di Michele Franco – Rete dei Comunisti
Man mano che si palesano i veri snodi politici e strutturali con cui le dinamiche generali e congiunturali della governance capitalistica devono impattare (sia sul versante interno che su quello continentale) aumenta l’evaporazione politica del Movimento 5 Stelle.
Con l’avvicinarsi dell’ora delle decisioni riguardanti l’accesso dell’Italia ai dispositivi legislativi e normativi del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) si sta accentuando il segno politico prevalente nell’orientamento e nelle decisioni del Movimento 5 Stelle.
La volontà di accettare, comunque, il MES è la conseguenza di un profilo politico e programmatico sempre più integrato e compatibilizzato alle necessità di quei settori finanziari, economici e sociali che guardano all’ingente mole di soldi che dovrebbero arrivare dall’Unione Europea incuranti di tutte le accertate conseguenze strangolatorie e dannose – per le condizioni di vita e di lavoro – dei ceti popolari che l’attivazione di questo strumento legislativo comporterà nei prossimi anni.
Il Governo Conte ma – soprattutto – il Movimento 5 Stelle sono sempre più sotto botta delle terroristiche pressioni che Confindustria, tecnocrati di Bruxelles, Renzi e tutta la pletora di grassatori stanno dispiegando per spingere il Parlamento ad approvare l’accesso al MES. Il tutto in un quadro economico che – a tutt’oggi in un contesto dettato dall’emergenza pandemica ancora lungi dal risolversi – ha registrato pochi fondi arrivare dall’UE in questi mesi e che vede dilatare in avanti nel tempo l’avvio dei giganteschi progetti del Recovery Found/Next Generatione UE.
Insomma per quel che fu il Movimento di Grillo e Casaleggio il quale – accedendo a Palazzo Chigi prima con il Conte I e poi con il Conte II – prometteva di “abolire la povertà” e “scassare tutto” si sta approssimando l’ennesima giravolta trasformistica che – a differenza di tutti i “rospi ingoiati” fino ad ora – comporterà uno strappo profondo con le ragioni politiche e il complesso degli elementi di novità e di rinnovamento che i 5 Stelle hanno interpretato e rappresentato nel paese.
Non è un caso che il “capo politico del Movimento” (Vito Crimi) con piglio autoritario e decisionista minaccia di espulsione diretta chiunque, nei gruppi parlamentari pentastellati, osasse votare contro il MES ritenendo, correttamente, di stare operando in dissonanza con i contenuti politici derivanti dal mandato elettorale ricevuto dai cittadini. Ma da questo punto di vista – quando si tratta di disciplinarsi e normalizzarsi alla filosofia dei poteri forti – non valgono le regole democratiche e tutta la stucchevole retorica sulla democrazia diretta e partecipata con cui Grillo e Casaleggio hanno costruito negli anni la loro seducente narrazione.
E’ evidente che questo strappo dei 5 Stelle rappresenta un fattore di gravità pesante del pur numeroso corso di cedimenti, episodi trasformistici e veri propri tradimenti che nell’ultimo periodo si sono consumati sul piano amministrativo locale. Da Torino a Roma passando per le altre località dove i 5 Stelle avevano fatto il pieno di consensi popolari abbiamo assistito – e spesso anche contribuito ad ostacolare nelle varie mobilitazioni sociali – al venir meno di tutte le promesse di rinascita economica e di rottura dell’intrigato sistema affaristico e speculativo che si intendeva spezzare.
Con l’appoggio al MES – in tutte le sue salse – il Movimento 5 Stelle concretizza un ulteriore step nel suo tragitto di dismissione culturale e politica da quelle istanze di rinnovamento e di nuovo protagonismo che aveva ampiamente suscitato negli anni passati anche a seguito del catastrofico corso politico della Sinistra il quale aveva aperto spazi – oggettivi – di iniziativa e di azione al gruppo di Grillo e Casaleggio particolarmente in direzione di settori giovanili, di ceto medio colpito dall’incidere della crisi ed anche nelle file del mondo del lavoro di tipo tradizionale.
Ancora una volta il mito della governance a tutti i costi (Do you remember le giravolte di Rifondazione ed affini negli anni dei governi dell’Ulivo e di Prodi?) sta sgretolando quei fattori di Rappresentanza Politica fasulli che hanno destrutturato, nel decennio scorso la “sinistra radicale”, e che oggi hanno destabilizzato prima Salvini e il suo progetto di “Lega nazionale” ed ora il Movimento 5 Stelle.
Come sempre a fronte delle variegate contraddizioni capitalistiche e dall’azione immanente dell’Unione Europea (che resta il vero convitato di pietra nel caravanserraglio della politica italiana) tutte le alternative sovraniste/populiste e – sostanzialmente – inconseguenti rispetto alle aspettative che hanno suscitano sono destinate ad implodere ed assumere, progressivamente, connotati politici e programmatici diversi dal loro punto di partenza.
Pesa in questa veloce dinamica il rilevante peso che la piccola borghesia (nelle forme economiche e sociali con cui si configura nel nostro paese) ha assunto nella composizione e direzione di questi movimenti politici e partitici caratterizzandoli fortemente per oscillazione, volubilità e tendenza alla polverizzazione ideologica e culturale.
In questo contesto di velocificazione degli equilibri di potere e che, nel volgere di poco tempo, consuma ipotesi politiche e progetti che ambivano a “grandi trasformazioni” si pone per i Comunisti il tema di fare i conti con questi fenomeni nelle forme che oggettivamente sono in grado di prospettare nell’attuale condizione che la situazione consente.
Ritorna – dunque – il rompicapo teorico e politico di come è possibile esercitare una funzione avanzata oltre il pur indispensabile terreno del conflitto e della lotta in un contesto complicato come quello che stiamo vivendo. In questi anni non sono mancate le sperimentazioni su tale terreno di iniziativa a cui abbiamo offerto il nostro contributo politico e militante; una pratica che intendiamo ulteriormente rafforzare e qualificare.
L’esperienza di Potere al Popolo e il suo percorso di definizione e costruzione politico ed organizzativo nato appena qualche anno fa in controtendenza – quando le 5 Stelle erano nell’azimut del firmamento politico – costituisce un percorso su cui continuare ad investire attraverso la necessaria sedimentazione delle forze, il radicamento nei settori popolari del nostro paese e le indispensabili connessioni con quanti sono disponibili (o spinti dall’oggettività!) ad intraprendere – per davvero – un percorso di rottura politica nel paese e nell’Unione Europea.
Una chance, dunque, per le compagne e i compagni di Potere al Popolo da estendere e socializzare con i tanti che avevano deposto le loro aspettative di cambiamento nei 5 Stelle e che oggi vedono eclissare questa opportunità!
7 dicembre 2020