“Noi non ci sentiamo sconfitti dalla storia”
CENTOCELLAROS.
I cento fiori e la Rosa di Gerico.
Una Storia di Rivoluzione necessaria e possibile.
di Luigi ROSATI e Luciano VASAPOLLO
Esce in questi giorni per l’editore Efesto il libro “Centocellaros” di Luigi Rosati, esperto dei temi dello sviluppo del Sud del mondo, e Luciano Vasapollo, economista della Sapienza, esponente della Rete dei Comunisti e del Capitolo italiano della Rete Internazionale degli artisti e intellettuali in difesa dell’umanità, nonché vicepresidente dell’Associazione Padre Virginio Rotondi per un giornalismo di pace. Il libro ricostruisce gli anni ’70 e ’80 dei giovani comunisti della famosa periferia romana.
Autore: Luciano Vasapollo, Luigi Rosati
Formato: 24 x 17.5
Pagine: 294
Prima edizione: 28 marzo 2022
Editore: Edizioni Efesto
ISBN-10: 8833813320
ISBN-13: 978-8833813325
Dall’introduzione del libro
Noi abbiamo un senso della democrazia, che viene intesa come democrazia partecipativa di classe, e come l’espressione della domanda vera per risolvere i bisogni, di cui il più importante è proprio il bisogno politico della presa del potere; pertanto come area e formazione politica che parte da Potere Operaio, passando per CO.CO.CE., FCA, fino al Movimento Comunista Rivoluzionario (MCR), tutta l’espressione di questi anni e tutto ciò che ha significato la vita politica fino ad oggi, vengono attraversate dai due Autori Centocellaros con la consapevolezza che bisogna trovare forme di mobilitazione, per dar senso al movimento reale che coinvolga non la società in senso generico, ma la classe.
Pensiamo che l’epoca che stiamo vivendo è un’epoca in cui vogliono negarci la memoria collettiva, che non solo viene annientata dal potere ma è poco praticata da tanti compagni che hanno vissuto queste lotte; perché, quello che noi raccontiamo come attori Centocellaros in questo libro, non è storia del passato; il passato ha senso in chiave di classe se è presente, se ha a che fare con gli eventi della storia recenti.
Le caratteristiche del conflitto, della dominazione dei subalterni di cinquanta anni fa ritrova nell’oggi le stesse condizioni, se non peggiori, economiche, sociali, dei giovani proletari, dei senza casa, senza lavoro, dei precari, dei senza prospettiva e dei senza potere.
Dunque, noi non ci sentiamo sconfitti dalla storia, semplicemente perché pensiamo che i vincitori della storia preferiscono il nostro oblio; noi invece pensiamo che al di dietro delle dietrologie e dei comportamenti personali errati da meschinità e miserie dell’essere umano, emerga il grande risultato di questa storia che si manifesta nella lotta di classe, per contribuire sia al dibattito teorico, che all’attività militante per la trasformazione della società.
E con un’avvertenza per i lettori. La scrittura, la nostra in particolare con tutti i limiti che le attribuiamo, non può render conto, a chi non l’ha vissuta, dell’atmosfera di quel periodo. Una lotta dura, implacabile, riflettuta che durò decenni e trovò per tredici o quattordici anni in un clima assolutamente particolare di quasi sospensione del potere; un clima talora festivo, talora truce, difficile da tradurre con la parola di chi ricorda questi avvenimenti mezzo secolo dopo. Per tali ragioni, non per eliminare questo handicap, cosa impossibile, ma per palliarne gli effetti, abbiamo fatto saltuariamente ricorso a citazioni di canzoni e di cronache dell’epoca. Echi lontani di questa atmosfera che ci faceva di tanto in tanto apparire come surreali le immagini continue della gente in lotta che si presentavano davanti a noi.
«Le masse dei giovani – come scriveva Pier Paolo Pasolini in Petrolio – erano rientrate enigmaticamente nellʼordine, pur conservando visibilmente i segni traumatici della sua rivolta di qualche anno prima. La cosa però si era rivoltata contro di loro. La condanna totale e intransigente che avevano pronunciato senza discriminazione contro tutti i padri aveva impedito loro di avere con quei padri un rapporto dialettico, attraverso cui superarli, andare avanti. Il rifiuto puro è arido e malvagio. E così, attraverso il rifiuto, i giovani si trovarono fermi nella storia. Ciò che implicò, fatalmente, un regresso. Su loro ricomparvero i caratteri psicologici e corporali di una vecchia borghesia infelice: segni che, almeno in minima parte, nei loro padri erano scomparsi: si rividero facce di vecchi preti, di avvocatucci colpevoli, di giudici vuoti, di sergenti corrotti etc.: questo nei più indifesi di quei giovani, naturalmente. Nella massa dei giovani altro non c’era che scontentezza, nevrosi, ignoranza, aggressività: lʼintegrazione non pagava il tradimento».
