Le donne de borgata
Il governo di Giorgia Meloni lascia prevedere un peggioramento complessivo sul piano delle tutele, delle condizioni materiali delle donne e delle discriminazioni.
In tal senso, la proposta di legge di Gasparri e l’accordo siglato dal centrodestra con l’associazione ProVita&Famiglia, sottoscritto a governo ancora non formato, rende bene l’idea del prossimo futuro.
Sembrerebbe un paradosso che la prima donna a capo del governo sia un’esponente di un partito di ispirazione fascista e che sia proprio una donna a minare le già poche tutele che le donne hanno al momento. Tuttavia, ormai è chiaro che poco conta il genere quando si tratta di mettere in campo politiche rivolte allo sfruttamento e allo smantellamento dei diritti. Merkel, Von der Lyen e Lagarde insegnano.
Risulta però altrettanto chiaro che nessun cambiamento in senso riformista e progressista può portare ad una reale emancipazione delle donne e al riconoscimento di reali tutele.
Il governo Meloni andrà infatti solo a scavare di più un solco già tracciato dai precedenti governi e dallo stesso PD, che dietro un pink/rainbowwashing di facciata non ha fatto nulla per migliorare le condizioni delle donne e delle soggettività non conformi.
Ma che, al contrario, ha contribuito ad affossare e svuotare diritti essenziali conquistati con le lotte, dal diritto all’aborto, alla contraccezione e ai consultori, e ora si erge in difesa delle donne contro il “pericolo fascista”.
Adesso ci troviamo quindi ad affrontare un rischio reale di arretramento che, unito alla condizione di crisi economica e sociale, andrà a colpire materialmente in primis tutte le donne e le soggettività non conformi, ma in particolar modo quelle delle periferie, le lavoratrici, le precarie, le studentesse, le disoccupate e le donne migranti che per condizioni economiche e sociali e per l’assenza di servizi pubblici territoriali non potranno permettersi cure adeguate e servizi privati.
Se queste sono le condizioni, bisogna prepararsi a reagire, immaginando tutti gli strumenti di contrattacco possibili. Per questo, oltre a sostenere le lotte e le mobilitazioni cittadine e nazionali, sarà indispensabile supportare la rabbia e la determinazione delle ragazze e delle donne che più di tutte necessitano e pretendono maggiori tutele e diritti, a partire dalle periferie fino ai posti di lavoro.
Questa rabbia è già emersa il 28 settembre, quando centinaia di giovani hanno scioperato nelle scuole delle periferie per il diritto all’aborto libero, sicuro e gratuito, convergendo poi nella partecipata manifestazione cittadina chiamata da Non una di meno.
Così come il protagonismo delle lavoratrici, delle donne delle case popolari e delle occupazioni ha sempre rivendicato in maniera combattiva il diritto a una vita dignitosa, alla casa e a maggiori servizi, portando a raggiungere enormi risultati.
Per questi motivi, ora più che mai, è fondamentale organizzare momenti di lotta nei quartieri popolari, nelle scuole e nei posti di lavoro che esprimano questa determinazione e portino avanti un percorso comune.
Nessuna delega: le donne de borgata si organizzano per costruire, con la lotta, spazi di emancipazione e indipendenza.
Allo stesso modo, il prossimo 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, assumerà quest’anno una valenza particolare, nell’opposizione alla violenza che il nuovo governo intende portare avanti contro le donne.
Per questo, in occasione della manifestazione cittadina del 26 novembre, la proposta è di costruire uno spezzone che rappresenti la rabbia delle donne, delle ragazze e delle lavoratrici delle borgate, non vittime ma protagoniste determinate contro la violenza di questo sistema, contro il governo Meloni e contro le ipocrisie del centrosinistra.
Le donne, le lavoratrici e le ragazze de borgata si organizzano.