Il 25 gennaio si è tenuta la tappa bolognese della campagna nazionale lanciata da Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta e Opposizione Studentesca d’Alternativa dal titolo “Con l’America Latina e contro i suoi nemici”. L’iniziativa è nata con l’obiettivo di fare informazione e dibattito sui recenti avvenimenti di colpo di Stato in Perù e di tentativo di colpo di Stato in Brasile, prendendo parola e posizione a favore dei processi emancipatori in corso in America Latina.
Il nostro appoggio nei confronti dei popoli del Sud-America e dei Caraibi e dei loro processi progressisti è da sempre alla base del nostro lavoro politico. Per soffermarsi solo alla storia più recente, nel novembre del 2021 abbiamo lanciato un appello unitario per l’iniziativa politica a fianco dell’America Latina: “L’America Latina è una speranza per l’umanità”, nato anche dallo slancio delle riuscite mobilitazioni in cui abbiamo partecipato e promosso contro i tentativi di destabilizzazione orditi a Cuba dagli anti-castristi e sostenuti, anche nel nostro paese, dai fascisti cubani.
Tale appello iniziava affermando che: «la solidarietà ai processi di emancipazione in America Latina deve diventare un asse centrale dell’iniziativa politica delle forze comuniste, progressiste e sinceramente democratiche del nostro paese». Questo perché è evidente che questi paesi sono un esempio pratico e reale del fatto che esiste la possibilità di rompere la gabbia dell’imperialismo, che sia possibile prendere il potere e avanzare nella conquista di diritti sociali e politici che vengono sempre più negati dalle nostre parti.
Nei mesi successivi, fino ad ora, siamo stati fedeli allo spirito di quell’appello promuovendo e appoggiando – insieme a diversi compagni e compagne latino-americani/e – le iniziative di confronto e mobilitazioni di sostegno di tali processi di emancipazione. Processi verso i quali poteri locali e internazionali, si oppongono continuamente come ci dimostrano i recenti casi di Brasile e Perù.
Questi ultimi casi però non sarebbero pienamente comprensibili se non li inseriamo in un contesto globale più ampio. La fase nella quale stiamo vivendo ora può essere definita infatti la fase di crisi di egemonia mondiale degli Stati Uniti verso la quale le classi dirigenti occidentali stanno provando a riorganizzarsi ricompattando l’Occidente contro uno scontro (sempre più anche di carattere militare) verso l’emergere di competitor regionali e mondiali, quali la Russia e la Cina.
Questo tentativo politico prevede quindi di riorganizzare le filiere produttive in modo tale da selezionare i paesi amici e nemici con i quali fare scambi commerciali e legami politici. Quindi, ad esempio, gli approvvigionamenti energetici devono venire dagli Stati Uniti o dall’Algeria, oppure la produzione si deve spostare dalla Cina verso l’Africa del Nord o il Messico o i paesi dell’Est Europa. Questa riorganizzazione delle catene del valore comporta di conseguenza che bisogna rafforzare questo legame occidentale anche da un punto di vista di alleanze politiche. Quindi, bisogna rafforzare i legami nel Pacifico – ad esempio con l’Accordo economico indo-pacifico (Ipef) lanciato da Biden –; nel Medio Oriente – come con gli accordi di Abramo o in generale la strategicità che sta assumendo il Mediterraneo; in America del Nord –con il nuovo accordo preferenziale di libero scambio tra Canada, Messico e Stati Uniti. Quei “governi ribelli” all’interno del blocco occidentale che invece che non vogliono prendere parte a questo rafforzamento dell’imperialismo euro-atlantico, devono essere destabilizzati. Questo è il motivo per cui è stato fatto il colpo di Stato in Perù e per cui si è quasi arrivati al quasi-colpo di Stato in Brasile.
