Rete dei Comunisti
Il 2 e 3 luglio si sono svolti due importanti appuntamenti – uno pubblico l’altro riservato ai soli militanti dell’Organizzazione – della Rete dei Comunisti.
Il primo passaggio è stata la presentazione il venerdì pomeriggio a Roma all’Hotel “The Hive” delle Tesi che sono state elaborate dalla Rete dei Comunisti nel corso di questi mesi, e che sono state rese pubbliche nei giorni scorsi.
Una presentazione che si è svolta con l’invito alla partecipazione – largamente raccolto – di realtà politico-sociali e singoli compagni con cui l’Organizzazione condivide (al netto di tutte le differenze) importanti percorsi di lotta unitaria e caratterizzata dai saluti di Organizzazioni e singoli – in particolare latino-americani e francesi, ma anche afferenti al mondo arabo, in particolare con Palestina a e Marocco – con cui la RDC intreccia un rapporto fruttuoso, e che sono punto di riferimento imprescindibile per l’azione dei comunisti del XXI Secolo, come il PC Cubano e il PSUV del Venezuela.
Le Tesi sono state infatti tradotte in tre lingue (inglese, francese e spagnolo) e hanno dato corpo al Bollettino Internazionale estivo, una pubblicazione bimensile che l’Organizzazione pubblica dalla scorsa estate per consolidare ed ampliare gli scambi con le forze comuniste e far conoscere la propria azione a tutto campo, sul solco dello spirito internazionalista che l’ha sempre animata.
Da Cuba sono stati inviati due video-messaggi, uno di Gerardo Hernandez e l’altro di Ramon Labanino, due dei “5 eroi cubani”, rispettivamente Presidente dei Comitati di Difesa Rivoluzionaria, nonché membro del Comitato Centrale del PCC e del Consiglio di Stato, e l’altro Vice-Presidente dell’Associazione Nazionale degli Economisti Cubani (ANEC).
Insieme ai video-messaggi registrati, oltre a quello dell’Ambasciata Cubana in Italia con la gradita presenza della sua consigliera, è giunto il saluto del Dipartimento delle Relazioni Internazionali del Comitato Centrale del PCC.
Nel saluto del Dipartimento è scritto: «Il nostro Partito ha sviluppato con l’8° Congresso, un momento in cui noi comunisti cubani ratifichiamo la determinazione a rafforzare l’unità della società cubana e la continuità del socialismo, contando sempre sull’eredità dell’eterno comandate in capo Fidel R.Castro, sugli insegnamenti del generale dell’esercito Raùl Castro R. e sulla generazione storica della Rivoluzione, In mezzo alle grandi sfide che l’umanità deve affrontare in conseguenza dell’applicazione dei modelli di sviluppo neo-liberisti, e della complessa situazione del Covid19, Il Partito Comunista di Cuba ratifica la sua determinazione a lottare contro l’imperialismo Yankee. Non possiamo rinunciare ai nostri principi rivoluzionari e alla nostra solidarietà, per la costruzione di una società democratica, indipendente, socialista, prospera e sostenibile e per un mondo migliore possibile».
L’America Latina si conferma, infatti, al centro di un processo di trasformazioni non lineare che lo porta ad essere probabilmente (insieme alla Repubblica Popolare Cinese) il laboratorio più avanzato della sperimentazione di processi di trasformazione in senso compiutamente socialista o semplicemente progressista, e dove forze comuniste agiscono organicamente all’interno di tale dinamica – come nel caso del PC Boliviano e del PC argentino che hanno mandato i propri saluti attraverso alcuni loro dirigenti – confrontandosi con una propria proposta dentro un piano spurio e complesso.
Forze comuniste reali, quindi, che portano un proprio contributo nei contesti in cui operano che rifuggono da vuote formule ideologiche e da sterili settarismi che tanto hanno nuociuto al movimento comunista nel quadro di un continente da tempo anello debole della catena imperialista.
