Giacomo Marchetti – Rete Dei Comunisti
Domenica 6 marzo a Bologna si terrà il primo incontro pubblico per costruire una campagna nazionale di solidarietà con l’America Latina.
É un appuntamento che abbiamo organizzato con convinzione e che abbiamo voluto mantenere, e che sarà trasmesso integralmente in diretta dal canale YouTube di Contropiano.
Quando l’incontro era stato pensato e costruito quando i “venti di guerra” nell’Est europeo non soffiavano così impetuosi.
Sappiamo che in molte città lo stesso giorno ci saranno iniziative contro la guerra a cui ci sentiamo di dare la priorità consci che l’escalation bellica sta assumendo una spirale non meno pericolosa che va fermata il prima possibile e a tutti i costi.
Nonostante questo pensiamo sia importante incentivare il più possibile la partecipazione fisica e l’interazione anche “da remoto”.
Sappiamo bene, inoltre, che gli sviluppi della situazione bellica legati all’Ucraina ed il ruolo che assumeranno i vari soggetti coinvolti nel conflitto avrà un effetto diretto sulle politiche che si svilupperanno nel continente, in particolare per l’azione che i vari attori geo-politici tenteranno di intraprendere in loco.
Tagliando con l’accetta: se gli USA, che hanno soffiato sul fuoco del conflitto, lasceranno che l’Unione Europa si impantani in quello che sognano essere un nuovo Afghanistan per Mosca, o meglio una sorta di “Vietnam russo” in Ucraina, avranno mano libera nel concentrasi per cercare di riacquisire l’egemonia sul continente.
Una lettura decisamente interessante degli eventi ucraini che ci viene dall’America Latina, come quella proposta marxista argentino Attilio Borón (Il conflitto Russia-Ucraina visto dall’America Latina) , mostra come ci sia molta più chiarezza d’analisi tra gli intellettuali organici di Nuestra América che nella sinistra, anche radicale, occidentale.
Detto questo le ragioni dell’incontro non vengono a mancare, anzi si riaffermano con forza per tre almeno motivi principali.
Il primo è che il continente si sta sganciando progressivamente dall’egemonia statunitense e dalle grinfie neo-coloniali della UE imboccando una direzione decisamente progressista attraverso una serie di multiformi processi su cui è bene fare un punto anche grazie e soprattutto ai tanti e tante compagni e compagne latino-americane che interverranno all’incontro e che hanno sostenuto questa iniziativa. Un quadro necessario vista la scarsissima visibilità che viene data a queste esperienze, spesso stravolte nella rappresentazione che ne viene data qui in Occidente, o letti attraverso le lenti dell’ “euro-centrismo”.
Il secondo è che ci troviamo di fronte ad appuntamenti elettorali, come quello colombiano e brasiliano, il cui significato politico va be nal di là dei confini del paese in cui si terranno, ed oltre i perimetri del continente.
La Colombia è una partner della NATO dal 2017 – il primo paese dell’America Latina ad aderire all’Alleanza Atlantica – e lo scorso dicembre insieme hanno lanciato un programma che ne rinnova la partnership. Si tratta di una “nuova cornice di cooperazione” in più ambiti che fa del paese latino-americano una pedina importante di quello che si è confermato essere uno degli strumenti principali dell’imperialismo occidentale.
Un dato importante, a tratti inquietante, se si considera che contemporaneamente il terrorismo di Stato colombiano – e la violenza para-militare strettamente connessa agli apparati di sicurezza – è stata l’arma principale per annichilire storicamente ogni spinta al cambiamento all’interno e per destabilizzare l’intera area: si pensi al Venezuela o ad Haiti (Colombia: tra terrorismo di stato e possibilità di cambiamento) .
Siamo alla viglia delle politiche a metà marzo, mentre le elezioni presidenziali si terranno a maggio, e il Paese potrebbe conoscere un cambio radicale da circa settanta anni a questa parte se vincesse la coalizione del Pacto Histórico.
Potrebbe andare in soffitta il “sistema uribista” già profondamente delegittimato a livello popolare con il Paro National della scorsa primavera.
Il Brasile che andrà alle urne ad ottobre potrebbe voltare pagina, e lasciarsi alle spalle la terribile esperienza della presidenza Bolsonaro ed il blocco di potere che l’ha sostenuto composto dai maggiori media, la casta militare, l’agro-business e le chiese evangeliche. Una trama di interessi che stenta a trovare una “candidatura unitaria”. (Pandemia, crisi economica e Bolsonaro: intervista a João Pedro Stedile) Da qualsiasi angolatura la si osservi l’esperienza di questi anni si è dimostrata una vera e propria catastrofe che ha fatto arretrare il Paese in maniera macroscopica da tutti i punti di vista, azzerando quelle che erano state le conquiste ottenute grazie ai precedenti governi progressisti, al netto di tutti i vistosi limiti che hanno dimostrato.
In entrambi i casi il tintinnar di sciabole delle gerarchie militari, sostenute dai loro referenti anglo-americani, potrebbe trasformarsi in ogni momento in un manifesto tentativo – anche preventivo – di destabilizzazione di un diverso corso politico, soprattutto se venisse messa in discussione la propria estesa e radicata rendita di posizione (L’ombra dell’esercito sulle elezioni brasiliane) .
Anche per questo la vigilanza dei comunisti, dei progressisti e dei sinceri democratici nel nostro paese dev’essere altissima, così come il sostegno alla reale possibilità di cambiamento.
Il terzo è l’avvicinarsi del Terzo Incontro dell’Alba (L’America Latina al centro del mondo che cambia) che si terrà a fine aprile a Buenos Aires, dopo quattro anni che hanno visto profondi cambiamenti dovuti alla pandemia ed alle esperienze progressiste che hanno trionfato in questi anni.
Un appuntamento importante in cui la questione della transizione sarà al centro delle discussioni in un momento in cui sta prendendo forma nel continente quel mondo multipolare di segno progressista da tempo preconizzato ed in cui, come ha sottolineato Alvaro García Linera in un suo importante intervento (Alvaro Garcìa Linera: “Viviamo un tempo di sconvolgimento dell’ordine mondiale”) , va ripensata una strategia complessiva per le forze del cambiamento, che vada oltre i successi elettorali e miri al consolidamento dei processi di trasformazione.
Pensiamo che questo primissimo incontro saprà trovare l’equilibrio necessario tra una doverosa analisi della situazione concreta e la prefigurazione di una agenda politica di sostegno attivo per i mesi a venire il più possibile adeguata alle sfide che il continente sta lanciando.