in tal modo meriterebbero di detenere una quota sproporzionata di ricchezza del paese. Questa idea, oggi assai popolare, ma dal potenziale altamente distruttivo, sostiene che l’attuale divario tra ricchi e poveri è un problema banale, non correlato allo sviluppo su larga scala delle economie non-pubbliche, e che la vera preoccupazione è ora la cosiddetta “trappola del reddito medio” [11].
In realtà, è stato il neoliberismo ad inventare il concetto di “trappola del reddito medio”, e a trascinare i paesi dell’America Latina in esso. Ha inoltre contribuito affinché le economie ad alto reddito, come gli Stati Uniti, il Giappone e l’Unione Europea, precipitassero in una crisi finanziaria, e paesi a basso reddito, come quelli dell’Africa sub-sahariana restassero impantanati in prospettive di sviluppo lento a lungo termine. L’economista Mylene Gaulard scrive quanto segue:
La crescita economica cinese ha rallentato dal 2002. Molte ricerche sulla “trappola del reddito medio” stanno mantenendo un occhio vigile sulla possibilità o meno, da parte della Cina, di unirsi al gruppo di nazioni ad alto reddito con il suo PIL pro capite. La maggior parte delle ricerche paiono esprimere scetticismo dovuto all’aumento del costo salariale, per l’esattezza, all’aumento del costo unitario del lavoro, che comporterebbe la perdita di competitività internazionale. Tuttavia, a causa del fatto che l’aumento del costo unitario del lavoro non sembra così rischioso come la diminuzione dell’efficienza del capitale, dovremmo consultare l’ analisi marxista per comprendere meglio questo problema. [12]
La Cina deve prestare attenzione agli insegnamenti di Deng Xiaoping, espressi alla fine del secolo scorso, per risolvere i problemi del divario tra ricchi e poveri e per raggiungere la prosperità collettiva, sviluppando un meccanismo per la ricchezza e la distribuzione del reddito basato sul primato del lavoro [13].
5. Il principio del mercato guidato dallo Stato
Il carattere anarchico del mercato capitalistico, e la spinta del singolo capitalista ad innovare al fine di ridurre i costi del lavoro, portano periodicamente alle crisi di sovrapproduzione, delle quali sono i lavoratori a soffrire maggiormente. Tali crisi possono essere a breve o a lungo termine, a seconda del grado di fattori “non di mercato” presenti, in particolare dal livello di condizioni monopolistiche. In un’economia di mercato capitalistica, questa legge proporzionale si basa principalmente su tali aggiustamenti spontanei, e il ruolo della regolamentazione statale è relativamente limitato.
Al contrario, nell’economia socialista cinese, il mercato è guidato dallo Stato; non il contrario. Marta Harnecker ha sostenuto che, senza la pianificazione partecipativa non può esistere il Socialismo, non solo a causa della necessità di porre fine all’anarchia della produzione capitalistica, ma anche perché solo attraverso l’impegno di massa la società può veramente appropriarsi dei frutti del suo lavoro. Gli attori da coinvolgere nella progettazione partecipata varieranno in base ai diversi livelli di proprietà sociale [14]. Questi principi di un “mercato guidato dallo stato” sottolineano che una società socialista è in grado di sviluppare un’economia di mercato in modo pianificato e proporzionato, e che il ruolo fondamentale svolto dal mercato nell’allocazione delle risorse deve dispiegarsi sotto la stretta supervisione del governo.
Nel dare al mercato un ruolo determinante nella allocazione generale delle risorse, promuovendo al contempo il ruolo regolatore del governo, ogni sforzo deve essere fatto per affrontare i problemi connessi ai meccanismi imperfetti di mercato, al rischio di un eccessivo intervento pubblico, e, sull’altro versante, a quello di una scarsa vigilanza regolamentativa. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo avanzare riforme orientate al mercato che riducano significativamente l’assegnazione diretta delle risorse da parte del governo e permettano a questa allocazione di verificarsi in base alle regole del mercato (in base a prezzi e concorrenza) per ottenere la massima efficienza. I compiti e le funzioni del governo sono principalmente di mantenere una politica macroeconomica stabile, di rafforzare i servizi pubblici, per garantire una concorrenza leale e rafforzare la sorveglianza del mercato, per promuovere la prosperità collettiva e correggere o compensare le carenze del mercato.
