Intervento introduttivo all’Assemblea “Un appello per l’America Latina: la solidarietà è un arma”
Mila Pernice (RdC)
L’evolversi della crisi Ucraina sarà determinante per le future ingerenze in America Latina da parte dell’imperialismo USA in crisi di egemonia e dell’aspirante super-stato imperialista dell’UE. Verso le elezioni in Colombia e in Brasile, costruiamo una mobilitazione nazionale al fianco dei governi socialisti e dei processi progressisti in corso in Nuestra América
Un benvenuto a tutti a questo incontro nazionale coorganizzato dalla Rete dei Comunisti insieme alle realtà, alle organizzazioni e agli attivisti sia latinoamericani che italiani che stanno dando vita alla campagna politica nazionale in solidarietà con l’America Latina, una campagna nata attorno all’adesione ad un primo appello lanciato a dicembre e a un secondo appello diffuso invece a febbraio, il cui scopo è quello di creare le condizioni per mettere in campo l’iniziativa politica a livello nazionale al fianco di tutti quei processi in corso in America Latina, che pur nelle loro diverse specificità vanno nella direzione dello sganciamento dall’imperialismo USA e dalle mire neo-colonialiste dell’UE.
L’iniziativa di oggi cade in un momento in cui l’attenzione è comprensibilmente concentrata sull’Europa dell’Est, questo pomeriggio ci sarà una manifestazione alla base Nato di Ghedi indetta dal Comitato contro la guerra di Brescia, dove verrà ribadito, fra le parole d’ordine, il nostro no alla Nato in questa situazione di escalation provocata dai tentativi di espansionismo atlantista a Est e, come ha scritto Attilio Boron qualche giorno fa, dall'”inettitudine di una leadership europea miope, corrotta, ignorante e sottomessa fino all’ignominia di fronte all’egemonismo statunitense”. Un egemonismo comunque in crisi che ha voluto innescare una fibrillazione militare dal cui evolversi dipenderanno probabilmente anche le future ingerenze nei paesi dell’America Latina, soprattutto nel voto in Colombia che è l’unico paese Nato all’interno del cd sub-continente.
E andiamo quindi al nostro ragionamento che ha portato all’apertura di questa campagna in questo contesto di forte mutamento degli equilibri internazionali nella direzione di un assetto multipolare generato anche dentro alla crisi dell’egemonia occidentale dal punto di vista economico, politico, finanziario, ideologico – come abbiamo ripetuto di fronte all’accelerazione degli Usa e della Nato rispetto all’escalation cercata e provocata in Ucraina – e una crisi anche militare per gli USA, come hanno mostrato la sconfitta e la rovinosa fuga dall’Afghanistan. Una perdita di egemonia che costringe l’apparato politico militare industriale di quello che dopo la fine dell’Unione Sovietica è stato il polo imperialista trainante, quello degli Usa, a correre ai ripari. L’economia statunitense è ancora in recessione e, come ci ha spiegato qualche giorno fa Luciano Vasapollo dalle pagine di Contropiano, “se questa tendenza continuerà nei prossimi anni, significherà che, statisticamente, non sarà più il motore dell’accumulazione globale. In altre parole, l’indebolimento dell’economia statunitense nel contesto mondiale segue un lento slittamento verso la stagnazione generalizzata”.
In questo senso l’America Latina rappresenta, non solo attualmente ma storicamente, il luogo privilegiato in cui tentare di ristabilire una posizione di controllo dell’economia subordinandola agli interessi del capitale, in cui ristabilire una posizione di ingerenza nelle politiche interne con l’appoggio delle destre e delle borghesie nazionali, anche per riaffermare, con il meccanismo delle sanzioni e dei blocchi economici, la capacità di ricorrere ad ogni possibile forma di pressione utile alla normalizzazione del continente e quindi agli interessi di Washington e alle politiche del FMI.
Paradigmatico in questo senso è l’esempio cubano, dove dopo 60 anni di bloqueo gli USA hanno sentito il bisogno anche recentemente, a partire da luglio scorso e poi di nuovo a novembre, di avviare questo “golpe suave” – fallito – che di morbido ha ben poco pensando che è parte di quella che il presidente cubano Diaz Canel ha definito la “guerra totale di Washington contro Cuba e la Rivoluzione”, una guerra che si poggia anche sull’arma mediatica oltre che sullo stanziamento di 20 milioni di dollari all’anno per finanziare oltre 54 organizzazioni e network di fascisti cubani (Miami e Spagna) che promuovano cd “programmi per la democrazia a Cuba”, ovvero per il cambio di regime.
Il sistema delle sanzioni a fianco all’imposizione di blocchi economici ed embarghi è quello che permette agli Stati Uniti come all’UE di tenere costantemente sotto pressione i governi socialisti: pensiamo ai continui tentativi di destabilizzazione nella repubblica bolivariana del Venezuela, pensiamo al golpe in Bolivia e alle costanti ingerenze, anche dopo il voto di due anni fa che ha riportato il MAS al governo e permesso il ritorno di Evo Morales, pensiamo alle sanzioni dagli USA e all’ingerenza dell’alto rappresentante della diplomazia europea Josep Borrel che ha messo in discussione la legittimità del voto di novembre in Nicaragua che ha riconfermato Ortega per il suo quinto mandato.
