La Rete dei Comunisti aderisce al presidio del 18 febbraio all’aeroporto G. Galilei di Pisa e alla manifestazione nazionale di Genova del 25 febbraio.
Rete dei Comunisti Toscana
Il conflitto in Ucraina si inasprisce ogni giorno di più, mettendo il luce i contrapposti obiettivi strategici che si confrontano in questo momento a livello globale.
L’imperialismo occidentale, che ha trovato una precaria sintesi nell’euroatlantismo, non intende al momento cedere di un millimetro nella ricerca di una improbabile vittoria militare sul campo, mandando al macello decine di migliaia di ucraini e di mercenari, molti dei quali inquadrati nei battaglioni nazisti addestrati e armati dalla NATO.
La Russia di Putin, che sintetizza in sé gli interessi del grande capitale di quel paese ma anche un forte sentimento popolare antioccidentale, gioca una partita esistenziale non tanto e non solo per quella classe dominante, ma per il futuro di una ricca e immensa nazione, ancorata sempre più ad Oriente e ad una logica multipolare che, unica, può dare prospettive di sviluppo autonomo a paesi e continenti divenuti economicamente molto potenti, a partire dalla Cina, non a caso oggetto di costanti provocazioni statunitensi, da Taiwan ai “palloni aerostatici”.
Intorno a questo scontro di interessi al momento inconciliabili si gioca la partita della guerra e della pace mondiale, così com’é stato nel secolo passato, in condizioni diverse ma con basi economiche e geopolitiche simili. Il motore di questa tensione rimane lo stesso: le irrisolvibili contraddizioni del Modo di Produzione Capitalistico, in crisi sistemica a causa della limitatezza oggettiva dello spazio/mondo, crisi che sta toccando livelli incommensurabilmente più grandi rispetto al passato.
I limiti fisici di sviluppo delle produzioni e dei mercati sono sotto gli occhi di tutti, determinando quei fenomeni perniciosi e devastanti che minano la sicurezza di interi continenti, a partire dalle devastazioni ambientali. L’unica strada intrapresa dai paesi a capitalismo maturo per contrastare la costante caduta dei profitti e’ quella dell’intensificazione quantitativa e qualitativa dello sfruttamento degli esseri umani e della natura, ed insieme a questo la distruzione sistematica a fini ricostruttivi di interi paesi e delle popolazioni che li abitano, attraverso aggressioni e guerre devastanti.
Il nostro paese, in questo contesto di guerra latente, gioca un ruolo sostanzialmente marginale ed ancillare sia rispetto agli USA, sia dentro l’Unione Europea. Il Governo Meloni viene sistematicamente bistrattato ed emarginato dalle grandi scelte di politica estera della UE, ma anche dagli orientamenti economici di Bruxelles, che determinano la vita materiale delle maggioranze.
Del resto, i fascisti hanno sempre svolto un ruolo da cani da guardia del grande capitale. E’ nella loro genetica.
A questa situazione quel che resta del movimento pacifista del nostro paese ha risposto con livelli di mobilitazione molto al di sotto delle esigenze che richiederebbe la pericolosità dei fatti che si squadernano quotidianamente di fronte a noi. I motivi di questa debolezza sono tanti, ed affondano le radici nel sistematico arretramento di una “sinistra” senza più orientamenti, in un contesto in costante e profondo cambiamento del quadro internazionale. Oggi come ieri una risposta generica, di carattere etico/morale ai venti di guerra, e’ importante ma completamente insufficiente per gettare le basi di un movimento contro la guerra che si ponga al livello delle sfide epocali che abbiamo di fronte.
I segnali più incoraggianti sono venuti da alcuni settori del mondo del lavoro che, per posizionamento produttivo, hanno potuto denunciare e inceppare concretamente il meccanismo della guerra attraverso il blocco dell’invio delle armi.
Nella prima metà del marzo 2022, quando il governo Draghi deliberò i primi invii di armi verso l’Ucraina questo e’ avvenuto all’aeroporto di Pisa, attraverso la denuncia di alcuni lavoratori USB dell’invio clandestino di armi con aerei civili, mentre al porto di Genova i camalli organizzati dal Calp e da USB bloccavano navi cariche di armi verso lo Yemen, paese devastato dalle bombe e dalla rimozione mediatica occidentale.
La manifestazione del 18 febbraio a Pisa e quella nazionale del 25 febbraio a Genova riannodano quel filo rosso di opposizione operaia alla guerra che indichiamo come passaggi centrali per il rilancio del movimento contro la guerra nel nostro paese.
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