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Una storia di rivoluzione necessaria e possibile
Una nuova storia degli anni ‘60 e ‘70 è disponibile per le nuove generazioni di lettori e di militanti. Una delle tante, tra le mille vissute nello scontro di classe che ha attraversato l’Italia del secondo dopoguerra. Questa raccontata da Luigi Rosati e Luciano Vasapollo, entrambi protagonisti di molti dei fatti raccontati nel libro edito da Edizioni Efesto, ha pero qualcosa di particolare, qualcosa che –purtroppo – difficilmente si ritrova nell’enorme bibliografia sul tema.
Il libro poggia su due tesi, che appaiono essere al contempo il movente e il fine della stesura di queste dense pagine. Innanzitutto, gli autori insistono sul fatto che gli accadimenti del “periodo caldo” dello scontro rivoluzionario che si è dato in Italia nei decenni passati, i famigerati anni ‘70, devono essere letti in prospettiva storica. È impossibile capirli se non li si collega con la Resistenza partigiana al nazifascismo, con Portella della Ginestra, con la lotta e l’organizzazione operaia e contadina di quello sfruttamento collettivo che oggi viene chiamato Boom economico, di cui la storiografia ufficiale ci racconta solo certi aspetti. Ma Vasapollo e Rosati si spingono ancor più in là: è inutile raccontare gli anni ‘70 se non li si collega anche a quanto accaduto successivamente, ai decenni del grande riflusso, quelli della forzata depoliticizzazione della società. In questo senso, la prima tesi del libro è chiara: il racconto di ogni piccola storia politica deve sempre farsi in relazione alla grande Storia generale, mai dev’essere chiusa o stagnante in sé stessa, ed è proprio da questa ricomposizione che deriva l’utilità che la lettura del passato, delle grandi intuizioni come degli errori fatali, ha per le nuove generazioni.
Il secondo argomento è invece sociale, nel senso che guarda direttamente a quelle masse protagoniste dello scontro di classe in Italia. I flussi migratori interni, in particolare l’enorme movimento Sud-Nord dei primi due decenni del dopoguerra, non possono essere letti come sterili cifre di un manuale, ma devono essere ricondotti allo sviluppo delle metropoli del Nord e di Roma, di cui in particolare è magistralmente raccontato lo sviluppo urbano. Il racconto della borgata che diventa periferia si intreccia quindi con quello dei suoi abitanti, con quel mutamento che li allontana dal mutismo politico, fino a prendere parola da protagonisti. Da questo flusso, da questa concentrazione di uomini e donne, e quindi di lingue, culture, tradizioni diverse, gli autori vedono nascere l’humus sociale che sarà fondamentale per lo sviluppo di un’opposizione al potere che diverrà senza mediazione possibile.
Ne viene cosi fuori un mosaico composito della realtà italiana passata e presente, un affresco che mai cade nell’analisi sociologica o nella sterile cronaca dei fatti, e soprattutto che non ha paura di toccare nervi ancora scoperti, aiutando la riflessione e la giusta collocazione delle tendenze storiche che hanno prodotto uno scontro rivoluzionario unico in Europa. Rivoluzione è il senso del momento storico, diceva Fidel. “Centocellaros” aiuto a ritrovarlo, questo senso storico.
Gli autori sono stati, sono e saranno dei militanti politici, ed è un dettaglio non da poco. Pur fisicamente distanti per molti decenni, uno a Parigi e l’altro a Roma, gli autori non si sono mai lasciati e non hanno mai abbandonato il cammino: Vasapollo e Rosati hanno continuato il loro impegno politico quando in tanti hanno optato per il pensionamento politico. Sono ancora ai loro posti di combattimento. Questo è forse il carattere fondamentale che permea queste pagine: “Centocellaros” è un libro che ancora vuole la Rivoluzione, che la crede necessaria e soprattutto possibile.
Due appuntamenti di presentazione a Parigi:
– martedì 14 giugno, dalle ore 19, all’Union Locale CGT Paris 18ème, in collaborazione con il Cercle Manouchian (associazione per l’educazione politica popolare)
– mercoledì 15 giugno, dalle ore 18:30, al bar “Le Disparu” (9 rue Sorbier, 75020 Paris)