Venendo più vicini a noi, i saluti di due esponenti di spicco de La France Insoumise – Florance Poznansky (Partie de Gauche) e Bènedicte Monville – ci ridanno la dimensione di una sfida a tutto campo in cui la formazione politica sarà chiamata a giocare un ruolo rilevante nelle elezioni presidenziali che si svolgeranno nell’Esagono la prossima tarda primavera, dopo che le elezioni municipali e soprattutto le recenti elezioni regionali sono state caratterizzate da una forte astensione.
Così come i saluti di Endavant, organica alla CUP catalana, che può essere l’ago della bilancia del variegato governo catalano ed essere il vettore di un programma più avanzato in quel contesto.
Il confronto di Venerdì 2 luglio, aperto dalla relazione introduttiva da parte di Mauro Casadio ha avuto un carattere non rituale, restituendo al dibatto quella dimensione di franchezza che fa dello strumento della critica serrata un punto di forza del movimento comunista, insieme alla restituzione del giusto peso ad di un piano di valori, un’etica, che deve contraddistinguere chi si candida ad essere uno dei motori principali dell’emancipazione delle classi popolari.
Un confronto “alto”, non legato quindi ad una contingenza organizzativa relativa ad una scadenza di lotta, o al terreno specifico in cui si è riusciti a trovare un terreno comune, con chi collabora nella pratica concreta con la RdC ed i differenti fronti in cui sviluppa la sua attività.
Un confronto che ha avuto come base di partenza il fatto che la crisi pandemica ha confermato la necessita di una alternativa al capitalismo – ai problemi che ha generato e che non riesce a gestire – ed in cui il ruolo dei comunisti non è quello di mera testimonianza che si crogiola nella contemplazione nostalgica di ciò che è stato.
Giampiero Laurenzano per l’Ex OPG e Franco Russo – che ha co-animato la Piattaforma politica di Eurostop – hanno infatti ribadito oltre i punti di convergenza nei percorsi unitari che li vedono “fianco a fianco” della RdC rispettivamente dentro Potere al Popolo e all’interno di USB – anche le divergenze: il primo rispetto alla valutazione del polo imperialista europeo, il secondo sulla scelta non condivisa della dissoluzione di fatto di Eurostop dentro Potere Al Popolo.
Per la RdC, Potere al Popolo è infatti l’esperienza più avanzata sul fronte della rappresentanza politica, ed è frutto di un percorso ormai decennale che ha avuto come “tappe intermedie” il Comitato No Debito, Rossa ed infine Eurostop come tentativi di sperimentare forme embrionali che cominciassero a dare uno sbocco positivo all’esigenza di creazione di un soggetto che colmasse il vuoto di rappresentanza delle classi subalterne che la crisi del Movimento 5 Stelle e della versione salviniana della Lega ora approfondisce ulteriormente.
Un progetto, quello di Potere al Popolo, quindi non inteso come mera coalizione elettorale contingente, ma ennesima tappa di un lungo percorso che deve sempre più promuovere la convergenza tra le forze vive del conflitto sociale e dell’antagonismo politico come è avvenuto con la mobilitazione del 22 maggio a Roma.
Infatti Marta Collot e Giuliano Granato, attuali portavoce di Potere al Popolo, insieme a Giorgio Cremaschi sono intervenuti, mettendo in luce come la prospettiva comunista sia un motore imprescindibile anche all’interno della Rappresentanza Politica e fattore di avanzamento delle istanze sociali nel loro complesso, antidoto a quel combinato disposto di imbarbarimento e rassegnazione che le classi dirigenti vorrebbero imporre a quelle subalterne.
Ed è stato proprio la comune militanza in Potere al Popolo ad essere un volano dei rapporti per esempio con il Collettivo Coniare Rivolta, intervenuto nella presentazione, e di cui contributi sono puntualmente pubblicati su questo giornale.
