“Non ci sono nella Resistenza italiana battaglie urbane paragonabili per intensità e proporzioni a quella che si svolge il 7 novembre 1944 nella zona di porta Lame a Bologna”
Santo Peli, Storie di Gap, 2014
Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta, OSA
La Battaglia di Porta Lame si rese necessaria a causa della concentrazione di truppe partigiane dentro le mura della città.
Anche per Bologna, infatti, con la liberazione di Firenze avvenuta l’11 agosto del 1944, e con l’avvicinarsi delle truppe alleate, l’ora dell’insurrezione sembrava ormai prossima.
Invece, il 27 ottobre l’avanzata alleata si fermò appena a 15 chilometri da Bologna, e l’agognato “sfondamento” delle linee nemiche avvenne solo l’anno successivo dopo il “lungo inverno del ’44″.
Già ai primi di settembre il CUMER (Comando Unificato Militare Emilia-Romagna) ordina la mobilitazione generale per preparare l’insurrezione, che sarebbe stata possibile non appena gli alleati avessero sfondato la linea gotica, e che s’intendeva realizzare qualche giorno prima del loro arrivo.
In quel momento, questa è una convinzione condivisa da tutti, non solo da chi dirigeva la resistenza, fino almeno alla fine dell’offensiva estiva del 19 ottobre e poi del famigerato proclama del generale Alexander diramato il 13 novembre del 1944.
Per questo vengono concentrate differenti formazioni partigiane dei dintorni di Bologna e la VII Gap, in una sorta di esercito partigiano di circa 300 uomini acquartierati in due basi nei pressi dell’Ospedale Maggiore – ridotto un rudere dai bombardamenti – e nella «palazzina» che costeggia il canale Reno tra via del Porto e Azzo Gardino.
Proprio la scoperta casuale di questa base, all’alba del 7 novembre, diede inizio all’epica battaglia che vide i partigiani respingere per l’intera giornata i tentativi di assalto dei nazi-fascisti e poi sganciarsi portando con sé i feriti, guadando il canale per poi ripiegare con i feriti portati in spalla sulle basi della Bolognina, senza essere notati dal nemico che con un notevole dispiegamento di uomini e mezzi aveva ridotto l’edificio assediato ad ammasso pericolante di macerie crivellato dai colpi dell’artiglieria.
Giunta la sera, dopo una estenuante attesa, i partigiani che erano nell’Ospedale Maggiore – ignari dello sganciamento dei propri compagni che volevano a tutti i costi salvare – piombarono alle spalle degli assedianti, sbaragliandoli.
Come riporta Renato Romagnoli, giovanissimo gappista della Settima “Gianni”:
“Costretti a udire il canto degli inni partigiani, e gli spaventevoli «urrà Stalin» che alcuni sovietici inquadrati nella Settima Gap gridavano in continuazione, con la parola d’ordine «Garibaldi» e la controparola «Combatte» che si trasformarono spontaneamente in un unico grido di battaglia, i nazisti si frastornarono del tutto, mentre i bagliori delle fiamme che salivano dagli automezzi insediati illuminavano la scena agevolando il compito dei gappisti.”
Il comunista Ilio Barontini, ex combattente garibaldino in Spagna e nella resistenza contro l’aggressione fascista all’Abissinia, e comandante in capo del CUMER alle 23 portò di nuovo i partigiani all’attacco suggellando il successo dell’operazione militare.
Se le difficoltà logistiche dovute al ripiegamento di circa 300 partigiani in un solo quartiere – la Bolognina – in una città occupata dai nazisti e non prossima ad essere liberata per volontà anglo-americana, ebbero tragiche conseguenze a causa dei rastrellamenti nazifascisti, il bilanciò della battaglia in sé fu positivo e dimostrò la possibilità di tenere testa e di sconfiggere in campo aperto un numero superiore di uomini e mezzi da parte dei partigiani, trasformando con un numero inferiore di perdite gli assedianti in assediati.
Se le azioni gappiste cittadine intraprese da operai comunisti circa un anno prima, avevano dimostrato che il nemico poteva essere colpito lì dove si sentiva più forte da una manciata di uomini ben determinati, la battaglia di Porta Lame preannunciò la campana a morte per la Croce Uncinata ed i repubblichini a Bologna fornendo un fulgido esempio per tutti coloro e tutte coloro in tenerissima età ingrossarono poi le fila della resistenza nelle “nuove” forme che si darà la lotta al nazi-fascismo.
Come Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta – Organizzazione Comunista Giovanile ed OSA (Opposizione Studentesca d’Alternativa) abbiamo deciso di celebrare questo glorioso episodio della lotta al nazifascismo ed i suoi martiri ad Ottanta anni dal suo avvenimento con diverse iniziative che si terranno attorno e dopo i giorni di quell’epica battaglia.
Abbiamo altresì stampato e messo a disposizione in forma di manifesto l’edizione straordinaria dell’Unità clandestina Emilia-Romagna dell’8 novembre, diffusa allora in 8 mila copie e stampata in via Zamboni presso la tipografia Grandi.
I partigiani stessi che avevano partecipato alla battaglia assiepati nella base della Bolognina la sera stessa dell’8 novembre poterono leggerne una copia di quello che fu uno degli strumenti più importanti della propaganda comunista e partigiana in città, e che insieme alla battaglia di Porta Lame celebrava il 27° anniversario della Gloriosa Rivoluzione d’Ottobre.
Racconta il partigiano Elio Cicchetti: “Fu quello, per molti di noi, il primo contatto con il giornale comunista di cui avevamo tante volte sentito parlare. Alla luce di una piccola candela lessi ai compagni, a bassa voce, le due facciate del giornale in cui erano raccontate le fasi salienti dell’azione. Eravamo tutti molto commossi”.
Viva la Battaglia di Porta Lame, Orgoglio Partigiano!
Viva la Gloriosa Rivoluzione d’Ottobre!