Ma non sono solo i governi socialisti nel mirino dei cecchini di Washington, perché in questo momento di forte crisi l’imperialismo USA con la complicità delle diverse borghese nazionali agisce per frenare, contrastare e reprimere qualunque tentativo di costruzione di un’alternativa progressista.
In America Latina c’è uno scontro di classe che sembra manifestarsi a più livelli: nei paesi dove le borghesie e le destre nazionali sono al potere, ci sono grandi organizzazioni popolari che riuniscono movimenti di massa, partiti della sinistra, sindacati, movimenti indigeni, coalizioni sociali, che scendono in piazza incontrando anche la repressione più violenta e vogliono percorrere il terreno dell’alternativa politica anche sul piano elettorale (pur con enormi difficoltà e contraddizioni anche interne che i ns relatori oggi ci aiuteranno a comprendere) per il cambiamento in Peru’, in Ecuador con la Revolucion Ciudadana, ci sono esperienze che hanno già invertito il corso della storia, pensiamo all’Honduras della vittoria di Yamara Castro dopo decenni di oligarchia filo-statunitense al governo, pensiamo al Cile che ha scalzato la destra con la vittoria di Boric e che si sta ancora confrontando con l’importante processo costituente iniziato il 25 ottobre 2020.
In questi prossimi giorni e mesi ci saranno due importanti processi elettorali, in Colombia e in Brasile, dove le forze progressiste hanno la possibilità di fermare i governi neoliberisti e filo-statunitensi:
– in Colombia dal 13 marzo ci sarà il voto per le politiche, per eleggere 108 senatori e 188 membri della Camera, seguite dalle presidenziali del 28 maggio con eventuale ballottaggio il 19 giugno. Contestualmente alle politiche il 13 marzo si voterà anche per le primarie del Pacto Histórico, coalizione progressista che raggruppa una dozzina di formazioni politiche. Fra i possibili candidati alle presidenziali ci sono Gustavo Petro di Colombia Humana, favorito, e la leader ambientalista afro-colombiana Francia Marquez di Soy Porque Somos. Quello colombiano è un passaggio elettorale importante che potrebbe segnare l’avvio di un cambio radicale a danno delle destre e delle oligarchie nazionali e loro complici in un contesto che ha visto nel 2021 le forti mobilitazioni del Paro Nacional, con la repressione sanguinosa per mano dei militari e dei paramilitari, in un paese dove l’intreccio fra narco-paramilitarismo, corruzione e potentati economici ha caratterizzato la politica di Alvaro Uribe e il clima politico e sociale degli ultimi decenni, come testimoniato dalla webserie Matarife, che ha ispirato anche le mobilitazioni della primavera scorsa. Sulle elezioni in Colombia vogliamo inaugurare a partire dalle prossime settimane un ciclo di incontri di sensibilizzazione con la proiezione di questo documentario – di cui vedremo il primo episodio qui oggi – bandito dall’attuale governo di Duque;
– così come pensiamo sia importante seguire e sostenere il passaggio elettorale dell’autunno in Brasile, dopo anni di politiche economiche di smantellamento dello Stato, compresi i tagli radicali alle risorse per le politiche sociali, la privatizzazione delle imprese pubbliche, una gestione della pandemia che hanno portato al crollo dei consensi per Bolsonaro e invece a pronostici di vittoria anche al primo turno per Lula.
Da questi ragionamenti condivisi fra tutte le forze che hanno aderito alla campagna nelle riunioni e nelle iniziative promosse in tutta Italia è nata l’urgenza di porre le basi per portare al centro dell’azione politica antimperialista a livello nazionale la piena solidarietà ai governi socialisti e ai processi progressisti in corso all’interno del continente latino americano contro l’ingerenza degli USA e dell’UE.
Fra l’altro a fine aprile si terrà il Terzo incontro continentale dell’ALBA (piattaforma che comprende 400 organizzazioni di 25 Paesi in lotta per l’unione e l’integrazione della Nuestra América) a Buenos Aires in cui ci potrà essere un confronto plenario sulle strategie da intraprendere per i processi di transizione dopo l’affermazione politico-elettorale delle diverse esperienze progressiste.
Come coordinamento nato attorno alla campagna vogliamo lanciare l’idea di un appuntamento nazionale, in autunno, un No Columbus Day che cadrebbe dopo il primo turno delle presidenziali in Brasile, in quella data in cui, come scrive Eduardo Galeano, “l’America scoprì il capitalismo” con tutto quello che ne è conseguito.
Crediamo che ci siano i presupposti per una forte campagna politica di sostegno ai processi in corso in America Latina, crediamo sia il momento di costruire una mobilitazione nazionale su questi temi perché quei processi indicano una direzione che sentiamo la necessità di affiancare e sostenere, perché l’unica direzione possibile è quella che va verso l’abbattimento del sistema capitalistico e delle sue politiche imperialiste. Perché no, nel solco della costruzione del socialismo del XXI secolo.