di Giuseppe Amata
1. Sabato 19 aprile si sono svolte quasi nello stesso orario due importanti videoconferenze, una organizzata dalle “Edizioni Marx21” dal tema Per uno sbocco progressivo alla crisi italiana, alla quale ho partecipato come ascoltatore; l’altra promossa dalla rivista “Contropiano.org” dal tema Alba Euro Mediterranea – L’alternativa possibile, della quale ho ascoltato la registrazione.
- Nella prima (secondo il precedente ordine), Andrea Catone introducendo i lavori, ha spiegato sinteticamente la natura dell’attuale crisi economica capitalistica che si è determinata dall’emergenza sanitaria (non crisi di sovrapproduzione l’ha giustamente denominata, ma crisi politica e sociale) e ha indicato in senso lato nel presente momento storico l’avvio di un programma di riforme di struttura (successivamente nel corso del dibattito in un brevissimo intervento Paolo Pioppi ha parlato di svolta, come quella di Salerno del 1944 ad opera di Togliatti). Il primo relatore Andrea del Monaco ha spiegato molto bene come il nostro paese, con il Trattato dell’Unione Europea sottoscritto nel 1992, si è vincolato al dominio del capitale finanziario, in particolare quello tedesco ed olandese e si è soffermato: a) sulle condizioni vincolanti del MES e sulla falsità di quanto detto da alcuni autorevoli politici e dai media mainstream sulla “sospensione delle clausole di salvaguardia”; b) sui reali motivi di Germania e Olanda a non volere gli eurobond per i vantaggi che attualmente hanno sui tassi di interesse e quindi sullo spread nella competizione intereuropea; c) sui vantaggi di Germania e Olanda, secondo l’attuale normativa, nella formulazione di disavanzo e avanzo delle partite correnti. La seconda relazione di Guglielmo Forges Davanzati, iniziata accennando alle crisi economiche che dagli anni Settanta del XX secolo hanno interessato il modo di produzione capitalistico, è stata subito interrotta perché la ricezione audio era intermittente e quindi incomprensibile.
- Nella seconda videoconferenza il primo relatore Alessandro Giannelli di Eurostop ha spiegato il perché bisogna uscire dall’Unione Europea, motivando ovviamente tutte le imposizioni del capitale finanziario e dei grandi monopoli nei confronti dei popoli europei, in particolare quelli della fascia mediterranea e dell’Europa dell’est, con accentuazione dopo l’inizio della crisi del 2007 e dalla quale non si è ancora usciti. Il secondo relatore Luciano Vasapollo, noto dirigente della Rete dei Comunisti, dopo un riferimento alla crisi economica capitalistica, aggravata dall’emergenza del coronavirus (e al riguardo ha messo in evidenza che i principali aiuti ricevuti dall’Italia in uomini e mezzi sono arrivati dalla Cina, dalla Russia e da Cuba, non certamente dai paesi europei e dagli Stati Uniti!), ha spiegato in modo dettagliato un programma di transizione per uscire dalla crisi e dall’emergenza sanitaria basato sul rilancio di una sua vecchia proposta, assieme ad altri studiosi di altre nazioni, per la creazione di un Alba Euro Mediterranea e di nuove relazioni politiche ed economiche con Cina, Russia, Cuba, Venezuela, Iran ed altri paesi. Per delineare il programma di transizione, per l’Italia e i paesi della fascia Euro Mediterranea, Vasapollo ha fatto riferimento a livello di studio sia all’esperienza della NEP sovietica, sia alle esperienze che si ricavano dai modelli economici cinese, cubano, vietnamita, tutti incentrati sul ruolo predominante dirigenziale dello Stato e del capitale pubblico. Al riguardo devo dire che leggendo, da molto tempo a questa parte, gli scritti di Vasapollo ho notato per la prima volta una certa enfasi sul modello cinese (e come lui altri studiosi che scrivono su Contropiano, i quali nel passato su questo argomento erano molto perplessi e alcuni di essi, non Vasapollo in verità, addirittura inquadravano le contraddizioni tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese come contrasti intercapitalistici causati dalla legge dello sviluppo economico diseguale di leniniana memoria).
- Ritengo importanti le due video conferenze non solo per capire la natura della crisi economica, politica, sociale che interessa il modo di produzione capitalistico e delle relazioni che si dovranno instaurare a livello internazionale secondo quella corretta proposta formulata, se ricordo bene nel 2017 alla Conferenza di Davos, dal presidente della RPC e segretario del Partito Comunista Cinese Xi Jinping per la creazione di una comunità internazionale dal destino condiviso; ma anche per capire gli specifici problemi italiani per la creazione di un Fronte popolare di salvezza nazionale (il termine in senso lato è stato usato nel corso delle due videoconferenze!) e aggiungo per unire tutte le forze comuniste oggi frammentate in diverse organizzazioni e circoli e quindi senza l’appropriata forza di massa, non solo per determinare immediatamente la svolta enunciata, ma per incidere profondamente nella realtà per conquistare maggiore peso e spazio politico in un paese governato da trent’anni a questa da due blocchi (centro-destra e centro-sinistra legati agli interessi capitalistici) con l’aggiunta da qualche anno della presenza al governo del Movimento Cinque Stelle, il quale in verità se ha creato alcune contraddizioni al sistema di potere dominante a livello nazionale e a livello europeo, non ha la forza di massa per scardinarlo, ammesso che ne abbia la volontà. Unirle non vuol dire sommarle aritmeticamente ma aggregarle attraverso la lotta e la pratica sociale per costruire una prospettiva ideologica, politica e organizzativa unica.
