L’interdizione dai pubblici uffici del Presidente della Generalitat catalana Quim Torra avvenuta questo lunedì è l’ennesimo atto di prevaricazione delle autorità spagnole contro il popolo catalano ed i suoi rappresentanti.
Torra, membro della formazione indipendentista JXC, era stato condannato in primo grado il dicembre dell’anno scorso dal tribunale supremo della giustizia di Catalogna (TSJC) per essersi rifiutato di rimuovere dal Palazzo della Generalitat uno striscione che chiedeva la liberazione dei prigionieri politici catalani ed il ritorno degli esuli, “disobbedendo” giustamente così alla Giunta Elettorale Centrale che gli intimava la rimozione: un chiaro atto di limitazione delle libertà politiche. Dopo la conferma della condanna a 18 mesi di ineleggibilità e 30 mila euro di multe, la pena è diventata subito esecutiva ed è stato rimosso dalle sue funzioni, nonostante abbia fatto subito ricorso al Tribunale Costituzionale tramite il proprio avvocato Gonzalo Boye.
Si è aperta una ennesima “crisi politica” quindi con l’incarico ad interim conferito al vice-presidente della Generalitat Pere Aragònes, esponente di ERC che con la stessa composizione del governo “regionale” potrà andare avanti solo per decreto, questo fino alle elezioni che si terranno con ogni probabilità il 7 febbraio prossimo. Lasciando le sue funzioni mentre si allontanava dal Palazzo in un bagno di folla, Torra ha affermato che: “il solo modo di avanzare è la rottura democratica”, riferendosi al referendum autoconvocato dell’ottobre del 2017 in cui i catalani hanno votato in massa – nonostante la fortissima repressione dello Stato Spagnolo – per la propria indipendenza.
La destituzione di Torra è solo l’ultimo di una serie di attacchi durissimi da parte dello Stato Spagnolo nei confronti delle istituzioni catalane e tutto il movimento indipendentista che sono seguiti al referendum del primo ottobre. Prima di quest’ennessimo atto di intimidazione, la paranoia repressiva aveva coinvolto gli esponenti dei CDR – Comitati di Difesa della Repubblica sorti durante l’autunno catalano – e Tsunami Democratic con una paventata accusa di “terrorismo”. Meno di un mese dopo il referendum del 2017 il governo di Rajoy scioglieva il parlamento e indiceva nuove elezioni, vinte comunque da una coalizione indipendentista. Torra è succeduto a Carles Puigdemont, leader indipendentista attualmente in esilio, dopo che questo era stato rimosso grazie alla legge 155 e perseguito a livello giudiziario. Sono 9 i leader indipendentisti condannati, per i quali il governo Sanchez sembra avere avviato questo lunedì le procedure per l’indulto mentre sta trattando con ERC – la formazione del President ad interim – per il suo sostegno alla legge di bilancio per il prossimo anno, in un tentativo di “disinnescare” la bomba ad orologeria di una ripresa massiccia delle mobilitazioni in Catalogna e di assicurarsi il supporto alla sua coalizione governativa di minoranza PSOE- Unidos Podemos.
Proprio Puigdemont ha parlato di “vendetta” ed “odio” dello Stato Spagnolo che ha privato la Catalogna di un governo locale forte in una difficile congiuntura sanitaria e sociale. Una decisione questa per cui festeggia tutta la destra spagnola, a cominciare da Ciudadanos.
Le anime belle democratiche della UE, sempre pronte ad agitare lo spettro della limitazione delle libertà democratiche quando la denuncia della loro supposta violazione è funzionale ad i propri progetti, sono silenti di fronte a questo ennesimo atto di ingiustizia e sopruso nei confronti di un popolo e dei suoi rappresentanti eletti in “regolari” elezioni per avere esercitato un banalissimo diritto di espressione.
Come Rete dei Comunisti esprimiamo la nostra piena solidarietà al popolo catalano, sceso in piazza in tutto il Paese l’11 settembre durante la festa della Diada: un atto di volontà politica che ha portato a mobilitarsi, nel più stretto rispetto delle condizioni di profilassi sanitaria e di rispetto della distanza di sicurezza, circa 60 mila persone, nella mobilitazione più importante avvenuta negli ultimi mesi in tutto il continente nonostante sia stata volutamente ignorata dai media mainstream.
Ci uniamo alle voci dell’indipendentismo catalano che coniugano auto-determinazione nazionale e giustizia sociale – tra cui quella della CUP – nel chiedere il ritorno dell’esilio e l’amnistia per le circa 3000 persone soggette a procedimenti giudiziari per le mobilitazioni dell’autunno di tre anni fa, consci che la via della libertà per il popolo catalano passa ora più che mai per la rottura del regime 1978 che ha preservato uomini e istituzioni – tra cui la monarchia – della lunga stagione franchista. Siamo solidali con tutte le forze politiche e sociali che in questi giorni difficili si stanno mobilitando in Catalogna.
CATALUNYA LLIURE!
Rete dei Comunisti