Nei primi anni ’70, lo sviluppo delle vicende dei quartieri popolari di Roma assume una considerevole importanza, poiché percorre l’affermarsi di una cruda realtà, ed il sorgere di una profonda crisi di carattere sociale ed umanitario, che attraversa in particolar modo il mondo dei giovani proletari.
L’inizio di quest’epoca rivela la difficoltà di conciliare i nuovi interessi di questi territori che mutano in continuazione, e che resistono a qualsiasi tentativo di sintesi. La povertà era la forza che legava gli uomini delle classi proletarie, in un contesto in cui il ruolo della borghesia schiacciava le sorti unanime dei più poveri, e in cui il ruolo dello Stato non mostrava alcun interesse di intervento. La solidarietà di classe, in particolare nei quartieri, produceva nuovi rapporti sociali in controtendenza con quelli del cosiddetto centro cittadino.
Infatti, la subalternità e le difficoltà sociali sono accompagnate da un profondo senso di unione, di legame, di fratellanza e di condivisione, che presentano gli abitanti di periferia, distinti dal carattere autentico che li allontana dall’ipocrisia borghese.
Negli stessi anni, mentre la cultura classista tenta di dominare ogni categoria sociale, la classe popolare lotta per l’indipendenza della propria condizione.
Nostro obiettivo è anche capire che nella storia del conflitto oggi, qui ed ora, le azioni dei giovani compagni di Cambiare Rotta, dell’OSA (Opposizione Studentesca di Alternativa) che occupano i tetti delle scuole, o dei portuali dell’USB (Unione Sindacale di Base) che rifiutano di scaricare dalle navi le armi che devono alimentare una delle tante guerre in corso, sono inscritte, senza soluzione di continuità, nel ciclo inarrestabile delle lotte degli sfruttati e delle classi subalterne. E che le modalità del conflitto variano d’intensità da un’epoca all’altra e secondo una serie di condizioni.
Sapendo che ciò che non è possibile oggi lo sarà domani, perché il conflitto non finirà senza la fine del dominio.
SOMMARIO
RINGRAZIAMENTI
PREFAZIONE
Quell’antica caserma romana: Centocelle e i Cento Fiori. Sovversione sociale e lotta armata nell’Italia degli anni ‘70
di Luigi Rosati e Luciano Vasapollo
INTRODUZIONE LA RIVOLUZIONE È NECESSARIA
1. Popoli senza storia
2. Dovere di memoria
3. Centocellaros
4. Centocelle. Una storia non periferica
5. L’allergia alla Rivoluzione impossibile
PARTE PRIMA LA RIVOLUZIONE È POSSIBILE
6. Capitale in espansione: emigrazione meridionale interna e sviluppo delle borgate
7. I mio padre a Centocelle
8. Quell’antica caserma romana
9. Centocelle e le lotte socio-politiche
10. Centocelle e la cultura. Pier Paolo Pasolini e l’immagine del mondo
PARTE SECONDA UN MOVIMENTO CHE VIENE DA LONTANO.
