Il 2 giugno a Coltano, per lottare contro la nuova base militare e inceppare l’imperialismo europeo
Rete dei Comunisti – Toscana
Giovedì 2 giugno la Rete dei Comunisti sarà alla manifestazione “Nessuna base per nessuna guerra” lanciata dal “Movimento No Base – Né a Coltano né altrove”, in una giornata antimilitarista che caratterizzerà anche le piazze di Roma e Genova.
Il progetto di costruzione di una base dei reparti d’élite dell’Arma dei Carabinieri è funzionale alla creazione di una vera e propria cittadella militare sul territorio pisano, ad integrare la già impressionante presenza militare: base Usa di Camp Darby, Centro Addestramento Paracadutismo, Aeroporto militare che ospita la 46° Brigata Aviotrasportata, Centro Interforze di Studi e Applicazioni Militari – CISAM; Comando delle Forze Speciali dell’Esercito COMFOSE; strutture della “Folgore” , Reparto Comando e Supporti Tattici, le caserma “Vannucci” e “Pisacane”, l’Accademia Navale della Marina Militare. Anche la ricerca pubblica è investita dalla militarizzazione, come testimoniato dai finanziamenti del Ministero della Difesa al CNR e la relazione profonda tra Leonardo SPA e l’Università di Pisa, al centro del nuovo progetto di alleanza tra gli atenei europei denominato “Circle U”.
Per questo nuovo sito militare sono stati stanziati 190milioni di euro dal Fondo Sviluppo e Coesione e la sua costruzione potrà godere delle procedure semplificate del PNRR, tra cui la rimozione delle valutazioni di impatto ambientale e di regolarizzazione degli appalti.
La diatriba sulla collocazione della base militare ha assunto caratteristiche diverse da quelle iniziali grazie alla forte mobilitazione popolare degli abitanti di Coltano e di molte realtà politiche e sindacali, che hanno costretto governo centrale e istituzioni locali a rivedere il piano di insediamento fisico del sito militare. Lo “spacchettamento” della base di cui ora si parla salverebbe in parte il parco naturale ma aumenterebbe l’impatto su tutto il territorio cittadino, con una presenza a “macchia di leopardo” delle “teste di cuoio” dei carabinieri.
Al di là della cortina fumogena sulle forme con le quali questa decisione verrà presa, che apparentemente divide le forze politiche, tutte sono invece d’accordo sulla costruzione della base. La forza e l’alterità della mobilitazione che sosteniamo sta invece nel NO alla base in quanto tale, posizione totalmente autonoma dai progetti di un ceto politico entusiasticamente supino alla volontà bellicista del governo Draghi, proconsole in Italia dell’Unione Europea.
Il progetto di Coltano è, infatti, parte integrante del piano di investimenti strategici messo a punto a Bruxelles come risposta alla crisi del Covid-19 in funzione della riorganizzazione delle filiere produttive continentali. Oltre a smascherare la finta transizione ecologica predicata nelle sue pagine, dato l’impatto devastante che la base potrebbe avere sull’ambiente della zona, aver tolto con un decreto presidenziale vincoli e potere di veto all’autorità del Parco naturale di San Rossore è la rappresentazione plastica di quella necessaria verticalizzazione delle scelte politiche ed economiche dell’edificio europeo nell’accentuata competizione tra l’imperialismo occidentale e le potenze economiche orientali, in primis la Russia ma soprattutto la Cina.
Una verticalizzazione che sta mettendo a nudo la debolezza della catena di comando locale, dalla Regione Toscana governata dal Partito Democratico al Comune Pisa guidato Lega da Fd’I e FI, costretti a goffi tentativi di mediazione perché bypassati dalle decisioni dell’esecutivo e anche per questo incalzati dalla mobilitazione popolare contraria alla costruzione della base.
Non è un caso che di verticalizzazione si parli nella “Bussola Strategica per la Sicurezza e la Difesa”, approvato dal Consiglio UE lo scorso 21 marzo, che rappresenta sul piano militare ciò che per altri ambiti rappresenta il Next Generation UE, ovvero un salto di qualità dell’imperialismo europeo nell’assunzione di un’autonomia strategica. Oltre a modellare in maniera più netta il futuro complesso militare-industriale europeo, la novità di un’unità interforze per l’intervento sul campo si associa a un meccanismo di approvazione delle missioni non più fondato sull’unanimità, come dicono i trattati europei, ma sulla “astensione costruttiva” di chi non intende partecipare, innescando così un gioco di “geometrie variabili” e gerarchie assodate tra i paesi del Continente. Dentro un rapporto di complementarità nella NATO, in cui far valere un peso specifico differente rispetto a quello avuto fino ad oggi nei confronti dell’asse anglo-statunitense, si vanno costruendo le condizioni per la proiezione militare di quella “Europa del Potere” di cui ha parlato nel gennaio scorso il Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton.
L’aumento delle spese militari, lo scaricamento sulle classi popolari dei costi sociali del riarmo e dell’economia di guerra, la prospettiva di un warfare che orienta l’intero apparato produttivo e della ricerca, l’aumento della repressione ed il conseguente restringimento delle già residuali agibilità democratiche, hanno l’obiettivo di drenare ulteriori risorse al welfare, ormai spolpato dalle privatizzazioni e da una legislazione antioperaia tra le più dure del mondo occidentale, sono tutti elementi che vanno compresi nella cornice del piano inclinato degli imperialismi, tendente alla guerra come unico strumento di risoluzione dei conflitti generati dalla crisi strutturale di valorizzazione del capitale.
È in questa prospettiva che si inserisce la costruzione di nuove basi militari. l territori, l’economia, l’industria devono essere messe al servizio della guerra.
Parteciperemo alla manifestazione del 2 giugno per opporci concretamente al nostro imperialismo, attore più prossimo di destabilizzazione e oppressione dei lavoratori, rappresentato dalle politiche concrete dell’Unione Europea, evidenziando e combattendo questa sintesi tra devastazione ambientale, militarizzazione dei territori e impoverimento sociale delle classi subalterne, al fine di gettare sabbia negli ingranaggi del polo imperialista europeo in costruzione.
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