Alessandro Avvisato
Lunedi scorso in Mali c’è stato un ennesimo colpo di stato. Il presidente di transizione, Bah N’Daw, avrebbe già presentato le sue dimissioni ad Assimi Goita, l’ispiratore del nuovo brusco cambio di leadership.
Pare che il passaggio di consegna sia avvenuta alla presenza della delegazione della Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao). Il colonnello Assimi Goita dovrebbe adesso assumere la presidenza della Transizione e rimuovere la carica di vicepresidente, che ricopriva finora.
Non è irrilevante sottolineare come dentro il contesto di instabilità e conflitto interno in Mali, sia coinvolta anche l’Italia che ha inviato nel paese un contingente militare nel quadro della Operazione “Takuba” voluta e richiesta dalla Francia. Si tratta di 200 soldati, 20 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei arrivati nel paese a cavallo tra marzo e aprile scorsi. Insomma esattamente in tempo per infilarsi in un ginepraio.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito ieri su richiesta di Francia e Niger per discutere della crisi in Mali.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, durante una conferenza stampa tenuta al termine del Consiglio europeo, ha già tuonato contro la nuova giunta al potere e definito “inaccettabile” il colpo di Stato avvenuto in Mali annunciando che l’Unione europea applicherà delle “sanzioni mirate” contro i responsabili. Anche la Francia è presente con le proprie forze militari in Mali dal 2014.
Ufficialmente sul terreno per “combattere il terrorismo jihadista”, le forze militari francesi e italiani si trovano invece coinvolte in un conflitto interno – spesso proprio da questi alimentato – per mantenere ad ogni costo l’influenza coloniale e militare europea nell’Africa subsahariana.
Il problema è che adesso i militari di Francia e Italia dell’Operazione “Takuba”, si troveranno a dover fare i conti sia con un nuovo governo del Mali, indigesto e potenzialmente ostile a Macròn, sia con le milizie jihadiste. Insomma una situazione niente affatto invidiabile sul campo.
Il mediatore della Cedeao, l’ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan, è arrivato martedi sera a Bamako per cercare di mediare nella crisi provocata dal nuovo colpo di Stato, culminato con l’arresto e la deportazione del presidente della Transizione, Bah N’Daw, e del premier ad interim Moctar Ouane. N’Daw e Ouane. Da lunedì sera sono detenuti dai golpisti nella base militare di Kati, la stessa da cui partì il colpo di Stato dell’agosto 2020.
Al suo arrivo a Bamako, secondo quanto riferiscono fonti citate dall’emittente “Rfi”, il mediatore nigeriano Goodluck Jonathan ha incontrato la nuova giunta di governo guidata appunto dal colonnello Assimi Goita, considerato la mente del golpe che nell’agosto 2020 portò alla destituzione del presidente Ibrahim Boubacar Keita. Ma Jonathan ha anche evocato lo spettro delle sanzioni da parte della Cedeao contro la nuova giunta militare.
Intanto l’Unione nazionale dei lavoratori del Mali (Untm), il principale sindacato del Paese, ha sospeso il suo sciopero generale iniziato lunedì dopo il fallimento dei negoziati con il governo. Il sindacato, che riunisce dipendenti del settore pubblico e privato, ha comunque escluso la via del dialogo per mancanza di interlocutore.
Lo sciopero generale è stato uno dei motivi di accelerazione della crisi politica in Mali. In un comunicato letto in diretta televisiva, il leader della giunta golpista Goita ha dichiarato che “a seguito di una crisi durata diversi mesi a livello nazionale, tenendo conto degli scioperi e delle varie manifestazioni di attori sociali e politici, il governo guidato da Ouane si è mostrato incapace di costituire un interlocutore affidabile, idoneo a garantire la fiducia dei partner sociali. Il presidente della Transizione ha accettato le dimissioni del governo e ha rinnovato immediatamente la fiducia al presidente del Consiglio con il mandato di andare alla formazione di un nuovo governo. La conseguenza è stata una generale costernazione segnata dalla persistenza degli scioperi dell’Unione nazionale dei lavoratori del Mali il cui esito è in definitiva uno sciopero a tempo indeterminato. Questo stato di cose costituisce una vera e propria asfissia dell’economia maliana e quindi la garanzia di instabilità con conseguenze incommensurabili”. Ma adesso lo sciopero è stato sospeso.
Il nuovo governo formato lunedì, che conta un totale di 25 membri, include anche due esponenti dell’Unione per la repubblica e la democrazia (Urd), principale forza politica del Movimento 5 giugno (M5), il collettivo che aveva animato le proteste che poi portarono al rovesciamento del presidente Keita.