Rete dei Comunisti – Noi Restiamo
Il prossimo 12 dicembre saranno passati cinquanta anni dalla strage nella Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana, a Milano.
Quella data, che non sarà mai come le altre sul calendario, rappresenta un salto di qualità nella “guerra non dichiarata” da parte dello Stato italiano, insieme ai servizi militari Usa e alle organizzazioni fasciste, contro il movimento operaio, la sinistra e i comunisti nel nostro paese.
La Rete dei Comunisti e la rete universitaria Noi Restiamo hanno deciso di ripubblicare, dieci anni dopo, il volume curato da Contropiano e dalla Libreria Quarto Stato di Aversa, cercando di mettere a disposizione delle nuove generazioni politiche un materiale storico e politico utile per comprendere la storia recente del nostro paese. Ma soprattutto per contrastare apertamente la manipolazione politica che con ogni mezzo (dai mass media alla storiografia, dalle sentenze alla retorica dei partiti politici) continua a negare un punto di vista alternativo sui fatti ed a strumentalizzarlo tuttoggi come elemento di deterrenza verso chi non intende abbassare la testa davanti agli orrori del sistema dominante.
Già nei primi venticinque anni del dopoguerra, nelle manifestazioni e nelle proteste operaie e contadine, molto spesso la polizia aveva sparato uccidendo decine di manifestanti. I morti di Avola, Reggio Emilia, Battipaglia sono lì a testimoniarlo.
Il 12 Dicembre rappresenta però un inasprimento del livello di scontro, ciò che le dottrine controinsurrezionali statunitensi definiscono “guerra a bassa intensità”, che provocò in diciotto anni (1969-1987) quasi 500 morti, centinaia di feriti, migliaia di prigionieri politici.
I tempi e il contesto storico raccontano molto di questa guerra che lo Stato, le organizzazioni padronali, le forze politiche e i giornalisti – oggi come allora – continuano a negare ed a esorcizzare.
Fino al 1974 nei paesi dell’Europa euromediterranea c’erano dittature militari apertamente sostenute dagli Stati Uniti: in Grecia, Portogallo, in Spagna fino al 1979.
In Italia nel 1964 (De Lorenzo) e nel 1970 (Junio Valerio Borghese) misero in atto due tentativi di colpo di stato andati a male.
Dopo piazza Fontana, nel dicembre 1969, nel 1974 ci furono altre due terribili stragi di Stato: a maggio ‘74 in piazza della Loggia, a Brescia, contro una manifestazione antifascista e ad agosto dello stesso anno sul treno Italicus, diretto a Bologna contro ignari passeggeri.
Fino al 1974 in Italia c’erano state pochissime azione armate da parte delle organizzazioni clandestine della sinistra, solo in un caso mortale (il commissario Calabresi ritenuto corresponsabile della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli nella Questura di Milano nel dicembre del 1969). Tuttalpiù erano frequenti durissimi scontri di piazza, contro la polizia o i fascisti. Una escalation particolare va segnalata nell’aprile del 1975 quando in tre giorni fascisti, carabinieri e polizia uccisero in circostanze diverse quattro militanti di organizzazioni della sinistra a Milano, Torino, Firenze.
Era necessario annichilire un movimento operaio in ascesa sul piano delle conquiste sindacali, sociali e politiche, liquidare i militanti e le avanguardie che avevano intravisto la possibilità “dell’ assalto al cielo” e terrorizzare la popolazione.
Quella guerra, iniziata dagli apparati dello Stato in collaborazione con i servizi militari Usa che non avevano mai contemplato una possibile “via democratica al socialismo,” usò ampiamente i gruppi neofascisti come manovalanza. Il ricorso alla violenza da parte delle organizzazioni della sinistra rappresentò quindi l’accettazione del livello che l’avversario aveva imposto contro il movimento che avanzava verso il rovesciamento dei rapporti di forza sociali nel paese.
Il clima politico internazionale rendeva visibile – e temibile per il potere – una trasformazione rivoluzionaria. La vittoriosa resistenza del Vietnam contro gli Usa, i movimenti di liberazione anticoloniali in Africa, movimenti giovanili e di lotta in molti paesi europei, si sviluppavano parallelamente alla più profonda crisi del sistema capitalista, quella del 1973, che appare tutt’oggi irrisolta. Per il potere e il capitalismo sono stati gli anni della “grande paura”, talmente profonda da riaffermare, anche cinquanta anni dopo, una vocazione vendicativa verso la storia, i soggetti e i contenuti di quei movimenti.
Di questo vogliamo parlare diffusamente nei prossimi mesi con una campagna di incontri, pubblicazioni, colloqui, forum dedicati alla dichiarazione di guerra e alla Strage di Stato del 12 dicembre 1969
Per impedire la rimozione e la manipolazione della storia recente del nostro paese e ristabilire una verità storica e politica sui fatti, spesso nascosta sotto una “verità giudiziaria” sagomata sulla “ragion di Stato”.
di
Cosa sapete, cosa ricordate della Strage di Piazza Fontana?