Dobbiamo continuare a cercare di combinare il sistema di base del socialismo con un’economia di mercato. In questo modo, saremo in grado di trarre il massimo vantaggio di entrambi gli aspetti. Va riconosciuto che nell’economia cinese, le leggi dell’ auto-regolamentazione del mercato svolgono un ruolo determinante per quanto riguarda l’allocazione delle risorse in generale, ma queste comunque operano in modo diverso rispetto ai mercati capitalistici. In un’economia capitalistica, il funzionamento del mercato decide l’allocazione delle risorse in maniera autonoma. Al contrario, in un’economia socialista, il governo usa il controllo dei prezzi, le sovvenzioni, il razionamento, e le altre politiche per assicurare che l’allocazione delle risorse sia pianificata e proporzionata. Abbiamo bisogno, quindi, di esaminare meglio il ruolo determinante del mercato e la sua integrazione nei piani del governo. Dovremmo approfittare dei benefici che il mercato è in grado di offrire e, allo stesso tempo correggere le inefficienze nei meccanismi di regolamentazione sia dello Stato che del mercato stesso, pervenendo così ad un duplice approccio [15]. Ovviamente, visto che l’economia cinese socialista di mercato si basa sul primato della proprietà pubblica, la forza e la portata della regolamentazione in settori quali la legislazione, la politica fiscale, amministrazione, e l’etica superano la capacità di regolamentazione dei governi nelle economie di mercato capitalistiche. Le prestazioni senza precedenti dell’economia cinese negli ultimi decenni sono la prova convincente della maggiore capacità del governo di guidare lo sviluppo.
Non dobbiamo negare l’oggettività della programmazione statale, della pianificazione e della regolamentazione, e ritenere che concetti quali la “legge di regolamentazione statale”, la “legge di pianificazione”, e altre simili leggi fondamentali perdano di validità esclusivamente perché esse possano tramutarsi in eventuali azioni sbagliate a causa della implementazione da parte di attori umani. Sposando questa logica, si dovrebbe ugualmente convenire che, poiché anche nell’attività di mercato esiste un elemento umano, nozioni come la “legge di regolamentazione del mercato” e la “legge del valore” siano ugualmente non applicabili. Dopo tutto, il mercato è determinato dal comportamento umano. L’azione economica umana nel mercato regola l’impresa, la natura delle merci, i prezzi e la concorrenza. Pertanto, sia le leggi di regolamentazione del mercato che quelle di regolamentazione statale si basano su attività umane, nella forma e nel contenuto. Buoni ed efficaci approcci alla micro- e alla macroeconomia richiedono che tutti i lavoratori nelle imprese e il governo cerchino di fornire i propri contributi individuali in sintonia con le attività economiche oggettive in cui gli esseri umani partecipano.
6. Uno sviluppo rapido e ad alte prestazioni
Il tasso di crescita economica ottimale dovrebbe essere determinato in modo da massimizzare le prestazioni economiche. Un tasso di crescita relativamente basso, caratterizzato da un insufficiente uso delle risorse, inibisce la piena occupazione, l’ accumulazione di ricchezza e il benessere pubblico. Eppure, un tasso di crescita più elevato, con un utilizzo delle risorse estensivo piuttosto che intensivo è altrettanto dannoso per la sostenibilità ecologica e per la giustizia distributiva [16]. Qualsiasi indice basato sul Prodotto Interno Lordo (PIL) va analizzato dialetticamente. Valutato in isolamento, qualsiasi approccio di misurazione della crescita incentrato unicamente sul PIL è inadeguato: dobbiamo prestare attenzione non solo alla crescita fine a sé stessa, ma anche al tipo di crescita verso il quale ci stiamo indirizzando, in quali aree essa si concentra, e a quali costi.
