Martedì 18 febbraio ’20 tutti allo sciopero e al presidio pomeridiano in viale Africa (ore 17)
La lotta sostenuta in questo ultimo anno dalle lavoratrici e dai
lavoratori a Contratto a Termine (CT), sino all’occupazione del tetto di
Palazzo Blu di questi giorni, racchiude alcuni dati essenziali ed
alcune originalità che caratterizzano lo scontro di classe in corso nel
nostro paese, in generale nel continente europeo, sotto il “tallone
d’Achille” dell’Unione Europea e delle sue politiche recessive e filo
padronali.
Le politiche industriali della famiglia Colaninno per l’azienda di
Pontedera utilizzano a piene mani sia operazioni finanziarie
spericolate, sia i contributi a pioggia delle istituzioni europee e
nazionali per gli ammortizzatori sociali e per i progetti di
ristrutturazione (Industria 4.0), oltre che ai profitti estorti ai
lavoratori in produzione.
Per realizzare queste politiche la Piaggio viene sostenuta attivamente
dai sindacati concertativi Fim Fiom Uilm e Ugl, come dimostra l’ultimo
accordo integrativo, approvato da un referendum – truffa lo scorso 15
febbraio.
Non siamo di fronte ad una delle tante aziende “in crisi” che
caratterizzano quel che resta del sistema industriale italiano. La
Piaggio di Pontedera, da anni in attivo di bilancio, è una delle più
grandi multinazionali delle due ruote, perché manager e Consiglio di
Amministrazione sono riusciti ad inserirsi nei gangli vitali del sistema
finanziario, economico e politico nazionale e continentale.
Per mantenere le “performance” di questi anni, in grado di reggere lo
scontro con altri colossi del settore in alcuni mercati di punta (USA,
UE, Cina, India ed Estremo Oriente), le politiche adottate da Colaninno
sono state sino ad ora più quelle della “carota” che del “bastone”.
Siamo di fronte ad una lenta ma costante riduzione di mano d’opera,
utile alla realizzazione di quella “rivoluzione tecnologica 4.0” che
dovrà trovare l’azienda pronta sia in termini di pace sociale, sia di
numeri di impiegati effettivi.
La lotta dell’unico sindacato di classe presente in fabbrica, l’USB,
può rompere l’equilibrio politico/sindacale che sino ad ora ha permesso a
Colaninno di procedere in avanti nel suo progetto di fabbrica modello,
normalizzata e pronta alle sfide di una competizione globale resa
incandescente dalla crisi sistemica del capitalismo.
La mobilitazione delle 43 lavoratrici e lavoratori CT espuls* dalla
fabbrica, sostenuta in perfetta solitudine da USB, è un potenziale
grimaldello per rompere quel controllo sulla produzione che Colaninno
intende garantirsi con il sostegno attivo dei sindacati aziendali Fiom
Fim Uilm e Ugl.
La Rete dei Comunisti è al fianco di questa lotta, per l’assunzione
immediata delle lavoratrici espulse dalla fabbrica, per la riduzione
generalizzata dell’orario di lavoro accompagnata da consistenti aumenti
di salario, per la nazionalizzazione di una azienda sussidiata dallo
Stato e dall’Unione Europea.
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