Contro la repressione del governo Meloni e il “democratic washing” in atto sulla loro pelle. Tutti alla manifestazione di sabato 2 marzo a Pisa
Rete dei Comunisti
In questi giorni stiamo assistendo, a Pisa e a livello nazionale, ad uno scontro surreale, con la destra che riprende in pieno il piglio autoritario dopo lo sbandamento iniziale determinato dalle violente cariche della polizia contro gli studenti medi a Pisa, Firenze e Catania, e dall’altra parte ad una vera e propria operazione di “democratic washing” orchestrata dal PD e dal suo entourage politico, sindacale ed associativo, nel tentativo di rifarsi una verginità dopo 30 anni di politiche antipopolari, militariste e repressive contro studenti, lavoratori, senza casa, migranti, settori popolari.
Sui giornali e nelle trasmissioni TV che si susseguono in questi giorni sul “caso Pisa” si parla poco di Palestina, gli articoli dibattono sul tasso di democraticità nelle piazze, come se gli ultimi i pestaggi fossero un fatto straordinario e non invece la routine che chi manifesta conosce bene, in tutta Italia.
Una operazione che e’ divenuta sistematica nella città della torre, con fiumi di inchiostro dal quale non emerge mai con chiarezza il motivo per il quale gli studenti hanno preso le manganellate, e cioè la lotta contro il genocidio in atto in Palestina per mano del regime sionista, sostenuto dal Governo Meloni e dal PD.
Uno degli obiettivi centrali delle mobilitazioni deve quindi essere di risoluto contrasto della narrazione dominante, capendo il significato profondo di questa rimozione, al di là delle bieche strumentalizzazioni pre elettorali, a destra come a “sinistra”.
La solidarietà attiva con la Resistenza palestinese, elemento di coagulo per centinaia di migliaia di persone nel nostro paese, milioni in tutto il mondo, e’ un cuneo conficcato nel cuore del dominio imperialista occidentale in Medio Oriente e del progetto sionista ad esso funzionale.
L’obiettivo occidentale e’ di frenare il declino dell’egemonia euroatlantica nell’area, dopo le clamorose sconfitte in Iraq, Afghanistan, Siria ed ora in Ucraina.
Fare un passo indietro anche sul fronte mediorientale significherebbe dover fare i conti con un ulteriore ridimensionamento politico militare, con prevedibili conseguenze di approfondimento della crisi economica e finanziaria, che attanaglia da anni i paesi a capitalismo maturo.
La ferocia sionista, il sostegno al regime neonazista del fantoccio Zelensky nonostante l’evidente sconfitta, sono chiari segnali di debolezza, che possono portare ad una rottura degli attuali equilibri internazionali, determinando nuovi rapporti di forza e aprendo la strada ad un multipolarismo che potrebbe ridare fiato ai movimenti di liberazione ed alla lotta per l’emancipazione dal capitalismo.
La lotta del popolo palestinese, così come altre svoltesi nella fase di decolonizzazione della metà del secolo scorso, assume così un valore universale non solo come esempio di resistenza in una condizione umanamente insopportabile, ma anche come potenziale grimaldello per ridimensionare ulteriormente il feroce dominio occidentale e sionista sui popoli mediorientali e sul mondo.