L’economia cinese dovrebbe dare la priorità alle prestazioni, piuttosto che alla velocità. Dal 1980 fino al 1990, la crescita economica è stata la priorità assoluta del governo cinese; il PIL è stato quadruplicato nel corso di tale periodo. Entro il 2020, si prevede che il PIL ed il PIL pro-capite doppieranno gli analoghi indicatori misurati nel 2010. Dal 2013, a seguito di trenta anni di crescita rapida quasi ininterrotta, la Cina è entrata in una nuova fase che noi chiamiamo la “nuova normalità”. La crescita ha subito un rallentamento, e l’ economia cinese si sta trasformando da un ampio modello a forte crescita in un modello ad alte prestazioni.
Per raggiungere una crescita economica stabile, dovremmo preoccuparci, anzitutto, di effettuare riforme strutturali per quel che concerne l’economia dell’offerta. Le ragioni principali per il crescente rallentamento dei tassi di crescita dell’economia cinese sono: la mancata riforma delle strutture necessarie per sostenere lunghi periodi di crescita estensiva; la dipendenza di queste ultime dagli input di materie prime; il consumo di risorse primarie; i bassi livelli di innovazione. I cambiamenti della situazione economica, sia in patria che all’estero richiedono un aggiornamento urgente dell’economia cinese: da uno sviluppo rapido ad uno sviluppo di alta qualità [17]. Il mercato del lavoro cinese dovrebbe cambiare ed imbracciare una divisione maggiormente diversificata del lavoro, con una struttura più flessibile.
7. Sviluppo equilibrato con coordinamento strutturale
Uno dei principi di economia politica della Cina è la legge di distribuzione proporzionale del lavoro sociale (o “legge proporzionale” in breve), che governa la contraddittoria dialettica tra produzione sociale e la domanda, insieme alla necessità di coordinare lo sviluppo per l’intera economia nazionale. Tale legge richiede che il lavoro sociale complessivo di persone, strumenti e materiali dovrebbe essere distribuito proporzionalmente in base alla domanda, al fine di mantenere un equilibrio strutturale tra le diverse industrie ed i diversi settori. Nella riproduzione sociale, la produzione e la domanda mantengono un equilibrio dinamico nella loro struttura di valore massimizzando la produzione, riducendo al minimo, al contempo, l’utilizzo di lavoro. Il coordinamento strutturale generalizzato dell’economia si riflette, tra gli altri, nella crescente razionalizzazione e raffinatezza delle infrastrutture industriali, nel commercio estero, nella gestione aziendale, nell’innovazione tecnologica.
Questo principio di equilibrio strutturale coordinato è essenziale per l’economia politica cinese contemporanea. Esso fa parte del suo più ampio obiettivo di promuovere l’evoluzione dell’industria cinese da un livello medio-basso livello ad un livello medio-alto. Nel contesto di crescente modernizzazione, un equilibrio dovrebbe essere mantenuto tra i settori primario, secondario e terziario, ed all’interno di ciascun settore. Le strutture economiche delle province, delle città e delle regioni dovrebbero essere diversificate; il commercio estero dovrebbe coinvolgere una quota maggiore di prodotti nuovi e ad alta tecnologia dei marchi nazionali. Le grandi imprese cinesi dovrebbero mantenere la quota maggiore del commercio, coesistendo con imprese più piccole ed imprese straniere. Per quanto riguarda i prodotti ad alta tecnologia, la percentuale di tecnologie di base possedute e la proporzione dei diritti di proprietà intellettuale detenuti sul mercato mondiale dovrebbero essere aumentate. Nel mercato, la domanda e l’offerta dovrebbero mantenere un equilibrio dinamico, con l’offerta leggermente superiore alla domanda. Lo sviluppo dovrebbe servire l’economia reale e l’economia virtuale non deve essere eccessivamente sviluppata. Le attività di industrializzazione, informatizzazione, urbanizzazione e modernizzazione agricola dovrebbero essere condotte in stretto coordinamento.