Particolarmente arricchenti sono stati gli interventi di Francesco Piccioni sul carattere strutturale della contraddizione Capitale/Natura e la necessità imprescindibile di un programma e di una prassi adeguata alla sfida dei tempi in questo campo come soggetto agente, e il contributo di Guido Lutrario, della Federazione del Sociale della USB, su come i comunisti hanno affrontato nel concreto il tema dell’indipendenza sindacale all’interno del processo di organizzazione delle classi subalterne, anche in direzione ostinata e contraria rispetto all’opportunismo della vulgata dominante.
La scelta di una parte piuttosto rilevante del variegato mondo comunista di coltivare l’illusione di una presenza proficua all’interno della CGIL e di una sinistra sindacale al suo interno che ne influenzasse le decisioni di fondo si è rilevata infatti nel tempo un binario morto.
Quest’opzione un tempo maggioritaria ha di fatto portato a svilupparsi l’ipotesi di un sindacalismo di classe e confederale contro l’orientamento della maggioranza del ceto politico residuale della sinistra, ora più che mai tramortita dall’ennesimo salto di qualità nella complicità della dirigenza di Landini con le direttrici governative e che ha subordinato le proprie istanze ai desiderata delle oligarchie europee e della Confindustria in uno scellerato patto neo-corporativo.
L’intervento conclusivo di Massimiliano Gazzola del Collettivo Spread.it nel dare un quadro dell’evoluzione delle forze politiche istituzionali e della loro crisi ha messo in evidenza l’imprescindibile tema della sovranità popolare, cifra per analizzare anche il successo dell’esperienze latino-americane.
I passaggi del 2 e 3 luglio fanno emergere i frutti di un lavoro politico di lungo corso, di un percorso di coerenza – e per certi versi di “cocciutaggine” della RdC – nel non abbassare mai il livello d’analisi, nell’articolazione sui tre fronti (strategico, politico e sindacale) la propria azione complessiva concependo lo sviluppo organizzativo di una soggettività comunista all’interno del quadro in cui si è fino ad ora poteva svilupparsi come organizzazione di quadri con funzione di massa, e non come partito di massa.
Un’organizzazione che al di là degli stereotipi che gli vengono attribuiti ha una forte carica di democrazia interna all’interno del proprio processo di discussione che le ha permesso di sedimentare un patrimonio condiviso e porre alcune questioni che dovranno andare ad una sintesi più avanzata oltre a questa importante sincronizzazione.
Queste, insieme ad una militanza intesa come stile di vita, sono le ragioni che le hanno permesso di crescere sia qualitativamente che quantitativamente, come è emerso chiaramente durante l’Assemblea Nazionale svoltasi il 3 luglio al CSA Intifada, e fatto non secondario sia tra i ranghi maschili che femminili.
Un momento di discussione interna, quello dell’Assemblea, caratterizzato dalla partecipazione attiva dei ranghi più giovani dell’organizzazione provenienti da OSA e da Cambiare Rotta e dei compagni e delle compagne, provenienti da differenti realtà politiche, che hanno trovato col tempo nella Rete un preciso punto di riferimento ed un involucro politico adeguato per continuare la certo non facile sfida esemplificata dal titolo dei due giorni di iniziativa.
La presentazione pubblica delle Tesi e l’Assemblea Nazionale sono due passaggi che sanciscono l’affermarsi di una soggettività comunista organizzata, che se non è sufficiente a sé, può e deve svolgere un ruolo in questa fase politica come motore principale per l’accumulo di forze per un progetto di emancipazione politica con un orizzonte di rottura radicale con lo stato delle cose presenti.
La Rete ha senz’altro passato, anche facendosi largo a spintoni, quel test richiamato da uno dei maggiori teorici marxisti: occorre esaminare se e fino a qual punto una dedizione è in grado di indurre l’individuo ad innalzarsi sopra la propria particolarità, oltre che a dar luogo ad una passione durevole.
Un’ottima base di partenza anche per le contingenze politiche che devono trovare una traduzione pratica all’altezza dei tempi.