Lo scenario politico ed economico nel quale si colloca lo sciopero generale dell’11.10, indetto dalle maggiori sigle del sindacalismo di classe, lo qualifica come un passaggio potenzialmente centrale per la ricomposizione di un fronte di lotta indispensabile per reggere l’impatto dei provvedimenti lacrime e sangue imposti dall’Unione Europea dopo la fase più acuta della pandemia.
Siamo ancora ben lontani dall’aver messo sotto controllo il corona virus e le sue variabili, ma i poteri finanziari ed industriali europei non perdono tempo nel rilanciare, con ancora più determinazione e forza, l’attacco alle condizioni di vita, salute e lavoro della maggioranza del popolo italiano.
Il cosiddetto Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza (PNRR) non è altro che l’applicazione locale di queste politiche, attraverso l’uomo di Bruxelles piazzato a Palazzo Chigi, Mario Draghi. Come se niente fosse accaduto, le risorse per la sanità e tutto il sistema socio assistenziale non sono contemplate tra i provvedimenti del PNRR, così come il rilancio di un welfare che inverta la tendenza alla progressiva pauperizzazione di milioni di lavoratori dipendenti. I rappresentanti politici della Confindustria si cimentano anzi nell’attacco ai pochi provvedimenti di tutela minima come il reddito di cittadinanza.
Si sbloccano licenziamenti e sfratti, condividendo in pieno le indicazioni del padronato, si rimette al centro dell’agenda politica il tema del nucleare come panacea per risolvere i problemi di approvvigionamento energetico, facendo pagare la transizione ecologica ai settori popolari con i continui aumenti di luce e gas, si impone un futuro di miseria e precarietà alle nuove generazioni, si lavora alla ristrutturazione della macchina statale ed amministrativa in funzione dei processi di adeguamento legislativo e produttivo voluti dall’Unione Europea per sostenere le multinazionali continentali nella sempre più feroce competizione mondiale.
Un programma di “lotta di classe dall’alto” del governo Draghi che cambierà progressivamente i connotati della nostra condizione sociale al quale bisognerà rispondere con la lotta, per tentare di cambiare i rapporti di forza a favore dei lavoratori e delle classi popolari. Una lotta che deve sostenere un progetto, una idea forza che indichi una alternativa al capitalismo, da anni impantanato in una crisi di carattere sistemico senza precedenti nella sua storia.
La crisi dei subprime del 2008 ed ancor più quella pandemica, hanno evidenziato la totale incapacità da parte del capitalismo e delle sue rappresentanze politiche, istituzionali e concertative (cgil cisl uil) di rispondere ai bisogni fondamentali delle classi sociali subalterne. Una crisi di rappresentanza e di egemonia che si percepisce ad ogni piè sospinto, in ogni contesto politico, lavorativo, sociale e culturale.
Siamo di fronte a grandi cambiamenti, interni ed internazionali, nei quali il movimento di classe può svolgere un ruolo reale solo ponendosi concretamente il problema dell’alternativa sociale, di un conflitto a sostegno di quello che noi chiamiamo il Socialismo del XXI secolo.
Lo sciopero dell’11 ottobre è una prima risposta concreta, di massa ed organizzata, dopo la lunghissima pausa imposta da una gestione criminale della pandemia. Una occasione da non perdere, in cui la Rete dei Comunisti si riconosce e sostiene convintamente.
RETE DEI COMUNISTI