Con Marx e il socialismo scientifico nella superiorità dell’odio di classe, per sconfiggere le pratiche collaborative del complice idealismo
Luciano Vasapollo
L’analisi economica marxista delle contraddizioni del capitalismo ci offre una prospettiva che va oltre la semplice spiegazione del lato buono e lato cattivo per trovare forme di convivenza che annullino l‘odio del conflitto di classe ; per tale ragione appare per noi, come Scuola Marxista Decoloniale per le Transizioni, importante l’analisi delle contraddizioni economiche e sociali a partire dall’impostazione marxiana sulla questione del conflitto capitale-lavoro.
Marx si concentra sulla natura intrinseca del Modo di Produzione Capitalistico, esaminando le dinamiche di accumulazione del capitale, lo sfruttamento della forza lavoro e le tensioni strutturali che emergono all’interno del sistema economico prima e politico e sociale dopo . Attraverso il materialismo storico e il materialismo dialettico, l’analisi marxiana indaga le radici profonde della società del capitale con le sue crisi economiche e sociali, proponendo una comprensione delle forze che modellano le trasformazioni storiche e suggerendo possibili vie di superamento del capitalismo ma tutte derivanti dalla incompatibilità di classe, “non c‘è da perdere che le catene e c’è un intero mondo da guadagnare“ ; ed è , per dirla con la Luxemburg: Socialismo o barbarie!
È estremamente significativa la durezza delle considerazioni critiche di Marx, vista la loro attinenza con l’aspetto rivoluzionario della dialettica scientifica marxiana nell’indagine sulle modalità di superamento del metodo storico e descrittivo di Ricardo, di Hegel e di Smith, volgendo una critica, specie verso Proudhon, sul senso dello status quo. Per cui nella lotta liberatrice il proletariato non si può riconoscere nelle posizioni di compatibilità borghese, ma si riconoscerà, secondo Marx, nell’odio di classe perché introietta la sua determinazione come classe antagonista , oltre la fumosità del perbenismo incentrato sull’equità. La dialettica si stacca dalla sfera speculativa e diventa uno strumento di conoscenza e un modo di comprendere la realtà nel suo movimento che, superando la concezione formale e statica di Hegel, instaura il primato del contenuto sulla forma, dell’essere contro l’apparenza, e analizza il movimento di tale contenuto costruendo così l’oggetto e il soggetto della storia. Come metodo di analisi, esclude ogni costituzione a priori del reale e introduce alla comprensione del divenire in generale e delle leggi “universali” dello sviluppo storico.
Il metodo dialettico di Marx, pur ispirandosi a Hegel, viene applicato in modo critico per rivelare come la produzione capitalistica generi inevitabilmente la propria negazione in un processo definito come la negazione della negazione, la contraddizione della contraddizione, nella sua forma razionale.
La questione centrale, anche dal punto di vista dell’analisi hegeliana, è quella di porre le basi per la critica dell’economia e Marx sostiene che non si può assolutamente prescindere da Hegel poiché la sua dialettica è fondamentale ed evidenzia il sistema delle contraddizioni.
Ecco perché ciò è valido anche oggi e per esempio nella analisi della crisi capitalistica che non è attribuibile, dunque, a modalità di compromesso e connivenza ditipo keynesiano di sinistra con le compatibilità sistemiche , cioè con l ‘ ipotetico quanto irreale lato buono del capitale; e ciò fa sì che come spesso sostengono erroneamente o sempre più come scelta collaborazionista molte correnti di marxisti, che la crisi sia di natura sottoconsumistica e al più dipendente solo dalla caduta tendenziale del saggio di profitto , trovandone compatibilmente le controtendenze di comodo.