Del resto, da tempo l’America Latina è un laboratorio politico dove troviamo da un lato, gli Stati Uniti che tentano di riaffermare la propria declinante egemonia in quello che hanno sempre ritenuto il “loro cortile di casa” e l’Unione Europea che cerca di esercitare un ruolo neo-coloniale, dall’altro lato i processi di transizione socialista più longevi che resistono ai tentativi sempre meno velati di destabilizzazione.
Infatti, in questa situazione le popolazioni, in forme differenti, cercano di sganciarsi da un modello economico neo-liberista e dalla dipendenza occidentale. Troviamo in primis ovviamente Cuba, isola di 11 milioni di abitanti che resiste strenuamente da più di 60 anni contro un embargo criminale da parte degli USA che ha impedito al Paese addirittura di poter importare respiratori durante la crisi Covid, mentre loro esportavano e continuano ad esportare medici in tutto il mondo, anche nella sviluppatissima Italia. Troviamo il Venezuela bolivariano che ha di fatto respinto il tentativo di colpo di Stato del fantoccio Guaidò di qualche anno fa e che vede ritornare nelle scene internazionali Maduro, il quale sta spingendo per una maggiore integrazione ed alleanza tra i paesi dell’America Latina contro l’unipolarismo USA verso un multipolarismo.
A Cuba, Venezuela e Nicaragua, che sono state fino ad ora le maggiori spine nel fianco dei USA nell’area, si stanno così affiancando tutta una serie di paesi con governi progressisti recentemente eletti: la Colombia di Gustavo Petro, l’Honduras di Xiomara Castro, la Bolivia di Gustavo Arce, il Cile di Gabriel Boric, l’Argentina di Alberto Fernandez e per ultimo il Brasile con il ritorno di Lula. Questi ultimi due paesi, i più ricchi dell’aerea, stanno addirittura iniziando a pensare ad una moneta comune per l’aerea che possa ridurre la loro dipendenza dal dollaro.
In questo contesto, è quindi chiaro che il tentativo di destabilizzare il Brasile e il colpo di Stato in Perù sono dei segnali ben chiari. Gli USA in crisi di egemonia mondiale, come ha dimostrato la loro fuga dall’Afghanistan, devono fermare queste spinte progressiste nel loro “cortile di casa”.
Cosa possiamo quindi fare noi in questa situazione? Sicuramente, non possiamo rimanere a guardare mentre l’imperialismo euro-atlantico, di cui il nostro Paese è un elemento molto importante, utilizza la forza per cercare di riaffermarsi. In primis, siamo chiamati a fare informazione dando spazio e attenzioni a ciò che succede oltre Oceano e mostrando la vera faccia dell’Occidente che prova a mostrarsi come superiore ma non lo è. Poi, dobbiamo fare fronte comune con tutti coloro che si mostrano disponibili a difendere i popoli dell’America Latina. Ma soprattutto, dobbiamo dare forza e sostegno alla visione multipolare di nuovo ordine mondiale che possa essere concreta alternativa all’imperialismo e che si basi sulla pace e sul rispetto delle differenze di popolazioni e culture, sul rispetto della natura e su un nuovo rapporto tra generi e all’interno delle famiglie.
È nostro compito, quindi, trasformare la speranza che parte dall’America Latina in una nuova realtà di emancipazione concreta per tutta l’umanità.
L’evento di dibattito e informazione, quindi, lo abbiamo pensato non solo come momento di testimonianza fine a sé stesso ma come necessario per comprendere meglio il mondo nel quale viviamo, in modo da poterlo cambiare.
I focus più dettagliati sulla situazione in Perù e in Brasile ci sono stati dati da:
- Luis Mayta, di Perù Libre
- Frederico Ronconi, del Partido Comunista Brasileiro e di Pap Bologna (il cui intervento completo si può leggere su Contropiano):
Il video dell’iniziativa si può vedere sul Contropiano video:
CREDITS
Immagine in evidenza: Contra El Imperialismo, par Franck Vervial
Autore dell’immagine: Franck Vervial, 17 dicembre 2011
Licenza: Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Immagine originale ridimensionata e ritagliata