Ora amnistia per i “reati politici e sociali”!
Rete Dei Comunisti
Il 29 giugno la Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi ha reso il suo “avviso sfavorevole” in merito alla domanda di estradizione avanzata dall’Italia nei confronti di dieci esuli politici italiani che da 40 anni vivono e lavorano in Francia.
A trent’anni e più dalle condanne (molte delle quali in contumacia), l’operazione battezzata “Ombre Rosse” si conclude con un clamoroso fallimento da entrambe le parti delle Alpi, nonostante il dispiegamento coordinato delle forze dell’Antiterrorismo francese e della Polizia italiana e della Criminalpol che, ad aprile 2021, aveva portato arrestato alcuni di questi esuli sessantenni, rilasciati sotto controllo giudiziario dopo appena 24 ore.
Quel triste giorno, che l’Eliseo aveva salutato come un “momento storico nelle relazioni franco-italiane”, il presidente Macron aveva in sostanza deciso di stracciare le garanzie della cosiddetta “dottrina Mitterand”, dichiarando di voler “risolvere la questione e chiudere completamente questo dossier dopo anni di procrastinazione o anche di un certo compiacimento”.
Oggi Macron, dopo una rielezione sofferta in cui ha perso la maggioranza all’Assemblée Nationale, tace di fronte a questa decisione, mentre un secco “no comment” è arrivato dal ministero della Giustizia che ha riaffermato come “la cooperazione giudiziaria tra Francia e Italia si basa attualmente sugli strumenti di riconoscimento reciproco dell’Unione Europea che consentono una grande fluidità negli scambi in relazione alla fiducia reciproca tra autorità giudiziarie”.
Il premier Draghi, sempre più in difficoltà rispetto all’iniziale “onnipotenza” incensata dai media asserviti e da tutto il panorama politico italiano, non si esprime sulla vicenda, dopo aver tratto da quell’arresto e dal clamore mediatico che ne è seguito un’ulteriore dose di legittimazione per “esser riuscito” lì dove per decenni altri si sono visti sbattere la porta in faccia.
La decisione della Corte d’appello di Parigi ha scatenato le squallide reazioni da parte degli esponenti del “partito della vendetta”; in primis, il PD, che ha espresso la sua “delusione” per una “decisione grave” invocando in maniera strumentale la “sofferenza dei familiari e la memoria delle vittime”, a cui ha fatto seguito Mario Calabresi che, affranto dal “sapore amaro della sentenza”, accusa il sistema francese di aver “garantito l’impunità a un gruppo di persone che si sono macchiate di reati di sangue”.
Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) definisce la decisione “inaccettabile e vergognosa”, rincarando la dose di vendetta con la schiuma rabbiosa alla bocca: “Ci eravamo illusi che la ‘dottrina Mitterrand’ fosse finita. Prendiamo atto che non è così. I familiari delle vittime meritano verità e giustizia. Il governo Draghi si attivi subito: questi criminali devono scontare in Italia la pena fino all’ultimo giorno”. Ancor più vergognosi e sciacalli alcuni esponenti della Lega che guidati dal deputato Daniele Belotti ha messo in atto una vile provocazione durante la lettura della sentenza in Tribunale, gridando “assassini”.
Nella sua decisione, la Chambre de l’Instruction ha fatto riferimento al rispetto del diritto alla vita privata e familiare e al diritto a un processo equo, ovvero agli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La giustizia francese – lungi dal poter esser considerata progressista, tantomeno rivoluzionaria – mette nero su bianco il fatto che lo Stato italiano non avrebbe garantito con certezza il diritto ad un nuovo ed equo processo, qualora questi dieci rifugiati fossero stati estradati.
La sete bramosa di vendetta da parte dello Stato italiano, espressa a livello istituzionale dalle dichiarazioni della ex ministra della Giustizia Marta Cartabia e dello stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella – il quale dopo l’arresto in Bolivia e l’estradizione di Cesare Battisti si augurava che “tutti i latitanti fuggiti all’estero” fossero “consegnati alla giustizia italiana per scontare la pena per i gravi crimini di cui si sono macchiati” – avrebbe condannato questi esuli a condizioni detentive psico-fisiche disumane, come quelle inflitte proprio allo stesso Battisti.
In tutto quest’anno, come Rete dei Comunisti, abbiamo articolato una campagna di solidarietà politica e di ricostruzione della memoria storica del conflitto di classe nell’Italia del dopoguerra.
Si è trattato di una “guerra a bassa intensità” che non ha disdegnato la strategia stragista, la micidiale violenza poliziesca contro i manifestanti, l’uso sistematico della tortura nella sua stagione più buia, la detenzione in carceri speciali e processi costruiti anche sui teoremi giudiziari frutto di “pentiti” con condanne in contumacia.
Abbiamo cercato di rimettere al centro del nostro dibattito l’articolazione di un apparato repressivo di Stato ereditato dal fascismo e mai dismesso completamente. Un apparato che nel corso degli anni è stato rafforzato e calibrato per reprimere chi si oppone allo stato di cose presenti, in cui il conflitto sociale è divenuto un crimine tout court, e per zittire chi ancora oggi si batte per una verità diversa da quella dettata ed imposta dai vincitori.
Con questa sentenza, la vendetta dello Stato italiano ha subito una sconfitta importante: infatti, l’Italia non potrà impugnare la decisione della Corte d’appello per un ricorso in Cassazione, una possibilità che resta in capo al procuratore generale francese. Chi continua ad invocare la forca e si fa forza sulla vittime della violenza politica maturata in quel contesto, deve ricordare la lunga scia di sangue che ha caratterizzato l’operato degli apparati dello Stato, attraverso la manovalanza armata delle organizzazioni fasciste eversive e la direzione strategica della NATO (si veda il ruolo del Comando FTASE di Verona come incubatore della strategia stragista in Italia dalla fine degli anni Sessanta).
Per questo motivo, riaffermiamo oggi in maniera ancor più forte la nostra rivendicazione di un’amnistia sociale per i “reati politici e sociali” di ieri e di oggi.