Cambio di regime e processo di transizione nel mondo multipolare (aprile 2019 – gennaio 2022)
Rete dei Comunisti
Introduzione
Il colpo di Stato di lunedì 25 ottobre in Sudan è stata la più pesante battuta d’arresto del difficile processo di transizione politica dopo la caduta del regime islamico di Al-Bashir che aveva guidato il paese per trent’anni dal 1989 all’aprile del 2019.
Già il periodo successivo alla caduta Bashir era stato da subito pieno di incognite, come aveva dimostrato il massacro del 3 giugno del 2019.
La crisi politica è stata accelerata dalle dimissioni di Abdallah Hamdok all’inizio di quest’anno, il quale era stato rinominato dalla giunta come Primo Ministro in novembre – sotto forti pressioni internazionali – dopo la sua defenestrazione di fine ottobre.
Da allora le manifestazioni contro il Putsch da parte di coloro che di fatto detenevano già il potere non si sono mai fermate, nonostante la violenza di parte statale e le vittime di piazza, più di una settanta all’oggi.
Recentemente il movimento che si oppone al golpe, e che chiede la rimozione dei generali, ha rifiutato la mediazione offerta dall’inviato dell’ONU di intavolare un processo di dialogo che includa i militari, mentre una parte che era entrata nel processo di transizione consentirebbe a riprendere il dialogo.
Le mobilitazioni per defenestrare Bashir erano iniziate il 19 dicembre del 2018 ed avevano avuto come punto culminante il 6 aprile dell’anno successivo, l’inizio del sit-in di fronte al quartier generale dell’esercito.
Il movimento di opposizione aveva avuto, ed ha, tra le sue punte di lancia la Sudan Professional Associations – una coalizione che raggruppa differenti organizzazioni professionali – ed i Comitati di Resistenza territoriali.
I militari che hanno preso il potere erano parte integrante del blocco di potere durante la dittatura, e la porzione più potente che guidava la transizione.
Una parte importante della Comunità Internazionale e gli attori rilevanti a livello regionale come l’Unione Africana e Lega Araba hanno condannato il golpe, con gli Stati Uniti e la filiera di interessi a loro riconducibili che hanno preso una posizione ferma e congelato gli aiuti sborsati per il paese: 700 milioni di dollari per ciò che concerne gli USA e 2 miliardi di dollari da parte della Banca Mondiale.
Una misura presa come prova di forza anche in ragione del fatto che i militari erano stati “sordi” alle pressioni statunitensi, espressesi a ridosso del golpe.
L’Unione Africana ha sospeso la partecipazione del Sudan, mentre l’Unione Europea ha condannato la presa di potere dei militari.
L’ipotesi del golpe era da tempo nella gamma delle possibilità degli sbocchi all’impasse politica dovuto a contraddizioni strutturale del Paese, allo scontro tra i maggiori attori della transizione ed ai cambiamenti negli equilibri politici dell’area, con i maggiori sponsor dei militari al potere – come l’Egitto – che hanno probabilmente dato il nulla osta a tale azione.
Vi è una competizione sempre più acuita tra i maggiori player in quello che gli Stati Uniti volevano – e vogliono – fare uno dei perni di contrasto all’influenza militare russa e a quella economica cinese, legando il Paese tra l’altro al suo maggiore alleato “Medio-Orientale”, cioè Israele.
È chiaro che i militari appaiono per gli Stati Uniti difficilmente gestibili e non possono incarnare quel ruolo di loro pedine nello scacchiere regionale, tenendo tra l’altro conto della maggiore autonomia che hanno assunto i maggiori attori politici regionali e la loro spregiudicatezza nello stabilire relazioni internazionali, segno che la catena della gerarchia imperialista a guida USA si è notevolmente incrinata, così come il modello di sviluppo da loro proposto.
Una tendenza che la sconfitta in Afghanistan ha certamente ulteriormente sviluppato.
Per l’Unione Europea già a metà del decennio scorso, quindi sotto Al-Bashir, il Sudan era una pedina importante per il controllo dei flussi migratori affidati alle RSF che da milizie contro-insurrezionali utilizzate in Darfur sono diventate la gendarmeria per conto di “Bruxelles” della spinta migratoria ,e poi gli ufficiali ed i reclutatori dei mercenari (14 mila) che svolgevano il ruolo di fanteria nella coalizione a guida saudita che ha invaso lo Yemen. Una delle peggiori catastrofi umanitarie, ma anche un lucroso affare per l’industria militare dei paesi europei che hanno venduto armi alle peltro-monarchie del Golfo.
USA, UE in primis comunque preferisco fare sfoggio di Real Politik sapendo che i militari sono il “mare minore” rispetto all’avanzamento di un processo politico che si liberi della loro influenza nel Paese.
Dall’altra parte il Sudan è un Paese dalla mai sopita tradizione rivoluzionaria dalla lotta per la Liberazione Nazionale, dove i livelli di organizzazione popolare hanno sventato successivamente al raggiungimento dell’Indipendenza – con vere e proprie insurrezioni – i tentativi di svolte autoritarie che ne hanno caratterizzato la storia. È un Paese con un Partito Comunista dotato di radicate organizzazioni di massa che non ha voluto prendere parte alla gestione di un processo politico di transizione minato sin dalle sue origini da insanabili contraddizioni, ma che riversa ora nelle mobilitazioni tutto il suo potenziale.
“Nessuna negoziazione, nessun compromesso, nessuna condivisione di poteri” rimane lo slogan delle strade sudanesi in rivolta.
Una situazione complessa quindi, dov’è bandito qualsiasi approccio semplicistico nella sua lettura, ma che necessita di un ulteriore approfondimento insieme a chi si sta mobilitando qui e là contro il Golpe, affinché le aspirazioni della Rivoluzione di Dicembre non vengano annichilite.
Per questo, abbiamo raccolto una buona parte dei contributi usciti su Contropiano.org sul Sudan dall’inizio del 2019 ad oggi, componendo un “dossier” che possa essere un utile strumento di comprensione.
Buona lettura
SOMMARIO
- Sudan: i popoli in rivolta scrivono la Storia (12 Aprile 2019)
- La Rivoluzione Sudanese e il suo contesto strategico (25 Aprile 2019)
- Sudan, il treno della rivoluzione (5 Maggio 2019)
- Sudan: verso lo sciopero generale e la disobbedienza civile di massa (2 Maggio 2019)
- Sudan: dallo sciopero generale politico alla disobbedienza civile di massa (31 Maggio 2019)
- Sudan: colpo di stato ed “escalation della rivoluzione” (4 Giugno 2019)
- Sudan: tra rivoluzione e contro-rivoluzione nel mondo multipolare (14 Giugno 2019)
- La terza fase della Rivoluzione Sudanese (28 Giugno 2019)
- Sudan. Le incognite dietro l’accordo per la transizione (8 Luglio 2019)
- Sudan: inizia il processo di transizione (24 Agosto 2019)
- Il colpo di Stato in Sudan e il mutamento degli equilibri in Africa (25 Ottobre 2021)