Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta – organizzazione giovanile comunista, Opposizione Studentesca d’Alternativa (OSA)
Giovedì 29 dicembre si è insediato il governo “più a destra” della storia Israele. La Knesset, il parlamento israeliano composto da 120 membri, gli ha dato la fiducia con 63 voti, contro 54 voti contrari.
La compagine governativa è una vera e propria galleria dei mostri composta da suprematisti ebraici visceralmente anti-arabi e ultra-ordotossi iper-conservatori. L’esecutivo ha come perno la storica formazione della destra israeliana – il Likud – che mantiene alcuni posti chiave nella cabina di regia governativa: Difesa, Esteri e Giustizia, tra gli altri.
L’esecutivo sarà di 30 ministri, di cui solo 5 donne.
Il nuovo governo ha messo al centro della propria politica la riforma del sistema giudiziario, con il fine tra l’altro fine di autorizzare il Parlamento a promulgare delle leggi che si oppongano alle decisioni della Corte Suprema, limitando di fatto il “bilanciamento dei poteri”, e la privatizzazione di tutti i media pubblici: un chiaro schiaffo ai residui di democrazia “liberale” nel Paese.
A capo del governo ci sarà Benyamin Netanyahu, dopo che la coalizione da lui guidata aveva vinto le elezioni parlamentari che si sono tenute lo scorso Primo novembre.
Erano state le quinte elezioni in quattro anni, e dopo sette settimane di negoziato per definire le alleanze necessarie a formare la nuova maggioranza, si è trovata la quadra il 21 dicembre, appena 20 minuti prima della scadenza della proroga – per la formazione del governo – accordata dal presidente israeliano Isaac Herzog.
Per Netanyahu sarà il sesto mandato – non consecutivo – da primo ministro. Succede al governo uscente di Naftali Bennett durato circa un anno, dopo 16 mesi di “esilio” dal potere.
É stato Primo ministro dal 1996 al 1999, e consecutivamente per più di un decennio dal 2009 al 2021. Questo politico 73enne, grazie alla vittoria elettorale e alla capacità di formare l’esecutivo, non solo tornerà alla testa del Paese dopo una relativamente breve pausa, ma si è probabilmente guadagnato una sorta di salvacondotto per le numerose azioni giudiziarie per corruzione che lo riguardano in cambio del sostegno alle politiche più estremiste dei suoi alleati.
I partiti che fanno parte della coalizione sono il Likud (di destra, il partito dello stesso Netanyahu), Shas (ultra- conservatore, che rappresenta gli ebrei ortodossi di origine nordafricana e mediorientale), Ebraismo della Torah Unito (conservatore e ultra-ortodosso), e Potere Ebraico, Partito Sionista Religioso e Noam (tre partiti sionisti di estrema destra).
Come ha scritto giustamente la sociologa franco-israeliana Eva Illouz su Le Monde: «la terza forza politica in Israele rappresenta ciò che si è nettamente obbligati a chiamare, a malincuore, un “fascismo ebraico”». Una definizione che ci sentiamo di allargare complessivamente alla classe politica che governerà il Paese.
Nei giorni scorsi erano già stati diffusi i nomi impresentabili di alcuni dei prossimi ministri e le tremende aspettative sono state confermate. Tra questi troviamo Itamar Ben-Gvir, posto a capo della Pubblica sicurezza: Ben-Gvir è il leader di Potere ebraico, è un avvocato strenuo sostenitore dell’occupazione illegale di Israele della Cisgiordania, è noto per le sue posizioni razziste nei confronti dei palestinesi e dei cittadini arabi-israeliani e per aver incitato più volte alla violenza contro di loro. Ben-Gvir, condannato nel 2007 per istigazione razzista contro gli arabi e per il sostegno a un gruppo considerato da Israele e Stati Uniti un’organizzazione terroristica, avrà un ampio portafoglio di sicurezza che includerà la responsabilità della polizia di frontiera nell’area occupata della Cisgiordania. Quest’ultima fa parte delle forze che impongono l’occupazione dei palestinesi a Gerusalemme est e controllano i posti di blocco militari in Cisgiordania. Ben-Gvir avrà anche il controllo del sistema carcerario israeliano.
Considerato che tale personaggio si è espresso per promuovere la “licenza di uccidere” ai danni palestinesi, a favore della “condanna di morte” per quelli che definisce terroristi – cioè i combattenti della Resistenza – e per un inasprimento della condizione detentiva dei palestinesi che affollano le carceri israeliane, è abbastanza intuibile come si svilupperà ulteriormente la violenza sionista.
Entrerà nel governo anche Bezalel Smotrich, leader del Partito Sionista Religioso, che sarà ministro delle finanze e diventerà anche “un ministro indipendente” incaricato della costruzione degli insediamenti nella Cisgiordania occupata da Israele attraverso l’autorità più influente lì – il Ministero della Difesa – che comprende l’esercito israeliano. É la prima volta che una tale posizione viene creata e darebbe a Smotrich il potere di promuovere i suoi obiettivi di impedire costruzioni di palestinesi nell’“Area C” – ossia il 60% della Cisgiordania che è sotto il diretto controllo dell’esercito israeliano – mentre potrà lì espandere la costruzione di insediamenti illegali israeliani ad libitum.
