Rete dei Comunisti – Milano
La fase storica del mondo unipolare a guida statunitense con la collaborazione dell’Unione Europea per come conosciuto durante il trentennio della “globalizzazione” è giunta definitivamente a conclusione, come si è evidentemente manifestato con la rovinosa fuga dall’Asia e dall’Afghanistan.
La ritirata yankee dal ruolo auto-attribuito di “gendarme del mondo” non avviene però pacificamente e vede i suoi tentativi di recupero nella riscoperta dell’alleanza del blocco euro-atlantico in particolare attraverso la NATO ma non solo, esprimendo le mire predatorie degli imperialismi occidentali a sud del Río Bravo e nel resto dei “sud di classe” dell’America Latina e dell’Africa.
Contemporaneamente però assistiamo a una nuova “ondata progressista” che sta attraversano l’America Latina, spostando i governi di interi paesi su posizioni a vario titolo democratiche, progressiste e socialiste. La continuazione di un processo e di uno scontro, che abbiamo definito fra socialismo e barbarie, il cui esito non è scontato ma che rappresenta oggi da una parte la punta più avanzata della lotta di classe nell’area occidentale del mondo e dall’altra una ulteriore manifestazione della debolezza strategica dell’imperialismo statunitense, che sulla corruzione della borghesia compradora e sullo sfruttamento di donne, uomini e risorse di Nuestra América ha costruito gran parte del suo dominio.
Allora puntare lo sguardo su quanto accade al di là dell’Atlantico significa affiancare politicamente questi processi di stabilizzazione o transizione verso il nuovo mondo multipolare, combattere i tentativi di restaurazione di politiche colonialiste e imperialiste e sostenere quella lotta che potrebbe portare l’intero continente a essere all’avanguardia nella realizzazione più avanzata di politiche sociali, ambientali e di allargamento dei diritti individuali, collettivi e di pace per l’intero pianeta.
In forme diverse, lo scontro si sta consumando anche in Africa: domenica 24 settembre Emmanuel Macron, ha annunciato il rimpatrio dell’ambasciatore francese a Niamey e che le truppe francesi sarebbero state ritirate entro la fine dell’anno.
«Noi mettiamo fine alla nostra cooperazione militare con in Niger», ha annunciato al telegiornale.
Si è concluso così il braccio di ferro che l’Eliseo aveva ingaggiato con le autorità installatesi in Niger dopo il colpo di Stato militare che – il 26 luglio – aveva destituito il presidente Mohamed Bazoum.
Nella più grande discrezione, alcune settimane dopo, il 10 ottobre tre voli speciali hanno iniziato a portare uomini e mezzi francesi da Niamey verso il Ciad. È l’ennesima “fuga” delle truppe francesi dal Sahel, dopo la partenza forzata prima dal Mali e poi dal Burkina Faso.
Nell’anno dell’indipendenza delle colonie, il 1960, le truppe francesi in Africa ammontavano a 60 mila contro le 6mila di oggi. Già all’inizio dell’anno era stata prevista da Parigi una ulteriore contrazione, ma è chiaro che la débâcle in Niger scompagina ulteriormente i piani francesi.
E la fine della presenza militare sembra andare a braccetto con il crepuscolo del dominio economico, e l’inizio di una collaborazione di altri partner verso un mondo effettivamente multipolare.
Da un lato vi è il vecchio mondo che muore, dall’altro il nuovo che tra mille e una peripezia sta nascendo con i «colpi di Stato popolari» (Mali, Burkina Faso, Guinea-Conakry e Niger), le mobilitazioni contro le conseguenze della crisi del morente ordine neo-liberista (Nigeria e Ghana), e l’indomita opposizione alle democrature (Senegal e Costa d’Avorio), o alle dittature (Ciad), neo-coloniali.
Questo nuovo riscatto del Sahel può avere, nel ventre della bestia dell’imperialismo euro-atlantico, precisi riflessi soprattutto perché è portatore di una idea-forza di riscatto che investe le popolazioni e la diaspora, compresa la componente afro-discente delle classi subalterne che in questi anni ha costruito processi organizzativi importanti e condotto lotte importanti.
I popoli in rivolta stanno di nuovo scrivendo la storia, in America Latina, nel Sahel e nel mondo arabo.
Ne indagheremo diversi aspetti nel corso dei prossimi mesi con questo ciclo di approfondimenti e dibattito.