Quando si parla di un Programma di transizione, come a mio parere giustamente hanno detto sia Luciano Vasapollo in ogni dettaglio, sia Andrea Catone in forma sintetica, occorre fissare l’obiettivo che vogliamo realizzare, ossia che dall’attuale crisi economica, nel medio e lungo termine, si può uscire attraverso l’avvio del processo di trasformazione dei rapporti di produzione capitalistici.
Altri studiosi, sia nella rivista Marx21.it che in Contropiano.org, in queste ultime settimane lo hanno scritto con molta convinzione perché l’emergenza sanitaria innescata dal Covid19 ha esasperato le contraddizioni insite nel sistema capitalistico e imperialistico e le contraddizioni tra paesi imperialistici.
Come diceva Mao l’evento esterno può accelerare o ritardare lo sviluppo di una contraddizione, ma essa si manifesta per cause interne e dalla lotta degli opposti si risolve.
Se, dunque, l’obiettivo che dobbiamo realizzare è la trasformazione della società capitalistica, esso, a mio avviso, si può realizzare nella specifica situazione che si è determinata in Italia con diverse fasi di transizioni e per ognuna di queste fasi bisogna individuare un programma molto flessibile e le forze popolari che lo porteranno avanti. E quando si parla di forze popolari, bisogna tener conto della realtà, in seguito alla lotta di classe e alle sconfitte subite da 40 anni a questa parte, per la degenerazione socialdemocratica del PCI fino al suo scioglimento, senza che il Partito della Rifondazione Comunista, sorto dalle sue ceneri, sia stato in grado (per incapacità del gruppo dirigente e per la ripetizione degli stessi errori che avevano portato il PCI all’involuzione) di diventare né un partito di massa né tanto meno un partito di quadri preparati e combattivi; l’unico obiettivo di quel Partito, infatti, era di essere presente nelle rappresentanze istituzionali e vivacchiare.
Quindi, pur condividendo l’esigenza di un Programma di transizione, come in dettaglio l’ha enunciato Vasapollo, a mio avviso per essere fattibile dobbiamo specificare che la transizione si presenterà in diverse fasi e per ognuna di esse occorrono riferimenti programmatici specifici e soprattutto che tengano conto delle esperienze realizzate nelle fasi precedenti.
Di tutte le cose dette da Vasapollo dobbiamo immediatamente discuterne di alcune per avviare la prima fase di transizione; la quale sarà determinata dalle contraddizioni che si apriranno nell’Unione Europea, in modo che il Fronte popolare di salvezza nazionale con azioni di massa possa innanzitutto scardinare quel mostruoso blocco reazionario, rappresentato dal capitale finanziario intrecciato con multinazionali e monopoli e che, per parafrasare Gramsci, ha trovato nei grandi mezzi di comunicazione oltreché negli intellettuali di regime, lo strumento ideologico per assopire le masse popolari con il mito (o feticcio che dir si voglia!) dell’Europa.
Non sappiamo se il presidente del Consiglio Giuseppe Conte manterrà la promessa di opporsi al MES e al dominio tedesco. In ogni caso occorre unire tutte quelle forze che si oppongono al disegno del capitale finanziario a guida tedesca, olandese e in parte anche francese. L’intervento di Alessandro Di Battista sul “Fatto Quotidiano” riportato col giusto rilievo da Marx21.it in data 21 aprile è molto interessante e denota che nel Movimento Cinque Stelle vi sono forze che vanno nella giusta direzione e devono essere incoraggiate e sostenute dai comunisti a liberarsi, se lo vogliono, dai condizionamenti tradizionali interni ed internazionali.
Questo non deve significare, da parte nostra, appoggiare passivamente in Italia una parte della borghesia a ricostruire il meccanismo di accumulazione capitalistica e lo stesso modello di sviluppo fondato sul disquilibrio territoriale tra Nord e Sud, sulla distruzione ambientale e sullo sfrenato consumismo di valori di scambio per impedire lo sviluppo dei valori sociali.
Oppure può significare rivendicare quanto ripetuto da diversi esponenti di governo di approvare a livello europeo un nuovo ERP (comunemente detto Piano Marshall). Magari chi propone queste cose ha certe idee in testa che magari per il momento non svela. Però, siccome a livello di mezzi di comunicazione s’imbrogliano le masse e la generazione passata e presente ha perso o non ha la memoria storica, è giusto da parte nostra mettere in rilievo il reale significato di quel Piano. I dollari americani erogati servivano principalmente a comprare il surplus delle derrate agricole americane che altrimenti sarebbero rimasti invenduti e i macchinari obsoleti dell’industria americana, la quale, dopo la vittoria bellica e le invenzioni tecnologiche, si avviava verso lo stadio dell’automazione e quindi certi impianti industriali non servivano più e dovevano essere venduti.