Sia Smotrich che Ben-Gvir sono espliciti riguardo alla loro intenzione di espandere gli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata e l’annessione delle terre palestinesi, ed entrambi sono coloni che vivono all’interno della Cisgiordania.
Il governo, nel suo insediamento è stato chiaro. “Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo ed indiscutibile su tutte le aree della Terra di Israele (…) l governo promuoverà e svilupperà insediamenti in tutte le parti della Terra di Israele in Galilea, Negev, Golan, Giudea e Samaria” usando i nomi israeliani per la West Bank dove vivono 2,8 milioni di palestinesi e 475.000 coloni israeliani. Di fatto darà piena attuazione ad un piano di colonizzazione pianificato ed in corso da tempo, con buona pace del diritto internazionale.
Un altro futuro ministro è Avi Maoz, del partito Noam, noto per le sue posizioni omofobe e sessiste. Ottiene il controllo, all’interno dell’ufficio del primo ministro, di un vasto budget consacrato alle associazioni che intervengono nel sistema scolastico. Aveva proposto di vietare il Gay Pride a Gerusalemme, la legalizzazione della terapia di conversione ed ha chiesto una maggiore segregazione di genere negli eventi pubblici. A lui è stato affidato l’incarico di capo del nuovo dipartimento “Identità ebraica” con il titolo di vice ministro.
In generale, i partiti ultra-ortodossi intendono fortificare l’autorità esclusiva dei rabbini sulla loro comunità. Esigono delle sovvenzioni uguali a quelle delle scuole pubbliche per i loro istituti scolastici, che escludono la matematica e la storia come materie di insegnamento. Vogliono che gli studenti religiosi siano dispensati dal prestare servizio militare. Inoltre chiedono che i sindaci non possano impedire di separare uomini e donne nei loro eventi pubblici.
L’effetto di tali figure in influenti posizioni chiave non farà altro che aumentare ulteriormente la pulizia etnica e l’Apartheid portata avanti da Israele, costringendo i palestinesi a dover alzare il livello di Resistenza che negli ultimi mesi ha dato filo da torcere all’occupante sionista. Le Nazioni Unite avvertono che il conflitto nei territori palestinesi occupati è vicino al “punto di ebollizione”. Il 2022 infatti è già stato l’anno più mortale per i palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est degli ultimi 16 anni. Il ministero della salute palestinese afferma che le forze israeliane hanno ucciso da gennaio almeno 210 palestinesi, tra cui 47 bambini. Anche se alcuni incidenti si sono verificati a Gaza, la maggior parte della violenza si è verificata nella Cisgiordania occupata, in particolare nelle ultime due settimane. Inoltre, il servizio penitenziario israeliano si sta preparando per uno sciopero della fame generale da parte dei prigionieri palestinesi, nonché per un aumento del numero di disordini e scioperi all’interno delle carceri, a seguito della nomina di Ben-Gvir a ministro della sicurezza nazionale.
Le stesse comunità ebraiche dei paesi europei e degli Stati Uniti si trovano in difficoltà a sostenere un governo così apertamente anti-liberale. Alcuni si fingono stupiti di come ci sia stata questa virata verso l’ultra-nazionalismo, il fondamentalismo, il razzismo, il fascismo e il crollo delle strutture democratiche. Tuttavia, sarebbe ipocrita pensare che fino ad ora Israele fosse davvero l’“unica democrazia del Medio Oriente attenta ai diritti delle minoranze e delle donne” e che ora stia diventando qualcos’altro. Sia detto per inciso, ma l’esecutivo ha già affermato che non firmerà la convenzione di Istanbul sulle violenze perpetrate nei confronti delle donne. In realtà, il governo di estrema destra guidato da Netanyahu mostra la vera faccia di Israele, facendo crollare la maschera di ipocrisia e falsità che per anni i governi occidentali hanno provato a metterle.
Se da un lato, quindi, in questi giorni è crollata la finta superiorità morale dell’Unione Europea dopo lo scandalo del “Qatargate”, ora il nuovo governo israeliano costringe tutti a non poter più ignorare o a sminuire i crimini che Israele porta avanti da più di 70 anni contro i palestinesi.
Mentre sul fronte interno la politica israeliana destabilizzerà ulteriormente una situazione già precaria, su quello esterno è difficile pensare che l’Entità Sionista non sarà vettore dell’ennesimo deterioramento nei confronti dei suoi vicini – Siria, Iran, Libano e Giordania – e promotrice della tendenza alla guerra in tutta la regione.
Sarà difficile inoltre per i regimi reazionari arabi che con i cosiddetti “Accordi di Abramo” – patrocinati dagli USA – hanno avviato la normalizzazione dei rapporti con Israele dopo Giordania ed Egitto – cioè EAU, Bahrein, Marocco, Sudan – ignorare l’opinione pubbliche dei propri Paesi.
Contro il nuovo volto del sionismo ormai sempre più apertamente “fascismo ebraico” è necessario rimettere al centro dell’agenda politica il sostegno alla Resistenza Arabo-Palestinese, l’opposizione alla normalizzazione delle relazioni ad ogni livello con lo Stato Israeliano a cominciare dai numerosi progetti di cooperazione con l’Italia, promuovere una azione concreta e conseguente di boicottaggio e di dis-investimento.