Marx sottolinea che seppur è presente la caduta tendenziale del saggio di profitto, la sovrapproduzione rimane la causa principale della crisi, che non riguarda strettamente ciò che le persone vogliono o necessitano, ma si riferisce a ciò che può essere venduto e quindi costituire un profitto atteso. Bisogna tutt’al più considerare che il vero problema per il capitale non è la ridistribuzione, tantomeno fronteggiare i bisogni della popolazione, ma la questione centrale è la vendita del prodotto stesso, così da rendere quel profitto atteso, eventuale, in sicuro così da poterlo reinvestire ai fini della accumulazione. La legge non correggibile della accumulazione, quindi dello sfruttamento di classe !
Le forze produttive devono senz’altro e senza false analisi considerare la teoria della sovrapproduzione, che rappresenta un elemento centrale nella comprensione marxista delle crisi economiche poiché colonna vertebrale dell’inconciliabile conflitto capitale- lavoro.
Differenziandosi dalle teorie che attribuiscono le crisi a un eccesso di consumo, Marx sottolinea che la sovrapproduzione è il risultato delle leggi anarchiche che governano la produzione delle merci e causa principale delle crisi nel sistema capitalistico per la sua normale funzione e natura di sfruttamento di classe.
Marx afferma che le contraddizioni riguardano la produzione in eccesso rispetto alla capacità di consumo della classe operaia; e ciò deriva anche dal ruolo centrale del lavoro come forma primaria di valore, e dalla sua alienazione all’interno del processo produttivo capitalistico.
Se si analizza una grande opera, anche importante, di Engels, l’Antidühring, la spiegazione sotto-consumistica sostiene che le crisi sono causate dalla mancanza di potere d’acquisto, ma Marx respinge questa prospettiva. Insieme ad Engels, Marx sottolinea che il problema fondamentale delle crisi è la sovrapproduzione, basata sulla legge del valore e della accumulazione, sulla contraddizione intrinseca tra produzione e consumo all’interno del sistema capitalistico e che si verifica quando la quantità di merce supera le capacità del mercato di assorbire tali merci, in termini di investimento produttivo e appunto di accumulazione.
Marx individua la causa di questa sovrapproduzione nella insaziabile ricerca di profitto da parte di capitalisti che spingono la produzione al di là delle reali esigenze e della domanda effettiva nella dimensione dei rapporti di forza del conflitto capitale- lavoro.
Nell’analisi di questo aspetto, il filosofo tedesco espone nel capitolo sulla metafisica dell’economia politica di Miseria della filosofia, la questione del movimento hegeliano e del divenire storico che genera le categorie economiche, mantenute invece fisse da Proudhon, nell’erronea pretesa che tra di esse si stabilisca un rapporto, senza comprenderne ed ignorandone lo sviluppo storico e dialettico.
Di conseguenza Marx mette in evidenza la giustezza e la centralità del metodo di Hegel, ma superandolo: il punto di partenza è l’antinomia dalla quale può nascere una sintesi di pensieri in un movimento dialettico da cui deriva l’intero sistema: la critica rivolta a Proudhon è necessariamente il suo limite che non va mai al di sopra di tesi e antitesi. Le astrazioni sono, infatti, considerate da Proudhon incarnazioni di categorie economiche e non espressione di rapporti sociali, non comprendendo che tali rapporti sociali sono intimamente connessi alle forze produttive: impadronendosi di nuove forme produttive gli uomini cambiano il loro modo di produzione e i loro rapporti sociali.
Proudhon non è in grado di comprendere questo aspetto poiché prigioniero proprio di quel lato speculativo della dialettica hegeliana che Marx aveva già portato a critica durante il tempo della sua permanenza a Parigi con i Manoscritti.
Da questa prospettiva, anche e ancor più, la rottura di Marx con Hegel è totale, mentre le idee di Proudhon sono considerate retrograde poiché non attaccano direttamente la proprietà e presuppongono che la società possa avanzare verso l’uguaglianza senza riflettere sui principi fondanti, cioè valorizzando il lato buono del capitale e rinunciando così al sano motore della storia dell’ odio di classe per creare il movimento che distrugge e supera lo stato presente delle cose.
Luciano Vasapollo
CREDITS
Immagine in evidenza: Marx in Winter
Autore: fhwrdh, 30 novembre 2008
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