I PRODROMI DI UNA GRANDE STAGIONE DI LOTTE
11. L’emersione delle classi mute
12. Il Sud, primo motore delle lotte
13. Le prime migrazioni di massa, trasformazione sociale e violenta
14. Il secondo dopoguerra e le periferie romane
15. Ragazzi di borgata, ragazzi di lotta, Centocellaros
16. Le condizioni materiali muovono la rivolta 17. L’era dell’operaio professionale….
18. Gli anni Valletta e la sconfitta operaia
19. … E quelli della ripresa delle lotte
20. L’operaio cogestore del Nord e i contadini-operai “arraggiati” del Sud
21. Luglio ‘60. Una nuova generazione di ribelli: i ragazzi con le “magliette a strisce”
22. Piazza Statuto e l’avvento dell’operaio massa
23. L’attentato a Togliatti e la collaborazione di classe
24. Non dal nulla, viene fuori una stagione che passa alla storia
25. I prodromi dell’Autonomia Operaia
26. I Quaderni Rossi e la nascita dell’“operaismo”
27. Dai Quaderni Rossi a Classe Operaia: dalla ricerca all’intervento
28. I Quaderni Piacentini, il movimento studentesco e le lotte operaie
29. L’avvento del movimento studentesco
30. Fischia il vento da Valle Giulia
31. L’autunno caldo, nascita e crisi dei gruppi
PARTE TERZA ORGANIZZAZIONE E POTERE DI CLASSE
32. Il potere è la posta in palio!
33. La marcia verso la presa del potere
34. I gruppi, il potere e la lotta sul salario 35. Il Sud contro lo Stato. L’eccidio di Avola 36. L’insurrezione del casertano
37. I moti di Reggio Calabria
38. La grande paura del padronato e dello Stato
39. Al di fuori e contro lo stato presente delle cose
40. Piazza Fontana: i primi passi della contro-rivoluzione
41. Un atto contro l’impunità
42. Comando statuale e «gerarchie parallele»
43. Di nuovo, si erge il segreto di Stato
44. L’uomo di Di Lorenzo
45. Protettori o mandanti?
46. Note sulla «Guerra Rivoluzionaria», la contro-rivoluzione
47. La svolta del 1973 e le premesse della lotta armata
48. Apogeo e declino dei gruppi. Il ruolo di Potere Operaio
49. Il Partito della lotta armata
50. Il progetto di Linea di Condotta
51. Il contesto politico-economico internazionale: la crisi petrolifera
52. Il contesto politico-economico nazionale: la frantumazione del lavoro vivo
PARTE QUARTA I CENTO FIORI DI POTERE OPERAIO
53. I figli dei proletari a scuola. Centocelle polo studentesco
54. Il Collettivo Casilino e la nascita della cellula di Potere Operaio a Centocelle
55. I contenuti della lotta proletaria nella scuola e la memoria storica
56. Immigrazione e speculazione edilizia
57. L’antica campagna dell’Agro Romano
58. Gli scontri di Casalbruciato nel marzo 1971. Il Comitato politico territoriale
59. Le autoriduzioni, una forma di riappropriazione della ricchezza sociale
60. L’occupazione di Via Carpineto a Centocelle
61. Settembre 1973: inizia la storia autonoma del CO.CO.CE.
62. La battaglia della via Montecarotto a San Basilio. Un esempio di resistenza popolare, d’autodifesa proletaria e di lotta armata sociale
63. 1973, Il Cile: «Cosa vuoi di più, compagno, per capire che è venuta l’ora del fucile?»
64. La prospettiva del Partito Comunista Rivoluzionario
65. Rivenendo alle due linee di Potop
66. La diaspora fertile di Potere Operaio
67. Alla ricerca dell’organizzazione del contropotere
68. Affinità e divergenze: prospettive che si incrociano e strade che si separano
69. I Centocellaros nella crisi di Potop
PARTE QUINTA I CENTO FIORI CENTOCELLAROS. CAMMINARE… CAMMINARE
70. 1975, il passaggio all’atto
71. Torino: «Portare il fuoco in fabbrica»
72. Roma: l’attacco contro il carovita
73. Il bilancio politico-militare positivo del 1975
74. 1976: le FCA, la Tripartita e i suoi esiti
75. Il ferimento di Theodoli
76. Il declino del fordismo
77. Centocellaros al bivio
78. Il CO.CO.CE. smobilita ma… si fa fluido
79. Il ’77… Centocellaros e la lumaca della storia
80. Il Movimento del ’77 esplode
81. Le varie Forze Speciali in azione… con Lama e … comprese quelle Picciste
82. 12 marzo ’77: la straordinaria bellezza di un giorno di insurrezione
83. L’esecuzione di Giorgiana Masi e la nova fase della contro-rivoluzione
84. Il Carcere non ci tiene chiusi; si genera nuova coscienza rivoluzionaria
85. E poi c’è la differenziazione con la dissociazione
VERSO LA CONCLUSIONE? … LA STORIA NON È FINITA… NOI SIAMO ANCORA QUA
LA ROSA DI GERICO: CENTOCELLAROS SEMPRE!