E poi i soldi venivano erogati dagli Stati Uniti, sia:
- a) perché ancor prima dell’approvazione dell’ERP era stato creato il sistema monetario di Bretton Woods con al centro il dollaro americano, seppur riferito all’oro (35 dollari per un’oncia d’oro), che permetteva agli Stati Uniti di stampare moneta senza alcun riferimento all’oro depositato a Fort Nox in riferimento al fabbisogno americano per sostenere le enormi spese militari, e scaricare in tal modo la loro inflazione sul resto del mondo;
- b) perché con la costituzione della NATO gli USA si appropriavano del territorio dei Paesi europei per installare basi militari con ingenti truppe e armi atomiche e iniziare la politica del rall back verso l’Unione Sovietica, pur pagando un canone annuo che i paesi ospitanti ricevevano in cambio della perdita di sovranità. Certo, con una parte dei dollari ricevuti sia dall’ERP (dopo aver comprato derrate agricole e macchinari) che dall’uso del territorio, ed anche con investimenti diretti americani, soprattutto in Germania per la presenza di materie prime industriali e di forza-lavoro a basso prezzo, è stato possibile in poco tempo la ricostruzione capitalistica dell’Europa.
- Gli elementi importanti per un Programma di prima fase di transizione per riuscire a scardinare il mostruoso blocco finanziario sono rappresentati da una nuova politica economica e da nuove relazioni internazionali.
Per quanto riguarda la politica economica prioritaria è la funzione della Banca centrale che deve essere un ente di diritto pubblico e non un’istituzione privata come l’attuale Banca centrale europea preposta a svolgere una funzione pubblica.
Anche se può sembrare irrealistica la proposta di richiedere la trasformazione della BCE, essa va fatta, ben sapendo però che il suo mancato accoglimento debba sollecitare la preparazione del piano B, in caso di scioglimento dell’Unione Europea, di modo che la Banca d’Italia, che già nel suo statuto è definita “ente di diritto pubblico”, ritorni legata al Ministero del Tesoro, come era prima delle riforme degli anni ’80 (allora, il governatore della Banca, d’intesa con il ministro del Tesoro, determinava il tasso ufficiale di sconto), possa coprire con l’emissione monetaria il fabbisogno dello Stato.
Inoltre occorre immediatamente rinazionalizzare il settore energetico, dell’industria di base (la vecchia IRI) e di alcuni enti finanziari (come era l’IMI, la BNL, ecc.) modificando però i vecchi sistemi di gestione aziendale, fondati sullo strapotere dei manager, per assicurare la partecipazione alle scelte aziendali a tutto il personale lavorativo; nazionalizzare i settori farmaceutico e delle concessioni autostradali, forieri di elevati profitti e quindi fonte di entrate pubbliche per nuovi investimenti; inoltre occorre aumentare gli investimenti pubblici nel settore del trasporto ferroviario e marittimo e in quello agricolo, per modernizzare l’agricoltura e la viabilità, soprattutto nel Sud e nelle isole e per garantire la sicurezza alimentare nazionale, almeno nei prodotti di base; infine occorre affrontare seriamente i problemi dell’inquinamento e dello sviluppo urbano e intensificare gli investimenti nelle fonti rinnovabili e nella sanità pubblica riordinando il sistema di gestione degli ospedali.
Per quanto concerne la politica estera occorre incrementare le relazioni economiche con la Repubblica Popolare Cinese per cominciare ad attuare il Memorandum sulla “Nuova Via della Seta” sottoscritto dai due governi; inoltre si devono ripristinare in pieno le relazioni economiche con la Russia, uscendo dal blocco imposto dall’Unione Europea, migliorare le relazioni con l’Iran e con il Venezuela, Paesi con i quali nel passato l’Italia ha avuto ottime relazioni economiche, senza subire diktat esterni, e soprattutto incrementare l’interscambio economico e culturale con Cuba, un Paese che, con spirito di solidarietà internazionale, ha mandato gratuitamente squadre di medici e infermieri in Lombardia e in Piemonte, ben addestrati per la loro presenza in Africa nella lotta al virus Ebola; infine costruire nuove relazioni con i paesi emergenti, in particolare quelli mediterranei, per avviare l’Unione Euro Mediterranea.
Non dimentichiamo che, negli anni ’60 e ’70, l’Italia aveva ottime relazioni con i Paesi dell’est europeo e con il Nord Africa. L’Unione Euro Mediterranea si innesta bene con lo sviluppo della “Nuova Via della Seta” (Belt & Road Initiative). Così facendo si potrà attuare una politica estera di pace e di buone relazioni economiche e abbondare le vecchie alleanze militari e lo spirito della guerra fredda.