Al momento, dobbiamo adattare le nostre teorie, le nostre linee guida e le politiche per lo sviluppo economico a quella che chiamiamo “nuova normalità”. Dobbiamo concentrarci sul rafforzamento delle riforme strutturali dell’offerta, e, al contempo, incrementare moderatamente la domanda lorda e riformare i principali settori dell’economia, con particolare attenzione alla riduzione della eccessiva capacità strutturale. Dovremmo gradualmente ridimensionare la capacità e le riserve, ridurre l’indebitamento delle imprese, e promuovere l’innovazione per ridurre i costi e rafforzare i segmenti deboli del sistema produttivo. I miglioramenti devono essere effettuati anche nella qualità e l’efficienza delle catene logistiche, degli approvvigionamenti, e nell’efficacia degli investimenti. E’ anche importante accelerare lo sviluppo di fonti energetiche eco-compatibili e la dare impulso ad una crescita sostenibile. Dobbiamo abbandonare la persistente idea sbagliata secondo la quale finché si eliminano surplus economici dovuti ad interventi amministrativi, gli eccessi di capacità produttiva e le sovrapproduzioni causati dal mercato possano essere bilanciati automaticamente senza alcun intervento attivo del governo. Questo errore neoliberista e le sue conseguenze non sono solo la ragione principale per il grande eccesso di capacità produttiva presente nell’economia cinese, ma rappresenta anche una violazione dello spirito del Socialismo cinese.
8. Sovranità economica e apertura
Un principio finale è quello di aprire l’economia al commercio e agli investimenti. Secondo questo principio, tale apertura è vantaggiosa per la crescita economica sia in patria che per quel che concerne le attività commerciali con l’estero, favorendo l’ottimizzazione nell’allocazione delle risorse e il miglioramento delle interazioni tra industria e tecnologia. Le modalità di tali aperture, unitamente alla loro gamma e portata, dovrebbero essere discusse, decise ed attuate in modo flessibile e rispondente alle condizioni complesse e mutevoli dell’economia nazionale e globale. I paesi emergenti ed in via di sviluppo dovrebbero sempre dedicare particolare attenzione alle loro strategie e tattiche nel momento in cui si aprono ai paesi sviluppati, dati i rischi e le incertezze insiti in un rapporto così disuguale.
Una politica economica socialista con caratteristiche cinesi deve concentrarsi, di conseguenza, sul principio della sovranità economica. La Cina dovrebbe insistere sulla politica statale di apertura bidirezionale che integra la politica nazionale e internazionale, sviluppando un’economia aperta di livello superiore traendo vantaggio dai mercati nazionali ed esteri. Ciò comporta l’impostazione di una politica commerciale volta a identificare e sfruttare opportunità reciprocamente vantaggiose, proteggendo nel contempo lo sviluppo della Cina e proteggendo il paese da rischi per la sicurezza economica nazionale. Essa richiede una politica che dia uguale importanza al contributo straniero in economia sia in termini di input che in termini di output, ed in grado di sfruttare sia i latecomer advantages che i pioneer advantages in diversi settori dell’economia [18]. Per fare ciò, la Cina dovrebbe costruire imprese internazionali governate da tre livelli di controllo: il pacchetto azionario, le tecnologie chiave e gli standard tecnologici, unitamente ai marchi dovrebbero rimanere, saldamente, in mani cinesi. Allo stesso tempo, è importante non cadere nelle tradizionali trappole riconducibili alla teoria dei vantaggi comparati [19], e, al contempo, sviluppare teorie e strategie volte a trarre vantaggi dai diritti di proprietà intellettuale.
Nell’immediato futuro, dovremmo concentrarci sull’apertura di diverse regioni al commercio estero, utilizzando i loro punti di forza specifici al fine di evitare una inutile concorrenza tra regioni per lo stesso tipo di commercio, soprattutto quando determinate attività economiche si sposano naturalmente con le caratteristiche di alcune regioni piuttosto che con altre. La Cina dovrebbe fare il miglior uso possibile delle sue importazioni ed esportazioni, non importando prodotti che potrebbero essere altrettanto facilmente prodotti in ambito nazionale, né esportando prodotti per i quali esiste una domanda interna non soddisfatta. E’ altrettanto importante aumentare il livello di distribuzione internazionale, traendo il massimo da competenze e tecnologie straniere per lo sviluppo di capacità di produzione internazionale ed attività manifatturiere. Zone di libero scambio ed investimenti infrastrutturali devono essere negoziati con partner strategici. Nel complesso, la Cina ha bisogno di giocare un ruolo più forte nella governance economica globale.
