Col passare dei giorni è sempre più chiaro che è in atto una campagna pianificata nel tempo contro Cuba tesa a colpire la massima espressione di emancipazione raggiunta da un popolo dopo la fine dell’Unione Sovietica. Un piano che vorrebbe disarticolare, iniziando dall’isola caraibica, quel processo di emancipazione che ha ripreso forma in America Latina dalla fine degli Anni Novanta in Venezuela, dopo la tragica parentesi del dittature sud-americane e le loro trasformazioni in “variazioni sul tema” di democrature saldamente ancorate agli interessi statunitensi. L’America Latina infatti è tornata ad essere nuovamente l’anello debole della catena imperialista che si sta sganciando, in un processo tortuoso, dalle grinfie di chi l’ha sempre considerata il suo giardino di casa, come gli USA, o, come l’Unione Europea, un insieme di ex colonie da ricolonizzare. Come ogni processo storico non è lineare, è fatto di avanzamenti e di arretramenti, di vittore e di sconfitte, di rotture e parziali continuità con ciò che l’ha preceduto.
Come Rete dei Comunisti ne seguiamo da vicino gli sviluppi e le tappe che si sono concretizzate con il consolidamento dei processi di transizione come a Cuba, in Venezuela ed in Nicaragua, con importanti vittorie elettorali solitamente coeve a mobilitazioni sociali significative come in Perù, Cile, Bolivia ed Argentina, ed in oceanici movimenti sociali che hanno incontrato una feroce repressione come per esempio in Colombia. Non stupisce che l’onda lunga progressista scompagini i piani di Washington uscita con le ossa rotte dalla pandemia – che ha fatto più morti tra i cittadini statunitensi di quelli causati da i due maggiori conflitti combattuti dagli USA (Seconda Guerra Mondiale e Vietnam), con alle spalle una difficile transizione politica che l’ha portata più volte alla soglia di una guerra civile strisciante e soprattutto ancora incapace di gestire le contraddizioni sociali basate sul suo modello di sviluppo. Per ridare corpo alla propria egemonia incrinata ed in declino Joe Biden ha continuato una “guerra fredda di nuovo tipo” che ha tra i suoi principali bersagli la Cina, la Russia e le esperienze progressiste in America Latina. In questo nuovo conflitto, in cui cerca di cooptare l’Unione Europea e ridare un ruolo di spicco alla NATO, gli USA intendono usare qualsiasi arma del proprio arsenale: dalla guerra economica a quella guerreggiata, da quella informativa al loro tradizionale appoggio ad una versione aggiornata di “rivoluzioni colorate” che rimettono moto la strategia del caos creativo con cui hanno destabilizzato – o tentato di farlo – vari Paesi.
Dentro questo orizzonte di scontro geo-politico all’interno di una crisi epocale del capitalismo va letta l’offensiva a guida statunitense contro un sistema, come quello cubano, che ha dimostrato una capacità di tenuta e di rilancio, nonostante la pandemia e le difficolta imposte dallo strangolamento economico acuito dalla politica di “massima pressione” condotta da Trump e fatta propria da Biden. Tutto questo con l’appoggio della “Mafia di Miami” , sempre pronta a chiedere un intervento armato contro Cuba da parte degli USA, dopo avere diretto per anni una campagna terroristica contro il popolo caraibico che ha mietuto vittime anche tra le fila dei nostri connazionali.
La novità, se la si vuole cogliere, sta in una strategia comunicativa più fine che ha dismesso i toni rozzi di The Orange Man ed abbracciato tematiche liberal per criticare Cuba ed usa sfumature “radicali” su temi cari alla sinistra: la supposta mancanza di libertà d’espressione, il razzismo, le tematiche di genere e la questione dell’immigrazione. Una pletora di burattini del mondo dello spettacolo e della cultura, ben pagati o mal consigliati, si sono allineati ai desiderata degli Stati Uniti, diventando sponsor a vario titolo di una campagna tesa a screditare Cuba agli occhi del mondo dopo l’aiuto che il Paese Caraibico ha fornito, e sta fornendo, per ciò che riguarda il personale medico-infermieristico nella lotta contro il Covid-19 ed i suoi avanzamenti scientifici nella produzione di vaccini svincolati dalle logiche di profitto di Big Pharma. Particolari che danno la cifra di un modello sociale che mette in primo piano la salute dei propri cittadini rispetto al profitto e la solidarietà internazionale rispetto alla competizione tra popoli.
In Italia, tabloid ritenuti testate giornaliste attendibili, squallidi personaggi politici in cerca di una nuova notorietà ed intellettuali organici all’establishment partecipano consapevolmente alla “guerra sporca informativa” fatta di fake news e di stravolgimento della realtà. Attaccando Cuba, difendono le classi dirigenti nostrane ed i loro interessi, nonché il modello sociale di cui sono espressione, corresponsabili di un fallimento epocale di un sistema che non è riuscito a garantire il diritto umano per eccellenza, cioè quello di poter sopravvivere, con una gestione criminale della pandemia e dei suoi effetti sociali.
Per questo lottare al fianco di Cuba socialista vuol dire soprattutto combattere affinché si dia una possibilità di trasformazione che faccia perno sulle migliori conquiste assicurate dal suo processo di transizione anche per il nostro paese: la salute, l’istruzione, una scienza che non sia schiava del profitto ed un rinnovato umanesimo nelle relazioni tra persone e popoli. Lottare insieme alla Cuba socialista è dovere morale per chi, a differenza di USA e UE, non si è girato dall’altra parte nel momento peggiore del primo picco pandemico.
VENCEREMOS!
Rete dei Comunisti – Cambiare Rotta, 14/7/2021