Tra poco meno di un mese saranno cinquanta anni dalla Strage di Stato in Piazza Fontana. Un 12 dicembre del 1969 a Milano che, come abbiamo detto molte volte, per almeno due generazioni non sarà mai una data come le altre sul calendario.
Quel giorno cambiarono molte cose, le coscienze fecero uno scatto in avanti, divenne di massa la consapevolezza che lo Stato aveva dichiarato guerra a chi voleva cambiare il paese. La “grande paura” della borghesia verso il clima rivoluzionario internazionale, i movimenti studenteschi e l’Autunno Caldo operaio era palpabile, e la rese isterica e pericolosa, fino ad evocare il lavoro sporco del “Deep State”.
Ma con il passare degli anni questa visione della storia è stata combattuta dagli apparati ideologici dello Stato, è stata rimossa, è stata manipolata fino a confondere totalmente le nuove generazioni. Una confusione voluta ma con un messaggio chiaro: “non provateci più!”
In questi giorni esce il libro “Piazza Fontana, Una strage lunga cinquanta anni”. I compagni della Rete dei Comunisti e della rete Noi Restiamo hanno voluto ripubblicare il materiale prodotto dieci anni fa dalla redazione di Contropiano e dalla libreria Quarto Stato di Aversa in occasione del quarantennale.
I contenuti del libro riguardano la storia della “guerra non dichiarata” dello Stato e della borghesia italiana – insieme ai servizi militari Usa e ai fascisti – contro il movimento operaio, il Pci, i comunisti, la sinistra rivoluzionaria.
Viene ricostruito il passaggio “dalla guerra fredda alla guerra sul fronte interno” che ha segnato la storia recente del paese, ma che continua visbilmente ad alimentare tutt’oggi una logica vendicativa contro i perseguitati e i prigionieri politici della sinistra in Italia.
C’è poi un capitolo sulla “storia rovesciata” e le vicissitudini nelle organizzazioni neofasciste, quella fase che Pasolini nel suo scritto sulle stragi intravede come il passaggio dalla “fase fascista a quella antifascista della stagione delle stragi”. Il famoso editoriale di Pierpaolo Pasolini è tra i documenti inseriti nel libro, insieme ad un scritto politico e profetico di Giangiacomo Feltrinelli e ad un intervento di Roberto Mander, il più giovane anarchico coinvolto nell’inchiesta sulla strage di piazza Fontana durante la montatura politico/giudiziaria che portò all’arresto di Pietro Valpresa, Roberto Gargamelli ed altri compagni anarchici e all’uccisione del compagno Pino Pinelli nella Questura di Milano.
Ci sono poi le audizioni del giudice Salvini (non confondetelo con quello del Papeete per favore) davanti alla Commissione Parlamentare di inchiesta sulle stragi. E su questo c’è una “chicca” che nella pubblicazione di dieci anni fa non compariva: i nomi. Si tratta dei nomi che il giudice E Salvini consegnò alla Commissione Parlamentare ma che furono secretati. Ed è qui che vengono fuori i nomi dei due “amerikani” dei servizi militari Usa (non della Cia) che dalla base Nato di Verona organizzarono la rete che portò la strage di Piazza Fontana.
Il libro contesta poi una tesi assai diffusa ma depistante come quella del “doppio Stato”. Nella guerra di bassa intensità scatenata il 12 dicembre del 1969 non c’erano uno Stato costituzionale e uno Stato deviato. C’era la ragion di Stato e le sue priorità nello scontro politico e di classe, internazionale e sul fronte interno. A questa fu piegato tutto: le leggi, le regole, l’etica ed anche i riottosi nella DC al governo.
Infine c’è la descrizione della impressionante reazione con cui la sinistra rivoluzionaria rispose alla Strage di Stato, dalla nascita della controinformazione alle mobilitazioni di piazza.
Quel materiale è stato arricchito nel libro da quattro nuovi capitoli sui fascisti oggi e i loro legami attuali con gli apparati dello Stato. Ne è venuta fuori una sorta di inchiesta sulla funzione e le reti neofasciste in Italia anche nel XXI Secolo. Funzione e collegamenti che, stranamente, ricevono scarsissima attenzione nelle indulgenti relazioni annuali dei servizi segreti. Al contrario, di fronte alla mezza paginetta riservata ai fascisti, ce ne sono il decuplo riservate ai gruppi della sinistra e agli anarchici. Un po’ come ai tempi della strage di Piazza Fontana.
Il libro è stato concepito per parlare non agli storici o ai vecchi militanti, ma a quelli più giovani, ossia l’oggetto di una brutale rimozione storica e ideologica da parte degli apparati ideologici dello Stato. Una rimozione talmente pesante da aver invece rialimentato curiosità e interesse tra chi si affaccia da poco nella lotta politica.
Da qui la domanda rivolta a tutte e a tutti? Che cosa sapete e che cosa ricordate della Strage di Stato in piazza Fontana il 12 dicembre del 1969? Misurarsi con uno spartiacque nella storia recente del nostro paese diventa urgente e necessario.
per richiedere il libro scrivere a: retedeicomunisti@gmail.com