Un’ulteriore sfida è quella di distribuire in modo efficace gli investimenti esteri cinesi per garantirsi benefici ottimali. Ciò vale anche per le riserve cinesi di valuta estera. A questo proposito è importante imparare il più presto possibile dall’esperienza delle economie sviluppate (Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti) nelle loro relazioni commerciali con partner stranieri. Il problema delle fusioni “decapitanti” è da evitare quando le aziende in crescita e le industrie dall’estero cercano di entrare nel mercato cinese [20]. La Cina deve impegnarsi a rimanere aperta al commercio estero, al fine di approfondire e ampliare la qualità e la crescita della propria produzione economica. Una componente chiave di questa strategia è l’iniziativa “Una Cintura, una Via” [21]. Questo progetto di investimento di massa deve andare di pari passo con lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria globale, come incarnata da istituzioni quali la Banca Asiatica per gli Investimenti Infrastrutturali ed il Fondo per la Via della Seta. Queste istituzioni rappresentano punti di riferimento nel più ampio progetto di rafforzare e sostenere il successo economico della Cina.
Cheng Enfu e Ding Xiaoqin
Gennaio 2017
Note Biografiche
Cheng Enfu è un membro dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali e presidente della Associazione Mondiale per l’Economia Politica (World Association for Political Economy).
Ding Xiaoqinè vice direttore del Centro di Economia Politica Socialista con Caratteristiche Cinesi presso la Shanghai University of Finance and Economics, ricercatore post-dottorato presso l’Accademia cinese delle scienze sociali, e segretario generale della Associazione Mondiale per l’Economia Politica (World Association for Political Economy).
Note e Riferimenti Bibliografici
[1] La ricerca per questo articolo è stata supportata dal progetto 16NKS081 della Fondazione Nazionale di Scienze Sociali della Cina, e dal progetto 211 della Shanghai University of Finance and Economics. Eventuali richieste di chiarimenti vanno indirizzate Ding Xiaoqin (autore principale dell’articolo).
[2] Enfu Cheng, Xiangyang Xin, “Fundamental Elements of the China Model,”International Critical Thought 1, no. 1 (March 2011): 2–10.
[3] Martin Hart-Landsberg and Paul Burkett, “China, Capitalist Accumulation, and Labor,”Monthly Review 59, no. 1 (May 2007): 17–39.
[4] Xiping Han and Lingling Zhou, “A Review of the Theory of Advantage of Intellectual Property Rights and Its Application Value,”Journal of Economics of Shanghai School 11, no. 3 (2013): 1–9.
[5] Chengxun Yang and Yu Cheng, “The Evolution to Consciousness of Resource Allocation: The Ternary Mechanism—Rethinking the Lessons of Dialectics of Nature by Engels,”Journal of Economics of Shanghai School 13, no. 4 (2015): 31–43.
[6] Harry Magdoff and John Bellamy Foster, “China and Socialism: Editors’ Foreword”, Monthly Review 56, no. 3 (2004): 2–6.
[7] Pat Devine, “Question 1: Why Socialism?”Science & Society 76, no. 2 (2012): 151–71.
[8] Enfu Cheng and Xiangyang Xin, “Fundamental Elements of the China Model,”International Critical Thought 1, no. 1 (2011): 2–10.
[9] Hao Qi, “The Labor Share Question in China,”Monthly Review 65, no. 8 (2014): 23–35.
[10] Secondo Reference News del 17 Ottobre 2015, l’ultimo Hurun Wealth Report mostra che 2015 il numero di miliardari in China (596) ha superato quello degli Stati Uniti (537). Questo numero non include i miliardari di Hong Kong, Macao e Taiwan.
