Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta, OSA, Potere al Popolo – Milano
Nei giorni scorsi sono state recapitate denunce ad alcuni dirigenti sindacali dell’Unione Sindacale di Base e a dei nostri compagni: studenti di Cambiare Rotta e dell’Opposizione Studentesca d’Alternativa, della Rete dei Comunisti e di Potere al popolo! per la contestazione ad Assolombarda avvenuta al termine della manifestazione di Milano dello scorso 26 maggio, in occasione dello sciopero generale indetto dall’USB.
Oltre un milione di lavoratori in tutta Italia e da tutti i settori – numeri importanti per un paese reduce da trent’anni di pacificazione sociale – avevano partecipato quel giorno allo sciopero generale. Manifestazioni in diverse città d’Italia hanno visto i lavoratori affiancati da studenti e solidali, contro le politiche guerrafondaie e antipopolari del governo Meloni, in un contesto di pesante crisi con inflazione e carovita crescenti che da allora non ha fatto che peggiorare.
Mentre a Bologna si indicavano le responsabilità politiche per i disastri delle alluvioni e in Puglia i braccianti occupavano i campi – per citare solo due esempi fra le tante lotte rappresentate quel giorno all’interno della parola d’ordine generale “Abbassare le armi, alzare i salari!” – la manifestazione di Milano si era caratterizzata per il protagonismo dei facchini della logistica del Nord-Italia e per la rappresentazione della saldatura delle lotte tra studenti e famiglie per casa e reddito, dopo le tendate in università e insieme all’ASIA-USB e una famiglia sotto-sfratto davanti a Palazzo Marino.
Il corteo si è concluso davanti la sede di Assolombarda, al solito iper-militarizzata per cercare di impedire ai manifestanti anche solo di avvicinarsi alla peggior cloaca del padronato italiano e da dove la polizia ha fatto partire due violente cariche, di cui una a freddo e a manifestazione praticamente finita.
L’obiettivo di queste denunce è chiaro, cercare di intimidire. Una antica prassi che diventa in questi tempi sempre più frequente verso chi si organizza e lotta per costruire un’opposizione indipendente e conflittuale a questo governo, alla guerra e alle politiche di guerra, in una prospettiva di alternativa sistemica al modello fallito e criminale che rappresentano e di cui difendono gli interessi governo, false opposizioni e sindacati concertativi.
Il servilismo di politica e istituzioni verso padroni e Confindustria, ma più in generale con la difesa dello status quo contro chi osa alzare la testa, è confermano dalle vicende di questi giorni, con l’attacco al diritto di sciopero – ora anche a spese degli stessi confederali che negli anni per primi ne hanno favorito i meccanismi di precettazione – e di quell’abominio che è il “pacchetto sicurezza” presentato dal governo.
Il quadro che ne emerge è quello di un esecutivo che a fronte di contraddizioni ormai irrecuperabili, per fare da garante della pacificazione sociale a fronte di un malessere sempre più crescente e dei diktat guerrafondai impartiti dal blocco euro-atlantico a trazione NATO, non ha più altri strumenti che lo sdoganamento di qualsiasi strumento repressivo dando libero sfogo ai caratteri più reazionari della sua “cultura”.
Non abbiamo mai abbassato la testa davanti e così sarà anche questa volta. Lo sciopero generale del 26 maggio ha segnato un passaggio importante per continuare a costruire la forza per indicare anche nel nostro paese una prospettiva di alternativa concreta alla barbarie sociale dell’Occidente imperialista. Un mese dopo eravamo in piazza a Roma contro il governo Meloni e da lì abbiamo continuato, dalle scuole alle università alle piazze, fino e oltre le partecipatissime piazze per la Palestina di queste settimane e la manifestazione nazionale del 4 novembre a Roma contro la partecipazione del nostro paese alle guerre, contro la NATO e l’economia di guerra e in solidarietà al popolo palestinese per il boicottaggio a tutto campo di Israele.
Non un passo indietro!