[11] Secondo Hu Shuli (direttrice di Caixin, gruppo editoriale cinese specializzato nella analisi finanziaria ed economica), una volta che un paese è entrato nella sua fase di reddito medio – considerando l’esportazione di merci ad alta intensità di lavoro come il settore di crescita tradizionale e rappresentativo di una tale condizione – i costi del lavoro cominciano ad aumentare e si perde vantaggio competitivo; considerando la riduzione del divario tecnologico, se si mira a incrementare il tasso di produzione non ci si può più basare sul modello “studio e riproduzione dei prodotti”, ma bisogna avviare un processo di riconversione ricorrendo all’innovazione. Se non si procede in questo modo, si cade tra i due poli dei paesi a basso reddito e di quelli ricchi. Per evitare queste circostanze, settori liberisti cinesi hanno richiesto, più volte, un processo di riforme strutturali per trasformare il modello di crescita economica, lavorando sui punti seguenti: la competizione e la deregolamentazione economica creativa; università con un alto livello di ricerca; un sistema di mercato con una forza lavoro dinamica e che si basi su investimenti con un certo margine di rischio; un sistema finanziario con un mercato di private equity e Securities (Nota a cura dei traduttori)
[12] Mylene Gaulard, “A Marxist Approach of the Middle-Income Trap in China,”World Review of Political Economy 6, no. 3 (2015): 298–319.
[13] Xinghua Wei, “The Persistence, Development, and Innovation of the Economic Theories on Socialism with Chinese Characteristics,”Studies on Marxism, 10 (2015): 5–16.
[14] Marta Harnecker, “Question 5: Social and Long-Term Planning?” Science & Society 76, no. 2 (2012): 243–66.
[15] Guoguang Liu and Enfu Cheng, “To Have a Comprehensive and Accurate Understanding of the Relationship between Market and Government,”Studies on the Theories of Mao Zedong and Deng Xiaoping, no. 2 (2014): 11–16.
[16] La crescita estensiva si basa sul maggiore utilizzo dei fattori produttivi; la crescita intensiva si basa sulla crescita della produttività ottenuta tramite l’introduzione di innovazioni (Nota dei traduttori).
[17] Dal 2002 al 2011, il PIL cinese è aumentato ad un tasso superiore al 9%. Il PIL è cresciuto al 7.7% nel 2012 e nel 2012; il tasso di crescita è poi sceso al 7.4% nel 2014 e al 6.9% nel 2015. Nei primi sei mesi del 2016, il PIL è cresciuto ad un tasso annualizzato equivalente del 6.7%. Nonostante questo rallentamento, la Cina rimane, tra le maggiori economie mondiali, quella che esibisce il miglior tasso di crescita. Il Fondo Monetario Internazionale stima che la Cina sia responsabile di un quarto dell’intera attività economica mondiale.
[18] Per latecomer advantages (letteralmente, vantaggio del ritardatario) si intendono i vantaggi ottenibili da una impresa (o, più in generale, da un sistema paese) dalla penetrazione in mercati che utilizzano tecnologie e modalità di produzione mature (acquisibili, dunque, a costi maggiormente accessibili). Al contrario, per pioneer advantages (letteralmente, vantaggio del pioniere) si intendono i vantaggi ottenibili da una impresa (o, più in generale, da un sistema paese) dalla penetrazione in nuovi mercati o dalla produzione di nuovi prodotti (utilizzando, dunque, nuove tecnologie che presuppongono, tuttavia, maggiori investimenti). (Nota dei traduttori)
[19] La teoria dei vantaggi comparati fu elaborata dall’economista britannico David Ricardo. Secondo tale teoria (assai utilizzata in ambiti liberoscambisti, fortemente criticata dal pensiero economico critico), ogni paese può trarre vantaggio dal commercio internazionale. (Nota dei traduttori)
[20] Per “fusione decapitante” si intende, in ambito cinese, un processo innescato ad opera di una azienda volto ad eliminare dal mercato (tramite acquisizione) di un potenziale concorrente o una impresa in possesso di particolari tecnologie di interesse (Nota dei traduttori).
[21] Sul progetto “Una Cintura, una Via”, si veda anche il seguente articolo: http://contropiano.org/documenti/2016/10/05/treno-cina-rotterdam-seta-084337